La televisione e il televisore, due parole che nascono insieme e insieme definiscono due realtà che hanno cambiato l’Italia. La televisione arriva dopo la radio, con la forza dirompente delle immagini e apre una finestra sul mondo. Il televisore è una scatola magica da cui escono immagini traballanti in bianco e nero e diventa il sogno degli Italiani. Nel 1954, quando entrambe le parole cominciano a circolare in modo consapevole tra la gente, un televisore costa 250mila lire, l’equivalente del reddito annuo di una famiglia di ceto medio. Il costo proibitivo lo rende desiderato da molti ma acquistabile da pochi. Il problema diventa rapidamente superabile, è la televisione stessa a suggerire come fare. Nasce la reclame e a partire dal 1957, all’interno della scatola magica, dopo il telegiornale della sera, appare una scatola delle meraviglie, annunciata da una serie di simpatici siparietti che si aprono su piccole scenette e presentano oggetti incredibili ma possibili. Parte l’avventura di Carosello, un programma straordinariamente caro alle generazioni cresciute con il tempo serale scandito dalla formula magica pronunciata in ogni famiglia italiana, “Carosello…e poi tutti a nanna”. Vito Molinari, regista teatrale e televisivo, coautore di oltre 2000 trasmissioni ma soprattutto autore e regista di 500 Caroselli, racconta la storia dei vent’anni, tanto è durata l’avventura del Carosello, che hanno cambiato l’Italia, dal 1957 al 1977, in un libro che propone un viaggio di grande interesse storico nella vita di un Paese in costante cambiamento, la cui evoluzione è stata promossa dalla televisione e raccontata da una scatola quadrata che comunicava l’esistenza di un nuovo modo di vivere. Il Carosello, con leggerezza e allegria, sveglia gli Italiani e indica come tradurre il sogno in realtà, per realizzare una vita più confortevole, con la lavatrice in casa, il ferro da stiro, l’automobile, i collant per le signore e naturalmente il televisore per tutte le famiglie. Tutto diventa possibile, tutto realizzabile anche senza la necessaria copertura economica, perché il sogno si può comprare anche a rate. La reclame, ovvero la pubblicità, è accattivante, si avvicina sorniona e divertente e raggiunge il suo obiettivo. Alimenta gli anni del boom economico e il conto in banca dei fortunati personaggi che ne diventano protagonisti e che a un certo punto cominciano a pretendere compensi sempre più elevati. Ma Carosello vive di vita propria e li surclassa, affidandosi ai personaggi dei cartoni animati, testimonial talentuosi e poco onerosi. Nascono icone, Calimero, Topo Gigio, Il Gigante Buono, Mister Linea, Jo Condor, l’Omino con i baffi e Carosello prosegue il suo viaggio, raccontando un’Italia che cambia con il Carosello, fino a quando il viaggio finisce.
Osservatorio Roma e America Oggi incontrano Vito Molinari, regista della trasmissione inaugurale della RAI del 3 gennaio 1954 e del primo Festival di Sanremo, per entrare in una storia che piace a molti e appartiene a tutti. La grande storia della RAI.
Vito Molinari, nel 1954 nasce la RAI, la televisione italiana. Cosa ha rappresentato per l’Italia di quegli anni?
Sergio Pugliese, dirigente dell’EIAR, la radio che esisteva già, incaricato di creare la televisione, al ritorno dall’America dove era andato a studiare la realtà americana, pensando che dovesse prevalere l’immagine sulla parola, per cominciare a fare la televisione, non coinvolse il personale della radio, dove prevaleva la parola sull’immagine, ma si rivolse al cinema. La richiesta suscitò la diffidenza dei registi e anche l’ilarità perché proponeva a professionisti impegnati con una produzione cinematografica imponente, nel 1953 si giravano circa 250 film l’anno, l’incertezza di un nuovo mezzo, con immagini in bianco e nero, incerte e traballanti, che non dava alcuna affidabilità, rispetto al cinema già in technicolor. Sergio Pugliese decise di coinvolgere giovani registi di teatro, tra i quali c’ero anch’io, per una fase di televisione sperimentale che portò alla trasmissione inaugurale del 3 gennaio 1954 che io ho diretto.
