Romanze e Fantasie è un recital per violino e pianoforte che ha fatto tappa a Roma, al teatro Palladium, nell’ambito della stagione musicale organizzata dall’Università degli Studi Roma Tre, da sempre impegnata a promuovere la cultura musicale per sensibilizzare le nuove generazioni al grande repertorio musicale classico.
Il M° Gabriele Pezone al pianoforte e il M° Matteo Cossu al violino, hanno presentato un programma dal taglio europeo, per la natura dei brani e la nazionalità dei compositori in esecuzione: Ludwig van Beethoven e la sua Romanza per violino n. 2 in fa maggiore op. 50 “Adagio cantabile”, tedesco. Pablo De Sarasate, Danze Spagnole, op.22. Romanza Andalusa, spagnolo. Antonio Bazzini Fantasia sui motivi della Traviata di Giuseppe Verdi op.50, italiano. Christoph Willibald Gluck dall’Opera “Orfeo ed Euridice, Danza degli spiriti beati, tedesco. Jules Massenet, dall’Opera “Thais”, Meditazione, francese.
La nota caratterizzante il viaggio musicale proposto è un omaggio alla cantabilità e all’opera, molto apprezzate in tutto il mondo come segni distintivi di italianità e di identità culturale musicale, fatta di liricità e dinamicità, con l’indicazione di umori, colori musicali e timbri originali completamente diversi.
Il tema europeo, sempre attuale per tutte le implicazioni anche ideologiche che ad esso sono connesse, trova una sintesi in una risposta musicale che abbraccia compositori di Paesi diversi, con un programma presentato in tutto il mondo. Il M° Gabriele Pezone, pianista, organista, fisarmonicista e direttore d’orchestra, si è esibito e si esibisce in tutti i teatri del mondo, come solista, dal 2016 in duo con il M° Cossu ma soprattutto dirigendo le orchestre di tutto il mondo.
L’Osservatorio Roma lo ha incontrato per cogliere lo sguardo di un grande, seppur giovane, musicista italiano con una visione ampia e privilegiata della cultura musicale frutto di una importante esperienza internazionale.
O.R. L’università che apre alla Musica è un messaggio importante
G.P. “ Indubbiamente. Abbiamo un patrimonio musicale da far conoscere e valorizzare di inestimabile valore. In Italia si arriva all’Università senza aver potuto studiare la musica, intesa come studio di uno strumento musicale, a scuola come materia curriculare, per l’intero ciclo di studi. Siamo uno dei pochi paesi al mondo a non coltivare questa disciplina e la cosa comporta non poche conseguenze. Cerco di spiegarmi meglio con un paragone: se in televisione Roberto Benigni declama la Divina Commedia, molti sono portati ad apprezzarla perché avendola studiata e ristudiata a scuola, sanno attribuire il valore intrinseco all’opera, indipendentemente dalla simpatia che possono provare per Benigni o per la Commedia stessa. Comunque sono consapevoli che sia qualcosa di “valore” che Dante o chi per lui va a rappresentare. Questo non avviene con la musica perché mancano, in quanto non proposti, gli strumenti culturali adeguati per cogliere le differenze valoriali. Se ai giovani, ma a tutti direi, si propone in ascolto una sinfonia di Beethoven e poi un qualsiasi altro brano dei più scarsi, non sanno cogliere la differenza, note sono quelle di Beethoven, note sono le altre. Andrebbe, con sollecitudine, pensata una operazione culturale che inserisca lo studio della musica come strumento musicale in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
O.R. Lei ha una grande esperienza internazionale. Ha suonato e suona in tutto il mondo. Negli altri Paesi queste aperture ci sono? Che spazio hanno? E che tipo di feedback ottengono, in termini di partecipazione numerica ed emotiva?
G.P. “ All’estero i giovani sono molto più predisposti ad ascoltare concerti di musica classica e opere liriche. Ne ho fatto esperienza a Berlino, in Messico, negli Stati Uniti, ovunque. L’approccio culturale è completamento diverso, c’è una apertura che in Italia manca totalmente. Nel nostro Paese il problema, oltre ad essere culturale, è anche legato alla mentalità che tende a relegare un certo tipo di repertorio ad una certa età. E’ un limite mentale, oltre che culturale, che andrebbe assolutamente superato. All’estero, come corollario di questa maggiore consapevolezza, c’è da registrare il vivaio di talenti che vengono coltivati, esattamente come in Italia si fa con il calcio, e quindi ci sono tanti ragazzi di tutte le età che seguono le attività musicali, tanti che studiano uno strumento musicale, nascono tante orchestre che offrono molti posti di lavoro con un meccanismo che si va ad autoalimentare in maniera decisamente virtuosa. La grande distanza che esiste tra l’Italia e gli altri paesi si ripercuote anche sul mercato discografico, significativamente lontano, in termini di percentuale di vendite di brani classici : in Italia la musica classica rappresenta l’1% del mercato discografico, in Germania il 22%. Un dato su cui penso occorra riflettere.
O.R. Posto che è necessario un rinnovato impegno del sistema culturale italiano per la conoscenza e la promozione della cultura musicale tra i giovani, Lei pensa che fiction come “ La compagnia del Cigno “ o iniziative ad essa assimilabili possano favorire e risvegliare l’interesse per lo studio di uno strumento musicale tra i giovani?
G.P. “ Il merito della Compagnia del Cigno è innanzitutto quello di essere stata la prima produzione televisiva a proporre un focus sui giovani musicisti classici e questo assume grande importanza in un paese, come il nostro, dove si tende ancora a considerare lo studio della musica un hobby. La fiction, seppur con delle caratterizzazioni di alcuni ruoli forse eccessivi rispetto alla consuetudine accademica dei conservatori, restituisce la giusta immagine a studenti che come gli altri, più degli altri, investono e preparano il loro futuro con grande studio, sacrificio e impegno. Non capisco l’atteggiamento di critica rivolto all’iniziativa da parte di alcuni colleghi, c’è stata addirittura una nota ufficiale di un conservatorio italiano che ha preso le distanze dalla rappresentazione televisiva. Io credo che i problemi dei conservatori italiani siano ben altri. Purtroppo.
O.R. Maestro Pezone, concludiamo con il messaggio di universalità della Musica che, lingua universale, può favorire la conoscenza e l’amicizia tra giovani di paesi e continenti diversi
G.P. “ La Musica è indubbiamente un linguaggio universale che non avendo bisogno di traduttori è un veicolo imponente per favorire la conoscenza e la coesistenza armonica di ragazzi di diversa provenienza geografica, ma al contempo mi preme sottolineare che questo aspetto andrebbe incoraggiato e sostenuto, e spesso in Italia non avviene, la musica e anche la cultura in genere viene considerata qualcosa di secondario, quasi effimero, di non vitale, non un bisogno primario. Il mio auspicio è che si tenda ad invertire la rotta, ad investire meglio e di più in cultura, anche musicale per contenere aree di disagio sociale giovanile che potrebbero essere recuperate, anzi prevenute, portando i ragazzi, fin da bambini, ad interessarsi e appassionarsi di musica. Un solo ragazzo recuperato dalla strada anche attraverso l’impegno musicale sarebbe già una grande conquista”.
Musica per crescere, musica per unire, musica per colorare di note senza confini i destini di tutti i Paesi del mondo.