Il tempo che viviamo costringe un gran numero di persone a stare in casa. Cambiano inevitabilmente gli equilibri di chi la casa la vive e di chi ci entra, anche se solo virtualmente. Il ruolo della televisione va necessariamente ripensato, a cominciare dall’infotainment, che plana tra information ed entertainment, per adeguarlo a nuove platee e a nuove esigenze. La televisione e la radio, generalista e tematica, restano le finestre sul mondo più accessibili a tutti, soprattutto a chi ha ancora poca confidenza con la rete. È interessante ascoltare il parere dei personaggi che entrano nelle case della gente con programmi quotidiani, in fasce orarie diverse, attraverso la televisione e la radio, pubblica e privata, in stagioni complesse.
Osservatorio Roma incontra una raffinata protagonista della televisione italiana, conduttrice televisiva e radiofonica, autrice de “La Lontananza” di Domenico Modugno e di altre canzoni rimaste nella storia della musica leggera, oggi anche apprezzata scrittrice di romanzi. Enrica Bonaccorti è stata la prima conduttrice della RAI a dare del tu all’Italia, salutando l’ampia platea televisiva del preserale di RAI 1, con un unificante “Buonasera Italia” che ha fatto altrettanta storia della stessa trasmissione “Italia Sera”, apripista dei rotocalchi televisivi condotti congiuntamente da un giornalista e da una conduttrice per affrontare, ogni sera, i molteplici temi e argomenti del giorno.
Enrica, come si entra nelle case degli Italiani?
Con senso di responsabilità, perché noi conduttori prima di entrare nelle case e nelle famiglie, entriamo nelle teste delle persone. Chi ci ascolta, automaticamente e inconsapevolmente, attraverso i neuroni a specchio, assorbe e riproduce parole, atteggiamenti, posture. La responsabilità viene prima del talento, della bellezza, della simpatia. Quando parliamo dobbiamo essere responsabili. Spesso questo non accade.
Lei oggi che Italia vede?
In questo particolare momento osservo un’Italia che non avevo mai visto ma che avrei desiderato vedere, unita e stretta, seppur per affrontare il drammatico problema del coronavirus. Vedo però anche un’Italia molto in bilico, a cui non sappiamo bene che confini dare, confini non geografici naturalmente, ma confini di tempo, di esistenza, nella consapevolezza che la nostra vita cambierà e la normalità avrà un altro significato. Lucio Dalla scriveva in una delle sue meravigliose canzoni “Ma la cosa veramente eccezionale è di essere normale”. Tutti noi stiamo recuperando questo concetto, quello che era normale fino a pochi giorni fa, ora diventa eccezionale.
Come cambia l’approccio di un conduttore, tra informazione e intrattenimento, rivolto a persone che vivono una vita sospesa?
E’ necessario avere empatia con le persone, alle quali io mi sento totalmente vicina. In questo momento non sono in onda e vorrei esserlo, per stare accanto ai tanti che in questi anni mi hanno detto che la mia compagnia insieme alla radio, è stata per loro salvifica in alcuni momenti. Ma intanto consiglio qualcosa che è ancora più salvifico in questo momento di isolamento sociale, ed è la lettura che ci può far uscire dalle finestre volando come Peter Pan. Spero che questo tempo così fuori dai canoni a cui eravamo abituati, porti alla ripresa della lettura, abitudine antica e preziosa. L’invito che rivolgo a tutti è quello di riprendere l’oggetto libro in mano e leggere, per evadere e salvarsi.
La scrittura è sempre stata per lei compagna di vita, tra canzoni, poesie e libri. Immaginava che “Il condominio”, il suo ultimo romanzo pubblicato da poco, si rivelasse profetico nel presentare un mondo a parte in cui la vita sembra esserci soltanto nelle case di chi ci vive e nelle tempeste che vi accadono?
Il mondo è diventato oggi un grande condominio, dove siamo tutti affacciati al balcone e sentiamo gli altri respirare a distanza, a volte con grande fatica. Nel mio romanzo ho immaginato un mondo chiuso in un condominio in cui quello che accade alla fine, cambia poi tutte le cose. Il protagonista è un giovane nobile animato da ansia di libertà e indipendenza, in fuga dal suo nobile palazzo di famiglia che si rifugia in cima a un anonimo condominio di tre piani, in un cubo di 28mq, ricavato tra le lavanderie, per sfuggire al contatto e al controllo della gente, in compagnia solo di una tartaruga. In modo inconsapevole, diventa la persona più considerata del condominio e la più amata per educazione, rispetto e comprensione degli altri. Il condominio nel quale voleva sottrarsi dal mondo diventa per Cico, il soprannome del protagonista, il centro del mondo e viceversa.
Il surreale diventa reale perché oggi tutti siamo Cico. Ognuno di noi “vede solo il cast del suo palazzo” e “se sta scomodo, si sposta. Sì, ma dove?”
