Immaginiamo uno spazio fisico destinato ad accogliere parole, testi, codici, cartelli, oggetti che combinandosi con uno spazio virtuale, introduce in un viaggio affascinante, lungo secoli di cultura e storia ricostruita attraverso la lingua italiana.
Il Museo della Lingua Italiana non è più una ipotesi ma un progetto serio, possibile, auspicabile. Una iniziativa lodevole che vede convinte sostenitrici le più importanti istituzioni della lingua italiana, L’Accademia della Crusca, L’Accademia Nazionale dei Lincei, La Società Dante Alighieri e poi linguisti e studiosi che nel corso di un convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri a Palazzo Firenze su un tema preciso “Siamo pronti per un Museo della lingua italiana?”, hanno convenuto che non solo i tempi sono maturi, ma c’è necessità e urgenza culturale a concretizzare un progetto partito con l’allestimento nel 2003 di una mostra sulla lingua italiana a Firenze, nella Galleria degli Uffizi intitolata “Dove il sì suona. Gli italiani e la loro lingua” che ha appassionato e coinvolto, anche in termini numerici, i visitatori.
Giuseppe Antonelli, autore del libro Il Museo della Lingua italiana parte dal sentimento di smarrimento provato nel momento in cui la mostra del 2003 è stata smontata, perduta nella memoria, sentimento condiviso con tutti quelli che alla mostra avevano lavorato e si erano affezionati all’idea di avere una Casa della lingua italiana, per proporre la creazione di un Museo, sull’esempio del Museo della lingua portoghese a San Paolo del Brasile, andato purtroppo distrutto in un incendio nel 2015. Antonelli ha pensato ad un Museo organizzato in tre piani, ciascun piano dedicato ad un periodo della lingua, italiano antico, italiano moderno e italiano contemporaneo. L’impianto cronologico collocherebbe la fine dell’italiano antico con Bembo, l’inizio dell’italiano moderno con l’illuminismo e la fine con la seconda guerra mondiale e l’inizio dell’italiano contemporaneo segnato dal testo della Costituzione. Naturalmente ci sarebbero sezioni e spazi organizzati con una divisione tematica rispetto ai vari linguaggi legati a eventi particolari. Il linguaggio sportivo nasce con i mondiali del 1934, ma poi c’è il linguaggio politico, istituzionale, il linguaggio televisivo, la lingua parlata. Lucia Pizzoli attribuisce grande importanza agli oggetti simbolici con i quali ricostruire l’evoluzione della lingua, oggetti importanti, come il famoso Codice Vaticano latino 3199 contenente la Divina Commedia forse donato dal Boccaccio al Petrarca ma anche il cartello infamante esposto nel negozio di un barbiere che con tutte le offese in esso contenute, permette ai linguisti di trattenere caratteristiche e tratti tipici della lingua parlata dell’epoca.
Luca Serianni, vicepresidente della Società Dante Alighieri propone un’idea di museo sostenuto in prevalenza dalla componente telematica che consentirebbe di realizzare un museo non statico, interattivo, immersivo, esperenziale e dinamico, dove la lingua possa anche essere ascoltata, vissuta in maniera polifonica come suggerisce il glottologo Marco Mancini, nel rispetto della sua non cosalità, perché la lingua è un soggetto, non un oggetto. Il progetto è condiviso, chiaro, pronto ad una rapida realizzazione.
L’opinione pubblica sta dimostrando grande sensibilità per le questioni legate alla lingua, sintomo di un interesse reale per la istituzione di un Museo ad essa dedicato. La notizia del convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri è stata ampiamente rilanciata sui social, trovando spazio di approfondimento e condivisione in tutta la stampa nazionale. Roma e Firenze sono le città storicamente e culturalmente più pronte ad accogliere fisicamente la parte stabile del Museo, ma per alcuni aspetti anche Torino e Milano meriterebbero di ospitarlo. Gli interlocutori istituzionali più direttamente interessati e anche gli investitori privati, dovrebbero cogliere al volo questa splendida iniziativa che sintetizzerebbe l’interesse per la lingua italiana e la sua storia con ricadute positive anche sul turismo culturale che potrebbe attrarre visitatori stranieri, anche e soprattutto gli italiani di seconda e terza generazione nati e vissuti all’estero ma sempre sensibili al richiamo della loro lingua di origine naturalmente associata ad un concetto di identità nazionale. Alessandro Masi, segretario nazionale de La Dante, organizzatore della tavola rotonda, sottolinea come la lingua sia il principio fondante di quello che siamo ma anche un ponte di cultura.
Si, ed è un si ricco di tanti significati, al Museo che parla, al Museo della Lingua Italiana.