Che trasmissione era?
Era una trasmissione che andò in onda alle 11 del mattino per spiegare cosa fosse esattamente la televisione a persone che naturalmente non potevano saperlo. Era una trasmissione in fondo pubblicitaria che spiegava come esistesse la possibilità di riprendere immagini attraverso grandi macchine ingombranti chiamate telecamere, come le immagini venivano trasmesse a ponti radio e come attraverso questi si trasferivano di città in città, dove venivano ricomposte e poi inviate sugli schermi televisivi. Si spiegava come tutto questo avveniva, si raccontava la vita degli operatori dei ponti radio mentre si trasmettevano piccoli filmati. Tutto ciò da un piccolo studio in Corso Sempione, di fronte al Palazzo della RAI dove si inaugurava, proprio quel giorno, il grande Studio 3.
La RAI a Roma quando arriva?
La RAI è nata a Torino, poi nel periodo sperimentale si è trasferita a Milano e infine a Roma. Via del Babuino, viale Mazzini, via Teulada sono i luoghi della RAI a Roma.
La RAI di quei primi anni che Paese raccontava?
Un Paese prevalentemente agricolo, dove un terzo della popolazione italiana era analfabeta, due terzi parlava solo dialetto, nessuno era mai uscito dai paesi se non per andare a fare il militare o per emigrare. Quando in queste realtà, piccole e sperdute, nei bar arriva un apparecchio che trasmette le immagini di New York, l’impatto è notevole e determina un vero e proprio shock.
La sua esperienza di regista e coautore di oltre 2000 trasmissioni televisive, ha visto cambiare l’Italia e gli Italiani. Qual è il mutamento più significativo?
Attraverso la televisione gli Italiani hanno cominciato ad aprire gli occhi, a capire che si poteva vivere in modo diverso, più comodo e più frenetico. Il mondo italiano si è completamente modificato anche grazie alle trasmissioni televisive, soprattutto al Carosello che ha favorito il cambiamento da una società rurale a una società industriale avanzata, favorendo il boom economico. La televisione ha creato unità linguistica, ha insegnato a parlare l’italiano a tutti e ha svolto un ruolo pedagogico importante.
Mamma RAI, perché, come e quando nasce questa definizione tanto cara agli Italiani?
La definizione nasce perché ci si sentiva un po’ tutti figli di questa grande famiglia RAI che ci spronava a cercare un linguaggio nuovo che non esisteva. Quando abbiamo iniziato a fare la televisione nessuno ci ha detto cosa dovevamo fare, perché nessuno lo sapeva. Sperimentavamo programmi, cercando di inventare un linguaggio di cui non esistevano regole o grammatica scritta. La sfida era cercare di capire cosa si potesse fare con questo nuovo mezzo, attraverso tutti i generi, dal telegiornale, allo spettacolo, alla prosa, agli sceneggiati. La televisione non aveva repertorio, ma doveva assicurare un monte ore di trasmissioni, quindi fagocitava tutto quello che c’era nei diversi generi, nella rivista, nella prosa, nel cinema, era una grossa macina che macinava ore di programmazione, inventando alcune cose e cercando di recuperarne altre. La rivista era allora, a mio parere, il genere in cui si poteva inventare di più, per creare un via diversa dal teatro e dal cinema, con questo nuovo mezzo che era la televisione. Nasce da qui la rivista televisiva che ho cominciato a inventare con “Un, due, tre!” nel 1955, con Tognazzi e Vianello.
Il suo nome rimane indissolubilmente legato al Carosello. Cos’era esattamente e come nasce?
