L’inizio dell’estate 1994 rievoca le immagini struggenti di Massimo Troisi che a poche ore dalla fine delle riprese del suo film capolavoro Il Postino, destinato a trionfare con il Premio Oscar, muore nel sonno, a 41 anni, sopraffatto da un problema cardiaco con cui conviveva da tempo. Uno shock per l’Italia intera che realizza immediatamente di aver perso uno dei più grandi attori di sempre del cinema italiano, dal talento comico straordinario, erede della grande tradizione napoletana che aveva saputo reinterpretare e rinnovare nel linguaggio e nelle tematiche.
TROISI poeta MASSIMO è il titolo della mostra fotografica e multimediale, promossa e organizzata dall’Istituto Luce-Cinecittà, allestita presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale di Roma. La sede ospitante, a pochi passi dal Quirinale, la casa di tutti gli Italiani, è di per sé indicativa della caratterizzazione nazionale con la quale Massimo Troisi viene percepito, testimone di italianità espressa con la poesia, il folclore, il colore della lingua napoletana. Nato a San Giorgio a Cremano, nell’hinterland partenopeo, in una famiglia numerosa, composta da sedici persone che lui stesso definirà una compagnia stabile, di cui nonno e nonna erano i capocomici, comincia fin da piccolo a scrivere poesie per crearsi una intimità che avvertiva necessaria in uno spazio abitato da tante persone. E un poeta, Massimo, lo sarà sempre, da quelle prime timide righe composte in rima, alla apoteosi de Il Postino, la chiusura di un cerchio, la consacrazione di un mito, la realizzazione di un sogno che non era solo quello di fare cinema, ma di vivere con poesia, nel rispetto del suo animo fine, dolce, attento ai bisogni di tutti, soprattutto dei deboli e degli ultimi da rappresentare senza urla, ma con la potenza espressiva dei sentimenti. E di emozioni Massimo Troisi ne ha regalate tante, superiori ai suoi pur generosi sorrisi, ai suoi sguardi ammiccanti, alle sue mimiche seducenti. Un anarchico gentile, che pone temi generazionali, sfida e gioca con le istituzioni, la Chiesa, le donne, l’aborto, la religione, la politica. Diverte, sorprende, induce con l’ironia a più attente riflessioni. Il suo è anche un impegno civile manifestato con la potenza del solo sguardo, quello sguardo profondo, tenero e malinconico e al contempo fortemente espressivo che accoglie il visitatore nella mostra a lui dedicata. Una gigantografia di Massimo Troisi e un video realizzato dall’Archivio Luce introducono nel percorso espositivo che si articola in cinque ambienti e che ne ricostruiscono, in sequenza cronologica, il percorso umano e artistico. Meraviglia assoluta della mostra è la volta del Teatro dei Dioscuri, affrescata da un patchwork di immagini tratte da articoli di giornale, locandine, citazioni di film, stralci di interviste, immagini della vita privata e artistica che portano il visitatore ad una immersione totale e affascinante nel mondo di Massimo Troisi. E’ una mostra da visitare con il naso all’insù, immersi in un cielo di colori, immagini, suggestioni, ricordi da cui si resta inebriati. E lo sguardo, pur attratto dalle installazioni multimediali, i totem, le fotografie, i manoscritti che tappezzano le pareti, finisce sempre per tornare a guardare quel magico cielo nel quale e oltre il quale sappiamo che Massimo esiste ancora. Il viaggio nel mondo Troisi, comincia dalle foto e dai ricordi dell’infanzia, con le prime letterine, le poesie accennate, la passione per il calcio, le farse scritte con la compagnia RH negativo, le canzoni composte con grande gusto musicale, l’incontro magico con Lello Arena e Enzo Decaro, con i quali darà vita al gruppo de La Smorfia che cambierà la comicità italiana, riuscendo a catalizzare l’interesse dell’Italia intera su sketch televisivi e teatrali in lingua napoletana. Dario Fo li presenterà come “ un gruppo di ragazzi che ha inventato o ripreso una forma di satira popolare veramente efficace”. Roma ama e adotta subito Massimo Troisi, da quando con la Smorfia esordisce al Teatro Tenda con uno spettacolo in cartellone per cinque giorni e replicato invece, a furor di popolo, per ottantadue volte. Roma è anche la televisione, la trasmissione Non Stop, di Enzo Trapani che consacra La Smorfia e fa emergere il prorompente talento di Troisi che dal 1981 decide di mettersi alla prova da solo, proponendosi come regista e attore nel film Ricomincio da tre, destinato ad un successo clamoroso. Seguiranno Scusate il ritardo, Non ci resta che piangere (con Roberto Benigni), Le vie del Signore sono finite, la trilogia di film con Ettore Scola che lo definirà l’attore dei sentimenti, Splendor, Che ora è e Il viaggio di Capitan Fracassa, fino al film sull’amore, diventato il manifesto di una intera generazione Pensavo fosse amore invece era un calesse. Il Postino, ultimo, meraviglioso e tragico testamento umano e professionale, consegna Massimo Troisi alla storia del cinema italiano e internazionale. L’allestimento di una intera parete della mostra è dedicata a Il Postino, con la bicicletta di Mario che rimanda alle lettere consegnate al poeta Neruda, alle chiacchiere, alla poesia, alla vita che si è consumata tra una pedalata e l’altra. Grande suggestione, emozione infinita alimentata da un allestimento davvero coinvolgente. Una installazione in ologramma, all’interno di una grande bottiglia, consente la visione del personaggio, in alcune scene, di grande impatto. I totem che trasmettono interviste, restituiscono alcuni momenti del film realizzato per la Rai Morto Troisi, viva Troisi, in cui Massimo ha avuto l’insolita idea di raccontare la sua morte, ambientando il tutto in un ospizio per artisti anziani, soprattutto comici, circondandosi di tanti colleghi, Verdone e altri, che ricostruivano la figura del personaggio Troisi, in una apparente dissacrazione che era in realtà la sua consacrazione come attore e autore talentuoso e superlativo. In una teca è esposto il libro dell’autore cileno de Il postino di Neruda, il romanzo da cui è stato tratto il film, con tutte le annotazioni a matita fatte da Massimo Troisi. Uno spazio è dedicato alla proiezione di backstage inediti realizzati durante le riprese del film, che restituiscono l’atmosfera distesa, allegra di preparazione del film, su cui aleggia sovrana la poesia. Un film testardamente portato a termine con la forza della volontà, sebbene le forze fisiche venissero meno. Alla sorella che insisteva affinché sospendesse le riprese e si facesse operare, rispondeva “Questo film lo voglio finire co’ core mio”, perchè nel postino, Massimo, si riconosceva profondamente, come personaggio e come persona. La poesia che è la cifra del film, era anche il suo talento naturale e la sua struttura portante. E al postino che nel film dice “con la poesia posso far innamorare le donne”, possiamo rispondere che con la poesia ci ha fatti innamorare tutti, di lui, e per sempre. Questo era il cinema della semplicità per Troisi,” un gioco, un mezzo nuovo che mi incuriosisce ancora, perché io sono e resto un esordiente”. Il titolo della mostra, TROISI poeta MASSIMO, omaggia la persona e il personaggio. La mostra, molto visitata e partecipata con una intensità emotiva che assume toni e colori diversi, è un viaggio nella vita e nell’arte, poliedrica e straordinaria di un uomo, un artista, un italiano speciale.