Si conclude domenica 27 ottobre la Festa del Cinema di Roma che per dieci giorni ha celebrato il cinema, italiano e internazionale e i suoi protagonisti, con proiezioni, convegni, premi ed eventi. “Omaggi e Restauri”, la sezione dedicata alle grandi personalità del cinema, il 25 ottobre ha dedicato un omaggio a Carlo Vanzina, il grande regista scomparso lo scorso anno, con la proiezione del documentario “Il Cinema è una cosa meravigliosa”, prodotto da Medusa e realizzato da Antonello Sarno, che attraverso il ricordo di molti attori del cinema italiano arricchito dalle testimonianze della famiglia, ne delinea un ritratto allegro, commovente e pieno di umanità.
Enrico Vanzina, scrittore, giornalista, sceneggiatore, ha ereditato, con il fratello Carlo, dal padre Steno la grande scuola della Commedia all’italiana che ha raccontato l’Italia dagli anni Cinquanta, incontra l’Osservatorio Roma e America Oggi per parlare del sodalizio artistico e umano con Carlo, ma anche di Roma, la città che racconta nei film, nei libri e nella storica Rubrica “Che ci faccio io qui” su Il Messaggero.
Roma oggi, nel suo ruolo di capitale, che Italia racconta?
Roma racconta un’Italia straordinaria, attraverso il suo mistero, conservato e rappresentato dalla grandezza della sua storia, rimasta inalterata dal punto di vista architettonico. Tutte le grandi capitali si sono reinventate, ricostruite, affidandosi ad architetti che hanno distrutto il vecchio e fatto posto al nuovo. Roma per indolenza, intelligenza, sensibilità, per grazia divina ha fatto sì che questo non accadesse. Quando la si osserva con il naso all’insù, ci si immerge nella storia dell’antica Roma, del Medioevo, del Seicento, Settecento, Ottocento, perché rimane l’unica città al mondo dove è presente tutta la storia del mondo. Roma racconta questo dell’Italia, l’intelligenza, il carattere, il gusto spesso concentrati a Roma. Stendhal, lo scrittore francese che ha amato moltissimo questa città, il cui libro “Passeggiate romane” andrebbe ancora oggi utilizzato come guida turistica, rispose ad un amico, un matematico francese che visitava Roma con un certo scetticismo e che gli chiese a cosa servisse il Colosseo, “a far battere il cuore”. Ecco, Roma fa battere il cuore, nonostante la fase di difficoltà che la città sta vivendo tra incuria e degrado, con i romani che sembrano rassegnati al presente. Purtroppo la rassegnazione al presente non è una bella cosa perché non fa ricordare e non fa progettare.
Roma è una città che sembra avere tutto, perfino il mare. Cosa le manca?
Le manca l’orgoglio di tornare ad essere quello che è stata e le manca anche l’umorismo che forse in questo momento ha un po’ perso. Ma Roma è una città ciclica, capace di alternare fasi. A un Medioevo buio, è seguito un Rinascimento che l’ha posta di nuovo al centro del mondo.
Roma oggi che film può essere?
Roma può essere raccontata in tanti modi, con “The Young Pope”, con un film di Verdone, di Vanzina, con un film storico ambientato nell’antica Roma o nel Seicento, con un film americano girato a Roma, con il mio film “Febbre da cavallo”, tutto si può fare a Roma che non a caso è stata la capitale del cinema. La città si presta ad essere raccontata attraverso tutti i film, anche se per me, figlio di Steno, il regista di “Un americano a Roma” con Alberto Sordi è naturale identificarla con quel film.
I Romani che attori sono nella vita?
Steno spiegava l’umorismo romano, che osservava con attenzione, raccontando una storia: “E’ Ferragosto, la città è totalmente vuota, fa molto caldo. Un turista tedesco con uno zainetto si aggira disperato tra tanta desolazione quando vede un’edicola aperta, all’interno della quale c’è un edicolante rannicchiato come una lucertola, immobile. E il tedesco gli chiede: dove essere Fontana di Trevi? L’edicolante riapre gli occhi, piano, piano, lo fissa e gli dice: Lo so, ma nun me va de dillo”. Questo è lo spirito romano.
Steno è stato l’inventore della Commedia italiana, che ha scritto e descritto la storia popolare. Il suo cinema ha raccontato solo la vita o anche il pensiero italiano?