C’è un’altra frase con cui Cico sintetizza la sua filosofia di vita “adoro quando mi lasciano in pace al momento giusto”. Chissà quanti di noi oggi lo staranno pensando.
Il protagonista de “L’uomo immobile”, un altro suo romanzo, pur giacendo immobile in un letto, sprigiona vitalità e desiderio di amore. Oggi quanta vita può esserci nell’apparente immobilità delle nostre vite sospese?
L’uomo immobile non è una metafora ma una sindrome clinica che non consente di governare, del proprio corpo, nulla se non le palpebre e soltanto in verticale. E’ la sindrome del locked-in, che lo costringe chiuso nel suo corpo come un chiavistello, in una condizione superficialmente descritta come coma, ma che coma non è perchè non ne ferma il pensiero, le emozioni, la voglia di vivere. L’immobilità è questa. Quella che noi stiamo vivendo, è naturalmente un’altra cosa.
Non sarà per caso simile a una “lontananza che è come il vento e fa dimenticare chi non s’ama”…Oggi la lontananza che sapore ha?
La lontananza ormai è necessaria, bisognerebbe cambiare le parole della canzone, considerato il momento. La lontananza, quando si è obbligati a stare lontani, misura anche quanto le persone ti siano vicine realmente, quelle che hai voglia di vedere, di sentire, che ti mancano. La sensazione di amicizia o di amore cresce con la lontananza se sono cose importanti, se non lo sono, si staccano come foglie d’autunno e non ti importa. Un motto tibetano afferma “La nostra vita è come quella degli alberi, delle piante, si migliora potando”. In questi tempi si migliora potando e tenendo solo quello che porta frutto. La conoscenza, l’introspezione e il pensiero possono aiutarci. Tutto passa nella mente, “il dolore e la sua cura, il coraggio e la paura, l’illusione e la realtà…nella mente c’è il destino e la forza di cambiarlo, perché tutto è nella mente, si respira col pensiero”. Ho scritto questa ballata in tempi non sospetti, perfetta per tempi come questi.
Il pensiero ci salverà?
E’ tra le curve del cervello che si decidono i colori. Teniamo allenata la nostra mente, non lasciamola andare in percorsi oscuri, cerchiamo la luce in questo tempo buio.
Oggi che “con un sorriso non si può accompagnare alla porta, non ci si può baciare e abbracciare come sempre” la lontananza, sentimento struggente che lei ha descritto con parole indimenticabili, può essere colmata o confortata dal virtuale?
Al di là di un iniziale atteggiamento critico, oggi sto rivalutando la possibilità che abbiamo di essere in contatto attraverso i social, le videochiamate e altri strumenti che accorciano le distanze e leniscono la lontananza.
La cifra della sua vicinanza al pubblico è sempre stata l’empatia. Se essere empatici significa saper comprendere e quindi non aver paura degli altri, c’è da augurarsi tanta empatia per tutti?
Essere empatici significa comprendere ma non significa non avere paura. Il mio ultimo programma in onda su Sky Italia, terminato da poco “Ho qualcosa da dirti” si nutriva proprio della capacità di entrare nelle storie degli altri, assumendosi tanto sentimento da persone e situazioni diverse da te ma con cui sei connesso, con una partecipazione emotiva molto forte.
Con le sue trasmissioni quotidiane, nelle varie fasce, dal mezzogiorno, al pomeridiano, al preserale, è entrata nelle case della gente attraverso la televisione e la radio. C’è differenza?
Con la radio ci si tocca l’anima. In televisione, mentre parli, rischia di prevalere l’immagine. La radio è molto più profonda, vera e autentica.
In questi giorni la radio cosa può dare?
Deve fare compagnia, coinvolgere le persone, facendole telefonare e interloquire, deve essere quasi una radio che ti guarda. Questo consente di essere in contatto con tutti ed è una cosa bellissima che vorrei tanto poter fare.
“Il nostro destino è il nostro carattere” è una considerazione che ha radici antiche ma che a lei pare appartenere. Quanto può aiutare il carattere in questi giorni complicati?
E’ perfetta questa frase in questo momento. Siamo sempre noi che forgiamo il nostro destino, se ne ha consapevolezza da millenni, perché è davvero così, siamo proprio noi, quando diciamo sì o no, quando ci voltiamo a destra o a sinistra, a disegnare il nostro destino. E’ il nostro carattere che decide la nostra vita, il nostro carattere è il nostro destino, in questo periodo più che mai. Ricordarlo servirà a tutti e aiuterà a superare anche questi giorni difficili.
Le sue due canzoni più famose, “La lontananza” e “Amara terra mia” sembrano essere state scritte per i nostri connazionali che vivono all’estero. E’ con esse che arriva alle comunità il saluto di Enrica Bonaccorti?
Amara terra mia è amara e bella quanto mai in questo periodo, ma l’Italia non può mai uscire dal cuore, la portiamo ovunque siamo perché tutta da amare Iddio la creò.