La designazione del film “Il Traditore” di Marco Bellocchio con Pierfrancesco Favino, a rappresentare l’Italia agli Oscar per il miglior film in lingua straniera nella cerimonia in programma il 9 febbraio 2020, induce al ricordo dei film italiani vincitori della prestigiosa statuetta, entrati nell’Olimpo del cinema internazionale. Il 2019 ricorda e celebra i venticinque anni de “Il Postino”, ultimo, meraviglioso, tragico testamento umano e professionale di Massimo Troisi, vincitore del Premio Oscar per la migliore colonna sonora che ha consegnato l’attore alla storia del cinema italiano e internazionale. La vicenda umana di Massimo Troisi si conclude tragicamente a poche ore dalla fine delle riprese e il viaggio de “Il Postino”, che racconterà l’Italia in tutto il mondo, comincia con l’immagine di un brindisi beneagurante dal sapore amaro. Massimo Troisi, felice ma sofferente, saluta la troupe in un tripudio di calici innalzati. Morirà phoche ore dopo.
Maria Grazia Cucinotta, la meravigliosa Beatrice protagonista del film, bellissima e talentuosa giovane attrice messinese alla sua prima prova cinematografica importante, raccoglie una eredità impegnativa e accompagna il film in giro per il mondo con grande senso di responsabilità, iniziando un percorso artistico, professionale e personale straordinario che continua a nutrirsi di curiosità e conoscenza. America Oggi e Osservatorio Roma la incontrano per capire quanto sia importante, anche attraverso il cinema e le sue opportunità, esplorare il mondo senza dimenticarsi del proprio.
Il nome Maria Grazia Cucinotta sintetizza l’attrice, la produttrice, l’imprenditrice dal profilo internazionale molto ben definito, impegnata nella promozione del made in Italy nel mondo attraverso il cinema.
Sono felice di poter portare in giro l’Italia attraverso i film, veicoli preziosi per comunicare cultura, moda, far conoscere località, permettendo alle persone di viaggiare mentre sono sedute. E’ un impegno a cui ho imparato a dedicarmi con passione.
Lei è una messinese orgogliosa della sua sicilianità che attraverso il cinema e i ruoli interpretati, racconta tutta l’Italia, consapevole del valore importante espresso dal concetto di italianità. Il cinema è ancora oggi un mezzo di conoscenza e valorizzazione del nostro Paese?
Assolutamente si. “Il Postino”, girato nelle isole di Salina e Procida, ha attirato migliaia di persone a visitare quei luoghi dei quali molti si sono innamorati, vi hanno comprato casa e qualcuno vi si è perfino trasferito. Il cinema offre una grande opportunità di conoscenza di luoghi nuovi. Pensiamo a Roma dove ogni turista va subito a visitare la Fontana di Trevi e fa il lancio della monetina, o i luoghi della Dolce Vita, per rivivere atmosfere e immagini trasmesse nel mondo attraverso i film. Io stessa ho avuto la possibilità di scoprire località che non conoscevo e che forse non avrei mai avuto la possibilità di vedere, girando per le locations dei miei film. Il cinema è grande esportatore di promozione turistica dei luoghi.
“Il Postino” ha fatto conoscere luoghi e raccontato l’Italia nel mondo. Cosa rappresenta per Lei, oggi, come esperienza di vita?
Rappresenta un sogno realizzato, qualcosa che continua a esserci nonostante siano trascorsi 25 anni dalla sua produzione. E’ un film bello, che resta per tutta la vita, che continua a emozionare, a essere proiettato anche nelle università, con studenti che ne hanno fatto tesi di laurea. E’ un orgoglio perché rappresenta l’Italia, la sua creatività e i suoi talenti. E’ un film che racconta l’Italia nel mondo.
Il suo incontro con Troisi è stato magico, nonostante la diversità di esperienze, età e lingua. E’ vero che a volte lei aveva difficoltà a capire il napoletano strettissimo con cui si esprimeva?
Massimo mi ha insegnato tutto, io sapevo fare poco ma era proprio quel poco che a lui interessava, la mia incapacità a recitare, il mio essere una ragazzina selvaggia arrivata dal Sud capace di essere vera anche per una certa ignoranza nella materia. Massimo giocava con l’utilizzo della lingua napoletana, si divertiva perchè a volte io davvero non lo capivo, ma in questo consiste la sua straordinarietà, nell’aver riscattato il Sud anche attraverso l’uso orgoglioso di una lingua che spesso è oggetto di derisione. Massimo ne ha fatto un punto di forza e anche questo ha contribuito al suo successo. Era una persona meravigliosa.
