Palazzo San Macuto, a pochi passi dal Pantheon, uno dei palazzi istituzionali di Roma, sede della prestigiosa Biblioteca della Camera, ha ospitato nel suggestivo Chiostro della Cisterna, la presentazione istituzionale della mostra fotografica “ItaloAmericani. Ambasciatori d’Italianità” curata da Franco Maricchiolo, fotografo messinese di eventi, grandi e piccoli, speciali e non, che ad un certo punto della sua vita ha sviluppato una grande passione per gli Italiani d’America iniziando a raccontare le loro vite e le loro storie attraverso la fotografia. La mostra si compone di 80 scatti, selezionati tra centinaia in base alla capacità di comunicazione emotiva delle persone ritratte. Le immagini, sviluppate da pellicola e pertanto prive delle moderne possibilità di correzione, raccontano il sogno americano da molti realizzato. Tutti i personaggi ritratti incrociano lo sguardo del fotografo in maniera empatica, consapevoli che la foto per la quale sono in posa nasce dal desiderio di ricordare e celebrare la loro comune origine italiana.
Franco Maricchiolo, perché una mostra sugli italoamericani?
Ho pensato di organizzare questa mostra per presentare un lavoro che curo da 18 anni, frutto di 27 viaggi negli Stati Uniti dove ho incontrato oltre 100 personalità italoamericane per raccontare, con uno scatto, le loro storie e le loro vite. Sono stato la prima volta in America negli anni ’90 in vacanza, mi sono appassionato alle storie di tanti italoamericani che hanno contribuito a rendere grande l’America e ho deciso di raccontarle per immagini. Il comune denominatore delle persone che ho ritratto è la loro origine italiana, i loro stessi cognomi, unita al fatto che ciascuno di loro è diventato una personalità di prestigio nei diversi ambiti, nella cultura, nello sport, nel cinema, nella politica, nell’imprenditoria. Conoscere le storie di italiani che sono diventati la spina dorsale della comunità statunitense, mi ha affascinato e spinto a realizzare questo progetto che è in realtà un percorso, un cammino iniziato con entusiasmo molti anni fa con una borsa piena di macchine fotografiche.
Mentre fotografava, inseguiva anche lei un sogno,raccontare gli Italoamericani. Perché?
In considerazione del fatto che sono tutti partiti da una storia di emigrazione, affrontata con grande dignità verso un Paese in grado di accoglierli, dove hanno portato benessere e risorse, l’eccellenza italiana legata alla cultura, al cibo, alla moda. Se oggi il made in Italy è una consolidata realtà in tutto il mondo, lo dobbiamo all’impegno e ai sacrifici di queste generazioni.
Il fil rouge delle persone che ha attenzionato e raccontato per immagini è l’italianità o l’eccellenza dell’italianità?
Senza dubbio è l’italianità. La mostra comprende ritratti di Al Pacino, Robert de Niro, Francis Ford Coppola, Liza Minnelli, Ben Gazzarra, John Turturro, i personaggi del cinema che sono molto conosciuti in tutto il mondo, ma anche Aldo Mancusi, il cav. Josephine A. Maietta, presidente della AIAE, una importante associazione di insegnanti italoamericani, il prof. Cipolla che insegna lingue alla Saint John University che dava lezioni di dialetto siciliano ad Al Pacino mentre girava Il Padrino, Anthony Ciappina che fu capo redattore di America Oggi, il maggior referente di tutte le comunità italoamericane e che rappresenta una sorta di archivio storico. Sono persone, alcune delle quali non famose, sconosciute al grande pubblico, che hanno fatto e fanno moltissimo e la cui storia va raccontata insieme alle eccellenze, ai vip conosciuti e già apprezzati. Lee Iacocca, scomparso da poco, è un calabrese che salvò la Chrysler negli anni Ottanta, uno dei più noti manager statunitensi nell’ industria automobilistica.
Gli scatti dove sono stati realizzati, tutti in America o anche in Italia?
La maggior parte sono stati realizzati negli Stati Uniti, in maniera anche ardimentosa, con viaggi improvvisi per raggiungere le persone che volevo ritrarre. Mi è capitato con Frank Stella che ho raggiunto a Detroit con un viaggio in treno di 14 ore mentre imperversava una tempesta di neve o con Robert De Niro a Washington che mi ha ricevuto a margine di una premiazione.
Come si scatta una foto che nasce per raccontare una storia? E’ una foto pensata o catturata?