Il Carosello nasce per creare, all’interno del palinsesto RAI, uno spazio pubblicitario che catturasse l’attenzione degli spettatori utilizzando moduli non solamente pubblicitari. Dopo diversi esperimenti, si è arrivati alla creazione di una rubrica, di soli dieci minuti, da mandare in onda la sera dopo il telegiornale, in cui fossero concentrate le inserzioni pubblicitarie. Era il 1957 e il Carosello è andato in onda per vent’anni, tutte le sere, con la sola eccezione del venerdì santo e il 2 novembre e in vent’anni, a esclusione di queste date, non è andato in onda solo per la morte di Papa Pio XII, di Giovanni XXIII, di Kennedy e per la strage di Piazza Fontana. Vittorio Cravetto, illuminato dirigente RAI, pensò a un Carosello con scenette d’informazione e scenette divertenti, che furono poi quelle che ebbero il maggior successo, che duravano 1 minuto e 45 secondi ognuna, più 30 secondi di codino pubblicitario in cui si parlava solo del prodotto. 4 scenette per ogni trasmissione, ogni sera, in seguito diventate 5. La RAI iniziò subito a vendere gli spazi pubblicitari che nel solo primo anno di programmazione, le fece guadagnare due miliardi di lire. Quando nel 1977 Carosello ha chiuso, la RAI ha guadagnato in quell’anno 60 miliardi.
1957-1977, i vent’anni che hanno cambiato l’Italia. Il Carosello è cambiato insieme al Paese, ne ha registrato il cambiamento o lo ha in parte determinato influenzando il costume italiano?
Sicuramente lo ha determinato e influenzando il costume, Carosello ha accompagnato la crescita della società italiana, l’ha abituata al linguaggio del mercato, ha avuto parte attiva nell’evoluzione della storia del Paese e ha creato il boom economico. Anche il Carosello è cambiato negli anni, i Caroselli del 1957 sono noiosissimi, nel primo c’era il direttore dell’ACI che con due macchinine finte, piccoline, faceva vedere come si doveva imparare a guidare per evitare gli incidenti stradali. All’esordio non si pensava che in un minuto e 45 secondi si riuscisse a sceneggiare una storia, con personaggi inventati che hanno avuto un tale successo da essere chiamati dalla RAI a presentare le trasmissioni più importanti come Canzonissima. Carosello è stato fatto da tutti gli attori italiani, a eccezione di Marcello Mastroianni e Anna Magnani e da importanti personaggi stranieri, Oliver Stanley, Frank Sinatra, Orson Welles protagonista di un Carosello per il quale fu pagato con una cifra per allora esorbitante, un milione di lire, mai andato in onda perché rifiutato da ben tre aziende. Nel tempo si è tutto molto modificato.
Carosello va in mostra al MOMA di NY nel 1971 e il New York Time scrive che l’America deve riflettere sul Carosello della televisione italiana. Che effetto fa insegnare a fare televisione con la pubblicità agli Americani?
Una selezione di Carosello è stata presentata a NY su iniziativa della SIPRA, con un risultato eccezionale, perché testimonia come si può coniugare l’arte con la parte commerciale. Carosello è stato apprezzatissimo all’estero. Nel 1977 quando è stato chiuso, Le Figarò, l’autorevole quotidiano francese, ha scritto che il Carosello era il contributo più originale dato dall’Italia alla storia della televisione. Il modello di Carosello della televisione italiana è unico e non replicabile. Altre televisioni europee hanno cercato di realizzarlo ma senza riuscirci. In Italia ne sono stati fatti 35.000 in vent’anni.
Quali sono le ragioni del successo di Carosello in Italia e quali quelle del fallimento del suo modello in altre televisioni europee?
L’insuccesso nelle altre televisioni è inspiegabile. In Italia ha avuto un successo clamoroso, accompagnando il Paese nelle sue trasformazioni e modificandosi esso stesso. I pubblicitari puri, soprattutto delle agenzie americane, sono sempre stati contrari a Carosello, sostenendo che si dava troppo spazio alla parte spettacolare delle scenette e troppo poco spazio al prodotto, spendendo troppi soldi per le scenette e molti meno per il codino pubblicitario. Gli attori protagonisti del Carosello guadagnavano moltissimo e le agenzie, per contenere i costi, a un certo punto decisero di dar vita ai Caroselli con cartoni animati.