La mostra “ Troisi POETA Massimo” organizzata al Teatro dei Dioscuri al Quirinale per ricordare i 25 anni dalla sua scomparsa, ha riservato un intero spazio espositivo alle immagini del backstage del film che restituiva la naturalezza di una atmosfera rilassata, allegra, poetica. Come la ricorda?
E’ un film che ha una grande magia, in cui tutti i personaggi, anche il grande Philippe Noiret splendido Neruda, erano se stessi, grazie a Massimo che nel set ha fatto in modo che tutti i personaggi vivessero di semplicità e verità. Eravamo tutti contenti di vivere un’atmosfera serena, a cominciare da Massimo. Niente era più lontano dall’idea di morte che poi, quando è accaduta, ha rappresentato per tutti uno shock pazzesco. E’ stato difficile accompagnare il film che mi sono trovata a ereditare, anche in modo pericoloso, non avendo alcun tipo di esperienza.
Il protagonista che aveva testardamente deciso di concludere il film “co’ core mio”, muore il giorno dopo la fine delle riprese, il film comincia il suo viaggio straordinario e Lei ne diventa l’ambasciatrice in tutto il mondo. Come ha vissuto questa responsabilità?
Non è stato facile per una ragazzina senza esperienza, gestire l’assalto dei media, che si declinava tra accuse di ingratitudine se mi sottraevo dal parlare del film, a quelle di eccessivo protagonismo. Ho lasciato l’Italia per trasferirmi a Los Angeles per ricostruirmi, per studiare, fare esperienza in un posto in cui c’era più meritocrazia.
“Da Messina al mondo intero” potrebbe essere il suo motto, per l’importanza che il viaggio ha nella sua vita. Il rapporto con l’America è da sempre speciale. Ci racconta il suo primo viaggio a NY?
E’ stato magico. Ci sono arrivata subito dopo l’Oscar per un film “Brooklyn saind your mind”, parlavo poco l’inglese che stavo ancora studiando, cercavo di imparare tutto il copione a memoria, ma ero felice di trovarmi in una città che avevo visto solo nei film e che per me rappresentava ancora più di Los Angeles, il sogno di tutti gli attori. New York è una città che ti accoglie, non ti fa sentire straniera, e soprattutto mai da sola, dove puoi camminare a piedi per ora scoprendola continuamente, che ti fa sentire adrenalinica, che ti stimola con le tante opportunità che ha per tutti. E’ una città speciale.
La sua vita sembra una favola, ma nelle favole tutto avviene un po’ per caso. La sua storia invece parla di altro, di talento coltivato con studio, impegno, preparazione culturale e intelligente apertura al mondo. Quanto è importante esplorare il mondo senza dimenticarsi del proprio?
Il mondo è il miglior libro che possa capitare di leggere e le opportunità vanno colte al volo. Ho migliorato la mia vita e colmato la mia ignoranza grazie ai viaggi che ho fatto, le esperienze vissute e le persone conosciute. Sono grata al mio lavoro che mi ha portato in giro per il mondo a conoscere e che mi ha permesso di soddisfare la mia curiosità. Io sono siciliana, non lo dimentico mai, la creatività, la forza, tutto quello che viene dalla mia terra fa parte del mio DNA e io lo porto in giro con me.
La sua esperienza di viaggiatrice curiosa le fa incontrare tanti italiani che vivono all’estero. Come è il loro rapporto con l’Italia, emotivo o razionale?
Gli Italiani che non hanno più avuto la possibilità di tornare hanno un rapporto molto emotivo, ti vedono e sentono la necessità di toccarti quasi per riassorbire quello che a loro manca e di cui tu sei testimone. Ci sono poi gli Italiani che hanno avuto successo e che tornano in Italia per ricaricare le batterie, perché l’Italia, vero paradiso del mondo, manca molto quando si vive all’estero. Mancano i luoghi, la cultura, l’arte, tutto quello che di meraviglioso e unico il nostro Paese esprime e che dovremmo imparare a promuovere e valorizzare.