Dipende dal personaggio ritratto e dalle condizioni concesse dai loro entourage. Alcuni, Al Pacino, Robert De Niro, il sindaco Giuliani li ho incontrati il tempo necessario per scattare le foto e per acquisire informazioni sulle loro origini italiane, luoghi di provenienza, cognomi di parenti. Con altri ho instaurato veri rapporti durati nel tempo. Tony Musante e Ben Gazzara mi hanno ospitato nella loro casa, a Los Angeles, coinvolgendomi nella loro quotidianità. Tony Musante che parla di Italia e delle sue origini italiane mentre si fa la barba o apre il frigo per offrire un succo d’arancia, in semplicità e confidenza, predispone ad uno scatto che deve saper raccontare tante cose. In Italia ho incontrato Francis Ford Coppola e la sua bellissima famiglia a Bernalda, in provincia di Matera, dove partecipava quasi in incognito alle celebrazioni della festa patronale, con la figlia Sofia, il fratello, padre dell’attore Nicolas Cage e la cognata Talia Shire che era la famosa Adriana del film di Rocky. John Turturro l’ho incontrato a Taormina. In alcune occasioni è stata la lingua ad avvicinarmi, anzi il dialetto, siciliano ma anche napoletano, come nel caso dell’attore Dick Van Patten, protagonista di una nota serie televisiva, la famiglia Bradford, che mi pregava di parlare in napoletano essendo la sua mamma di origini partenopee.
Li ha già fotografati tutti gli italoamericani che le piacciono?
Alcuni mi mancano, come negli album delle figurine. Vorrei fotografare Bruce Springsteen, Nancy Pelosi, Madonna, Bill De Blasio, Jon Bon Jovi che hanno tutti origini italiane. Questo lavoro non finisce mai, sono sempre alla ricerca della scatto e della storia giusta e bella da immortalare.
La mostra fotografica “Italoamericani. Ambasciatori di italianità” si inserisce in un progetto di promozione culturale di italianità e di sicilianità nel mondo, dal momento che la Sicilia è la sua terra?
Si tratta indubbiamente di un progetto di promozione culturale di italianità anche se, in realtà, non ho dato un taglio campanilistico alla mostra, perché molti dei personaggi ritratti sono di origine friulana, veneta, trentina. Il mio è un omaggio e un contributo alla diffusione della italianità, è un inno alla italianità, a quello che gli Italiani sono riusciti a fare nel mondo. Io mi sono occupato degli Stati Uniti, ma questo fenomeno riguarda il Venezuola, l’Australia, l’Argentina, il Brasile. La differenza è che gli Italiani d’America hanno avuto successi più visibili, di cui si è parlato di più.
Lo sguardo del fotografo come aiuta e cosa aggiunge alla comprensione di questo fenomeno?
Sono nato con la macchina fotografica in mano, metaforicamente naturalmente perché la mia è una famiglia di fotografi in attività da novanta anni. Eppure, nonostante la grande confidenza con il mezzo, questo lavoro mi ha profondamente emozionato. Ritrarre questi personaggi era molto più che scattare una foto, significava raccontare la loro vita e la loro storia, onorando la loro origine italiana. Il mio approccio non era teso alla ricerca dello scoop, ma al riconoscimento di una eccellenza italiana. Se avessi incontrato Tony Musante accanto a Michael Jackson, il mio scatto sarebbe stato per Tony Musante. Il mio desiderio di celebrare l’italianità di tutti questi grandi Italiani d’America ha spesso toccato le corde dei loro cuori. Sono stato accolto davvero con grande disponibilità e affetto.
E’ un diverso tipo di narrazione di una storia fatta di successi e eccellenze italiane affidate alla macchina fotografica e allo scatto di un grande fotografo. E’ soddisfatto del lavoro realizzato?
Sono molto soddisfatto. La mostra, presentata a Roma a Palazzo San Macuto, alle autorità istituzionali italiane e italoamericane, proseguirà il suo viaggio in Italia e negli Stati Uniti. Seguirà la pubblicazione di un catalogo e forse anche un programma televisivo che trarrà spunto proprio dalle storie raccontate da questi scatti.
Qual è, per Franco Maricchiolo, la foto esposta più bella?
La foto di Rosina Lorenz Marchisio che purtroppo pochi ricordano anche se negli anni ’20 era l’attrice biondina che interpretava la fidanzata di Stanlio, nei mitici film di Stanlio e Ollio. Ho avuto il piacere di conoscerla novantenne e di ascoltare i suoi racconti dei film di Stanlio e Ollio che tanto mi avevano fatto divertire da bambino. Lo scatto intenso di una bravissima attrice, di origine ligure, è per me la foto che sintetizza e comprende tutto il significato della mostra.