Tutti rimasti nell’immaginario collettivo, Calimero, Topo Gigio, Jo Condor, il Gigante Buono, Mister Linea, l’Omino con i Baffi
Ebbero un grandissimo successo, soprattutto tra i bambini ma le agenzie americane si lamentavano del fatto che questo era un limite, in quanto non erano i bambini a spendere e a comprare, quindi anche il Carosello animato si interruppe. Si passò ai Caroselli di atmosfera, in cui non succedeva nulla. Correvano tutti, ripresi a rallentatore, inseguendo qualunque cosa che poteva essere un caffè, un libro o qualsiasi altro oggetto. Ma anche i Caroselli d’atmosfera hanno poi cominciato a declinare. In vent’anni cambia il ruolo di Carosello, cominciano campagne anche violente per la sua abolizione, la Chiesa era contraria al Carosello perché spingeva la gente al consumismo e ad acquistare pagando a rate. Tutto ciò portò a uccidere il Carosello.
35.000 Caroselli, molti dei quali interpretati da personaggi famosi che raccontavano storie minute, sono stati produttori di cultura attraverso la pubblicità. E’ questo il grande merito del Carosello?
Il merito più grande di Carosello è stato quello di far accettare la pubblicità. La gente guardava la scenetta ma con questa gradiva anche la reclame. Ha indubbiamente cambiato i costumi degli Italiani, facendo capire alle donne che non solo potevano, ma dovevano avere una vita diversa, più comoda con la lavatrice in casa e l’aspirapolvere, pagandola a rate. Il Carosello si è inventato un modo di vivere che ha cambiato l’Italia.
Ha forse tradotto in realtà il sogno americano che arrivava attraverso le immagini televisive?
Indubbiamente e quando il Carosello è finito, è finito un sogno e siamo diventati tutti adulti. Dire addio al Carosello ha significato dire addio alla nostra giovinezza.
Quali sono stati i più grandi successi?
Grandi successi popolari sono stati l’uomo carciofo di Ernesto Calindri per il Cynar, Macario, Dapporto, Dario Fo, Walter Chiari, Johnny Dorelli, Mike Bongiorno che ne è stato l’eroe e Mina che ha fatto Caroselli meravigliosi. Il grosso successo di alcuni Caroselli è stato determinato dallo slogan, un modo per ricordare il prodotto. Nel mio libro dedicato al Carosello, dedico 3 capitoli a 3 grandi personaggi, Testa, dello studio Testa di Torino che si è inventato la Carmencita, Emmer, regista talentuoso passato dal cinema al Carosello e Marchesi, che ha scritto e sceneggiato più di 4.000 Caroselli, inventando slogan rimasti nella storia. “Con quella bocca può dire ciò che vuole”, “Non è vero che tutto fa brodo”, e soprattutto “Falqui. Basta la parola”, aggirando le censure RAI che rendevano quasi impossibile pubblicizzare un lassativo.
Lei ne ha girati oltre 500. Il Carosello che preferisce?
Il Doppio Fabrizi, per il Brodo STAR, con Aldo Fabrizi che dialogava con sua moglie che era lui stesso vestito da donna, ispirato a Sora Lella e diceva “Ma se po’ campà con una moglie così?” e la moglie, il doppio Fabrizi, rispondeva “ A me in cucina me dovete lassà Star”.
Ricordiamo Carosello come una scatola magica, la scatola delle meraviglie che si apriva con un sipario teatrale e una sigla che è nella memoria collettiva di intere generazioni
La sigla di Carosello nasce quasi per caso, all’ultimo momento e rimane invariata per molto tempo. Luciano Emmer ha girato la prima sigla di Carosello in una notte, con un carrellare avanti verso piccoli sipari che si aprivano e sui quali erano disegnate donne e cavalieri ottocenteschi, in seguito sostituiti da fontane e piazze d’Italia. Girato con mezzi artigianali, con una macchina che carrellava in avanti e due persone che lateralmente tiravano i fili dei siparietti, ha caratterizzato il Carosello ed è assolutamente indimenticabile. Il Carosello è nato anche grazie all’arte di arrangiarsi tipicamente italiana e alla consapevolezza che, come diceva Marchesi “la pubblicità è una cosa serissima, che non va presa troppo sul serio”.