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“Edizione straordinaria” di Walter Veltroni. E la cronaca si fa Storia con il racconto televisivo

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Il susseguirsi frenetico delle notizie che raccontano il tempo in cui viviamo, amplifica le emozioni del presente ma rischia di allontanare i ricordi del passato, anche quelli emotivamente potenti che appartengono alla nostra storia. Se ciò accade, il presentismo senza memoria e senza futuro, inteso come difficoltà a vivere il tempo in una dimensione diversa dal presente, da rischio diventa realtà. È da tale percezione che nasce una interessante operazione culturale, ideata da Walter Veltroni, raffinato narratore del nostro tempo, che ripercorre, con un film documentario, gli eventi più significativi della storia italiana e internazionale, per come essi sono stati raccontati dalla RAI e percepiti dagli ascoltatori nell’immediatezza dell’accaduto.

“Edizione Straordinaria” è un racconto costruito con le sole immagini dei telegiornali RAI trasmesse nelle edizioni straordinarie, che irrompono nelle case con il loro carico, sovente doloroso, di notizie non attese. Un’ora e mezza di immagini e voci per ripercorrere una storia, dal 1954 ai nostri giorni, in cui l’evocazione della memoria collettiva incontra la memoria personale. È un viaggio tra cronaca ed emozione, con immagini filmiche che si susseguono e si legano tra loro, senza voci narranti o necessità di contestualizzazione perché sono le notizie che segnano il tempo e raccontano il modo in cui gli Italiani hanno conosciuto la storia. Il primo tentativo di edizione straordinaria risale al 10 ottobre 1956, con la notizia del sequestro di 92 bambini in una scuola comunale di Terrazzano, frazione alle porte di Milano, a opera di due fratelli che chiedevano un riscatto di 200 milioni di lire, polli e un fornello a gas. La cronaca irrompe nelle case degli Italiani. Seguiranno edizioni straordinarie con la notizia dell’eccidio di 13 piloti italiani nel Congo belga, la morte di Papa Giovanni XXIII, la tragedia del Vajont, la morte di John Kennedy, l’alluvione di Firenze, la morte di Robert Kennedy, l’uomo sulla Luna, la strage di Piazza Fontana, il rogo di Primavalle, il referendum sul divorzio, Piazza della Loggia, l’assassinio di Pier Paolo Pasolini, il terremoto del Friuli, il furto delle tracce degli esami di maturità, il rapimento di Aldo Moro, l’elezione di Papa Luciani, la sua morte dopo 33 giorni, l’omicidio Bachelet, la strage di Ustica, la strage alla Stazione Centrale di Bologna, il terremoto in Irpinia, l’attentato a Papa Giovanni Paolo II, la tragedia di Alfredino nel pozzo di Vermicino, l’omicidio del generale Dalla Chiesa, la morte di Enrico Berlinguer, la tragedia dello stadio Heysel, lo scoppio del Challenger, Piazza Tiennamen, la caduta del muro di Berlino, il colpo di stato in Romania, la scarcerazione di Nelson Mandela, le dimissioni di Gorbaciov, lo stragismo italiano con Capaci e via d’Amelio a Palermo, via Georgofili a Firenze, la morte di Federico Fellini, della giornalista Ilaria Alpi, di Lady Diana, di Craxi, l’alluvione di Sarno, il G8 di Genova, gli attentati in America dell’11 settembre 2001, la strage di Nassirya, la morte di Papa Giovanni Paolo II, il terremoto in Abruzzo, la strage del Bataclan, il crollo del Ponte Morandi, la pandemia, la preghiera di Papa Francesco da solo in Piazza San Pietro.

Non è un elenco, ma pagine che ricostruiscono il lato tragico della storia, con le immagini, diventate simboliche, di eventi documentati da un giornalismo che parte con mezzi rudimentali ma è già eroico nella straordinarietà del racconto televisivo. Emergono le figure dei grandi inviati e conduttori che hanno fatto la storia della televisione, Sergio Zavoli che fa ascoltare  in diretta, attraverso il telefono del corrispondente, il rumore del fiume Arno straripato che scorreva impetuoso nella strada su cui affacciava la sede RAI di Firenze, Andrea Barbato che cerca le parole per raccontare l’impensabile sbarco dell’uomo sulla luna, Paolo Frajese che si fa largo tra i corpi trucidati della scorta di Aldo Moro, Lilly Gruber che fa respirare la polvere del muro di Berlino appena abbattuto, Mariolina Sattanino che indignata dà la notizia dell’attentato al giudice Falcone e dopo soli 57 giorni, è ancora lei, addolorata e incredula a dover annunciare l’omicidio del giudice Borsellino.

Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano Walter Veltroni, appassionato narratore di una storia della quale ha scritto, con il suo impegno politico e sociale, pagine importanti e che racconta da regista con un film documentario, occasione preziosa per coltivare memoria storica e per omaggiare la RAI, che quella  storia racconta agli Italiani.

Un documentario concepito per dare la parola ai fatti, nella loro forza intrinseca, a alla RAI che li racconta, per chi è pensato e a chi è dedicato?

A tutti, perché per chi ha vissuto una parte o tutti gli eventi narrati, è un grande gioco della memoria, un modo per riportare a se stessi pezzi di vita vissuti, per i giovani è un modo per entrare in una storia della quale hanno probabilmente solo sentito parlare, utilizzando uno strumento, un linguaggio e tempi che assomigliano alla comunicazione moderna. Il programma ha avuto un indice di ascolto molto elevato, reazioni che mi hanno piacevolmente stupito, segno che il racconto ha funzionato  da tutti i punti di vista e per tutte le generazioni.

Come pensa sia apparsa la prima edizione straordinaria in quella straordinarietà che era già data dal mezzo televisivo?

Dal 1954 in poi, quando si girava in pellicola, poi si montava e i telegiornali erano condotti da annunciatori, la prima vera edizione straordinaria è quella che annuncia la morte di Papa Giovanni XXIII, il 3 giugno 1963. E’ la prima volta in cui si interrompono i programmi, irrompe l’informazione seguita dalla sospensione delle trasmissioni, un paradosso oggi inimmaginabile perché se ci fosse una notizia di quelle proporzioni, si andrebbe avanti per giorni con maratone informative. In quella prima, vera edizione straordinaria, fu data la notizia e si interruppero le trasmissioni televisive in segno di lutto. Siamo all’inizio degli anni ’60, la televisione ha quasi 10 anni, si è stabilizzata, è entrata nelle case di gran parte degli Italiani e da lì comincia una crescita della presenza dell’informazione sino al punto in cui siamo oggi,  un flusso ininterrotto nel quale le edizioni straordinarie sono poche, perché è talmente tanta la quantità di informazione offerta da tutte le reti, che non si fa in tempo a fare una edizione straordinaria.

Cosa ha rappresentato la RAI degli esordi per l’Italia e gli Italiani?

E’ stato uno dei fattori essenziali della modernizzazione del nostro Paese, insieme alla scolarizzazione di massa che arriverà qualche anno dopo con la scuola dell’obbligo. Attraverso la televisione gli Italiani hanno imparato a leggere e a scrivere, ad amare i grandi classici con il valore di divulgazione popolare che hanno avuto i grandi sceneggiati RAI come i Promessi Sposi, David Copperfield, Anna Karenina. L’Italia, mentre smetteva progressivamente di essere un Paese a prevalenza agricola e diventava un Paese a prevalenza industriale, assumeva linguaggi e una attenzione alla conoscenza che era sconosciuta nei tempi in cui l’analfabetismo era molto diffuso.

“Edizione straordinaria” che Italia racconta?

Racconta non solo l’Italia ma anche il mondo, perché le Edizioni Straordinarie narrano anche i grandi eventi internazionali. Mi interessava spostare l’attenzione sul punto di vista dello spettatore, per ritrovare il modo in cui queste notizie erano state percepite quando c’era prevalentemente la televisione a informare. Di qui la scelta linguistica, senza interviste, speaker, voci di commento, senza avere nulla che interrompesse il racconto serrato del modo in cui gli Italiani hanno conosciuto la storia.

I grandi eventi italiani e internazionali sono stati sempre raccontati con prontezza e correttezza dalle Edizioni Straordinarie o ci sono state omissioni, sottovalutazioni, una qualche forma di deroga alla missione informativa della televisione?

Si, in qualche caso indubbiamente. Quando il 27 gennaio 1967 il cantautore Luigi Tenco si suicidò a Sanremo, la prima volta che la notizia viene data è il pomeriggio successivo, nel telegiornale delle 17 come ottava notizia, con un testo che diceva “Il festival di Sanremo continua nonostante la tragica morte del cantautore Luigi Tenco”. Non era certo questo un modo corretto di fare informazione, come non lo fu la notizia dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli, data come settima notizia nel telegiornale, secondaria perfino all’informazione sull’ interruzione di luce elettrica in un quartiere di Roma. Ci sono stati casi in cui le notizie sono state coperte, nascoste ma in generale si può dire che la RAI è stata molto efficace e potente nel racconto della realtà. Scorrendo le immagini si vedono anche giornalisti giganteschi, da Sergio Zavoli, Andrea Barbato, Paolo Frajese, a una generazione di conduttrici in cui c’erano Lilly Gruber, Mariolina Sattanino, Carmen Lasorella, Lorenza Foschini, Tiziana Ferrario.