La fetta del cinema rappresentata dalla Commedia all’ italiana è molto diversa dalle altre Commedie, come la Sophisticated Comedy americana che nasce dalla Commedia elegante viennese, i cui interpreti si rifugiarono in America in fuga dal nazismo, o la Commedia francese tutta meccanismi o la Commedia Black inglese dove al centro c’è sempre un omicidio. La Commedia all’ italiana ha una declinazione completamente diversa, da un fatto e da una storia drammatica, raccontata in maniera leggera, si fa una commedia che si basa sui fatti veri della vita. La Commedia all’italiana di Steno con “Guardie e Ladri”, di Monicelli con “Storie di ignoti”, di Scola, di Risi con “Il Sorpasso”, di Comencini e Germi ha raccontato il nostro Paese. Sarebbe auspicabile favorirne la conoscenza ai ragazzi attraverso l’introduzione nei programmi scolastici dei venti film più rappresentativi della Commedia italiana perché raccontano esattamente la nostra storia, restituiscono il senso dell’umorismo, l’amicizia, la famiglia, il cibo, la politica, elementi identificativi di un popolo e delle sue trasformazioni sociali che oggi i giovani purtroppo non conoscono. Il genere è stato sempre molto apprezzato all’estero, abbiamo vinto Oscar non solo con i film di Fellini e Visconti, ma anche con Monicelli, De Sica. “Matrimonio all’italiana” è un film che racconta perfettamente l’Italia e le dinamiche sociali del periodo. Il Cinema italiano è stato, a a partire dal dopoguerra, un vero dono perché un gruppo di persone intelligenti ha cominciato a lavorare e ha riportato il buonumore in un Paese distrutto non solo facendolo ridere, ma facendolo pensare, in maniera intelligente.
Il cinema e i suoi grandi protagonisti dagli anni Cinquanta in poi, che a Roma si conoscevano e si frequentavano tutti, sono stati più circo o famiglia?
Sicuramente una famiglia allargata ai grandi scrittori, cooptati dal cinema che aveva una importante impronta culturale, anche se espressa in maniera leggera. “Guardie e ladri” di Steno, con Totò e Fabrizi, fu scritto con Monicelli, Flaiano e Brancati. Moravia ha scritto tante sceneggiature. Era la grande famiglia del cinema che si frequentava, si rispettava, si voleva bene e il cinema d’autore e il cinema popolare erano due facce della stessa medaglia che affrontavano temi diversi ma con analoghe professionalità e competenze, perché il modo di fare cinema era lo stesso. Roma è stata centrale nel racconto dell’Italia attraverso i film che riflettevano lo sguardo mai moralista degli autori, che da “Roma città aperta” in poi, hanno raccontato gli Italiani con affetto, mettendoli a nudo e facendoli conoscere al pubblico ma con rispetto, senza giudicare ma cercando di capire le ragioni di tutti. Oggi questo clima di distensione non esiste più, c’è molto rancore e tanta indifferenza.
“L’Italia s’è rotta” è un film di Steno del 1976 che fotografa l’Italia di quel periodo. Oggi Steno che film girerebbe?
Steno ci ha lasciati nel 1988 e fino ad allora ha continuato a ripetere che sebbene l’Italia andasse avanti, rimaneva sottotraccia sempre l’Italia di Totò, in cui c’è un re degli ignoranti che mette a nudo la verità, che guarda il mondo degli uffici pubblici, della burocrazia, degli impicci e dei privilegi, lo trova ridicolo, lo svela e gli dice “Ma mi faccia il piacere”. Oggi questa eredità è stata recuperata da Checco Zalone che vestendo i panni del re degli ignoranti, svela le contraddizioni di un Paese che cambia poco e cambia in peggio, con una globalizzazione non risolta che ci fa perdere la nostra identità.
Roma può essere definita una città pop?
Roma è una città pop, cioè popolare, la cui anima è frutto dello scambio continuo tra i Principi romani e un popolo che sfotte i Principi. E’ pop anche nel linguaggio sempre in trasformazione, è pop dal punto di vista musicale, è una città pop artisticamente perché tutti i grandi artisti pop italiani hanno vissuto a Roma, è pop in tutti i sensi. La scoperta del pop è stata la vera rivoluzione dell’arte moderna e Roma l’ha saputa inglobare pur avendo retaggi antichissimi, è riuscita a far convivere il grande passato con il modernismo sfrenato. Roma ha rinunciato ai grattacieli e ad altre forme visive ma è stata intelligente a farlo, perché le cose che invecchiano di più sono le cose contemporanee.
La Grande Bellezza di Roma oggi in cosa la troviamo, solo nella sua storia?