Noi Italiani non sempre ci raccontiamo e raccontiamo il nostro Paese. Maria Grazia Cucinotta, che presenta con orgoglio l’Italia in giro per il mondo, da dove consiglia di ripartire?
Dobbiamo ripartire da quello che abbiamo, guardandoci intorno con gli occhi di uno straniero o di chi ha vissuto tanto tempo all’estero, come me, per capire quanto siamo fortunati ad essere nati in un Paese straordinario, ricco di arte, cultura, con un paesaggio meraviglioso fatto di coste, mare, montagne, parchi, laghi che è la nostra vera ricchezza perché ci consente di lavorare, con il turismo e le attività dell’indotto ad esso connesse. Bisogna rieducare la gente ad amare la propria terra perché è su quella che camminiamo.
La sua narrazione dell’Italia all’estero è sostenuta da una consapevolezza e da una passione nel racconto che le meriterebbero un riconoscimento ufficiale come Ambasciatrice dell’Italia nel mondo, cosa che naturalmente le auguriamo. Ma tornando a NY e al suo rapporto speciale con questa città, cosa sarebbe NY senza Italiani?
Gli Italiani hanno contribuito molto a rendere NY così com’è, una città fatta di persone che non si sono arrese davanti alle difficoltà, che hanno avuto l’opportunità di dimostrare il talento perché NY ha dato loro lo spazio per esprimersi, per poter dimostrare le proprie capacità. Tale possibilità ancora manca in Italia.
Gli Italiani hanno trovato l’America ma l’America ha trovato gli Italiani?
Assolutamente si, e questo vale non solo per l’America. Ovunque, nel mondo, primeggiano le eccellenze italiane, riconoscibili per la creatività nella moda, nel design, in tutti gli ambiti.
Lei conosce molto bene anche la Cina, dove ha in corso progetti imprenditoriali importanti che creano ponti culturali con l’Italia. E ’stata una pioniera a intercettare un Paese dalle enormi potenzialità.
Quindici anni fa ho accolto l’invito del Ministero dei Beni Culturali che andava a firmare un accordo bilaterale di coproduzione con la Cina e mi chiedeva di rappresentare l’Italia per il cinema. Ho scoperto con sorpresa di essere popolare anche lì dove conoscevano i miei film, a partire da “Il Postino” e “James Bond”. Mi hanno invitato a far parte della giuria del Festival del Cinema di Shangai e questa esperienza mi ha consentito di scoprire un popolo meraviglioso, molto attivo, in continua evoluzione, con cui ho stabilito contatti culturali molto intensi mettendo a disposizione la mia esperienza.
Il turismo cinese in Italia negli ultimi anni presenta un trend in continua crescita. Il suo ruolo di ambasciatrice della cultura italiana potrebbe aver contribuito…
Noi Italiani siamo molto amati dai Cinesi, ai quali abbiamo insegnato, con Padre Matteo Ricci, gesuita e matematico italiano vissuto al tempo della dinastia Ming, l’uso dell’orologio, la matematica, la filosofia. Ci vedono come un popolo non di conquistatori ma di educatori. Le mie prime coproduzioni cinesi sono state realizzate con la Sicilia e con Roma per far conoscere il nostro Paese alla Cina.
Il cinema è la sua modalità di raccontare l’Italia ma anche con la cucina ha molti meriti. Pare che Robert De Niro voleva che lei aprisse un ristorante a Los Angeles?
Me lo hanno chiesto in tanti perché quando vivevo a Los Angeles, dove i miei amici non cucinavano in casa e non avevano nemmeno le pentole, cucinavo per loro con la semplicità e la bontà dei nostri ingredienti, ero una sorta di Mamma Italia che preparava pasta per tutti con la passata di pomodoro fresco.
E’ vero che il suo papà era un postino?
Si, e mia madre che aveva un chiosco di fiori, si innamorò di questo ragazzo bellissimo e ordinato nella sua divisa da postino che consegnava la posta in campagna dove lei lavorava. Quando mi hanno scelto per interpretare il ruolo di Beatrice, ho preferito non raccontare questa incredibile coincidenza per evitare sembrasse una trovata pubblicitaria. In realtà è la storia autentica della mia famiglia, una famiglia di postini, perché anche mio fratello, mia sorella, mio cognato e mio nipote fanno i postini.
È la storia semplice e meravigliosa di Maria Grazia Cucinotta, molto donna e umilmente diva.