Erano giornalisti giganti o era gigante un giornalismo che senza mezzi era capace di raccontare anche l’inenarrabile?

Quel tipo di giornalismo ci faceva più impressione perché era l’unica fonte di informazione, affidata a volti e voci familiari perché erano le uniche. Oggi c’è una tale coriandolizzazione dell’informazione che è molto difficile legarsi, affezionarsi e anche i tempi di racconto sono talmente accorciati dalla velocità della comunicazione che quel tipo di cronaca che allora veniva messo in campo dai giornalisti e che aveva bisogno di tempo e di una distensione meno concitata, rappresenta un giornalismo che oggi farebbe più fatica.

Con quale parametro sono state selezionate le immagini per costruire il racconto che copre quasi 70 anni di storia?

Ci sono gli eventi principali, non tutti altrimenti si sarebbero dovuti realizzare più programmi. Ho fatto una selezione guidata da una doppia idea, gli eventi più importanti per il fatto in sé ma più importanti anche per il modo in cui venivano raccontati. In alcuni casi abbiamo lasciato anche i programmi di intrattenimento che venivano interrotti dall’edizione straordinaria, perché anche quello dà il senso dell’irrompere dell’informazione.

Suo padre, Vittorio Veltroni, è stato il direttore del primo telegiornale RAI e lei è stato abituato, fin da piccolo, alla storia raccontata dalla televisione, una storia di cui ha scritto pagine importanti con il suo impegno politico. Ma cosa prova lo spettatore Walter Veltroni di fronte allo scorrere delle Edizioni Straordinarie?

Questo lavoro è stato uno dei più belli che abbia mai realizzato perché ho visto decine e decine di ore di programmi e telegiornali, facendo un viaggio nella memoria, nel racconto della vita, delle persone e degli eventi.  E’ stato bello e soprattutto coinvolgente, forse anche per le ragioni familiari che ricordava, seppur concentrate nei primi due anni della televisione, dal 1954 al 1956, ma in generale è stato davvero molto piacevole.

L’edizione straordinaria che le sarebbe piaciuto vedere e che non ha trovato?

Mi sarebbe piaciuto che ci fosse stata un’edizione straordinaria per la morte di Luigi Tenco, per rispetto di quel ragazzo per il quale non solo non è stata fatta l’edizione straordinaria, ma è stata anche buttata via la sua esibizione di quella sera a Sanremo.

Le Edizioni Straordinarie oggi che ruolo hanno?

Minore perché c’è un tale flusso di informazioni che non c’è quasi più bisogno di edizioni straordinarie, che vanno all’interno di telegiornali che si susseguono l’uno dopo l’altro. E’ cambiato tutto perché fino al 1968 il primo telegiornale della RAI era nel pomeriggio, alle ore 17. Solo dal ‘68/’69 inizia il telegiornale delle 13.30, condotto in studio da Piero Angela, Andrea Barbato, Jas Gawronski, persone che hanno fatto la storia della televisione. Oggi non c’è un momento in cui, su qualche canale, non ci sia informazione. E’ già straordinaria l’informazione, quindi c’è  meno bisogno delle edizioni straordinarie.

Perché avverte il pericolo di un presentismo senza memoria?

Perché viviamo in un tempo in cui ci viene detto che il passato è inutile e il futuro è pericoloso. Ci fanno vivere in una specie di frullatore che dura 24 ore, nel quale tutto diventa importantissimo e poi, il giorno dopo, nessuno si ricorda di cosa si stava parlando. Trovo sia un modo per istupidire il genere umano.

Edizione straordinaria è un documentario o un film?

La definizione è per me molto difficile anche perché il confine è sottile. Non necessariamente i film devono essere di finzione. I film di Rosi non sono di finzione eppure sono film.

Può essere definito un docufilm?

No, perché il docufilm in generale prevede una parte di fiction all’interno di un racconto fondato sul reale.  Edizione Straordinaria è un film documentario.

Un film documentario con la colonna sonora di Danilo Rea che racconta anch’essa la storia delle Edizioni Straordinarie

Tutto il film è stato realizzato in RAI, montato in RAI, con personale RAI, con tutte le ricerche effettuate dai ricercatori della RAI e anche a Danilo Rea ho chiesto di lavorare sulle sigle dei telegiornali, di cui ha realizzato un medley con la sua straordinaria capacità.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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