La bellezza di Roma è nei suoi colori, nell’aria, nella scanzonata maniera di camminare dei romani, nella qualità della vita che è ancora altissima. Flaiano diceva che voleva scappare da Roma ma che quando era fuori non vedeva l’ora di tornare.
Roma ha ancora la capacità di far sorridere?
Si, certamente. Il film “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino, un monumento di immagini dedicate a Roma, inizia con il protagonista, uno scrittore che ha scritto un solo libro, interpretato da Tony Servillo che cammina per Roma. A Roma si cammina sempre, è bello e divertente. Trilussa diceva “Io ogni tanto esco da casa, metto le mani sulle mura della città e le rimetto in saccoccia per fare il pieno di storia”.
Oggi la mejo Roma qual è?
La mejo Roma è quella che sa ancora mettere le distanze tra un progresso globale che rischia di distruggerci e punti fermi che non vanno dimenticati ma la mejo Roma sarà quella che troverà una sintesi tra tutto questo, perché rinchiudersi nel passato non serve a nulla.
“Questa Roma che non finisce mai” scriveva Giacomo Leopardi, “Roma, valla a capire” dice qualcun altro. Lei quale preferisce?
“Roma, valla a capire” perché credo che il sogno di tutti noi che facciamo il cinema, è trovare il modo per raccontare il mistero inestricabile di Roma. Forse solo Flaiano e Fellini ne “La Dolce Vita”, film enigmatico e strano, sono riusciti a dare l’idea dei vari strati di complessità di questa città, dove convivono anime diverse, l’anima cattolica, l’edonismo sfrenato, il cinismo, la consapevolezza di essere al centro di un Paese che forse un po’ ci irride per essere una città clericale ma non tanto pia, caotica ma non ricca.
Lei descrive una città dalle mille contraddizioni. Qual è la più grande?
La contraddizione più grande è quella di non sentirsi più bella, di non avere consapevolezza della sua straordinaria bellezza.
“La sera a Roma”, è un suo libro molto bello che fa capire Roma. E’ una fotografia o un ritratto?
E’ un giallo nel mondo dell’alta aristocrazia romana, in cui il protagonista, uno sceneggiatore, coinvolto incolpevolmente in un omicidio, per scagionarsi fa un bilancio sulla sua vita che si svolge in vari ambienti, dal giornalismo alla letteratura, nei palazzi romani così misteriosi e affascinanti, tra aristocrazia e poteri vari. Il bilancio della sua vita è in realtà una metafora sullo stato di salute di Roma. Il libro restituisce un’immagine abbastanza precisa della Roma che io osservo in maniera attenta e coriacea da molti anni e che racconto nelle mie rubriche, prima sul Corriere della Sera ne “Il Taccuino romano” ereditato da Flaiano e oggi su Il Messaggero.
“Mio fratello Carlo”, il suo ultimo libro, meravigliosamente intimista, è dedicato al legame speciale che vi ha uniti, nella vita e nel lavoro, anche nel rispetto della storia importante che avete ereditato. Lo scrittore è il vero protagonista che svela la sua anima, le sue sofferenze, si toglie il velo da solo e omaggia il fratello. Un libro struggente.
Questo libro è la cosa più bella che io abbia fatto, è un racconto crudo, terribilmente vero, dell’ultimo anno di vita di mio fratello Carlo. E’ lo sguardo di un fratello che ha vissuto tutti i giorni della sua vita con lui e che cerca di immaginare cosa a lui passi nella testa nei momenti drammatici della malattia, raccontando al contempo cosa passa anche nella sua testa di fratello che assiste al consumarsi di una tragedia. Si tratta di un racconto a tratti angosciante che però fa bene al cuore, è una storia universale, che può riguardare tutti ma è soprattutto un invito a condividere la vita con le persone care che ci sono accanto, fino a quando se ne ha la possibilità perché tutto può finire da un momento all’altro.
Il marchio Vanzina, dopo la scomparsa di Carlo, prosegue il suo viaggio nel cinema, continuando a raccontare e a raccontarci. Il prossimo film?
Sono figlio di Steno, fratello di Carlo, parte integrante di un lavoro comune che devo e voglio portare avanti, nel rispetto dell’insegna di famiglia. Ho appena finito di girare una commedia romantica giovanile “Sotto il sole di Riccione” che ricorda “Sapore di mare”, il grande successo che ho girato con Carlo. Prodotta da Netflix, l’anno prossimo sarà proiettata in tutto il mondo, anche in America dove vado sempre volentieri perchè ho il piacere di incontrare persone ancora cosi legate al nostro Paese e alle quali invio il mio pensiero e il mio saluto.