L’immagine iconografica dello street artist evoca personaggi creativi che agiscono nell’ombra, in maniera estemporanea e realizzano graffiti su spazi pubblici, mettendoci la mano e nascondendo la faccia. Il mistero che circonda l’identità di Banksy, lo street artist più famoso al mondo e tutti gli artisti che a lui si ispirano, racconta una storia che si intuisce ma non si svela. MAUPAL, l’artista italiano annoverato da una prestigiosa rivista d’arte americana, tra i più significativi e influenti esponenti della street art mondiale, oltre la mano che lascia il segno grafico, ci mette faccia, nome, cognome e indirizzo. Su MAUPAL, acronimo di Mauro Pallotta, nato a Roma, cresciuto a Borgo Pio, il quartiere che abbraccia il Vaticano, si sa tutto. È andato a scuola dalle suore a un passo dai Musei Vaticani, ha frequentato il Liceo Artistico di zona, si è laureato all’Accademia delle Belle Arti, ha cominciato a dipingere e a esporre, frequentando gallerie, musei, fiere e collezioni, per poi decidere un giorno di scendere in strada. E non per fare una passeggiata.
Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi lo incontrano per capire cosa accade quando un artista irregolare incrocia un Papa singolare, lo disegna come un super eroe e comincia a portare in tutto il mondo la sua arte, fino ad allora nata e nota solo all’ombra del Cupolone.
Perché un artista decide di scendere in strada a realizzare le sue opere?
Il disegno è una forma di linguaggio, alternativo e universale, la migliore forma di comunicazione possibile oggi amplificata dai canali social. Se ora scendo in strada e faccio un disegno sotto casa mia, dopo 5 minuti passa un turista straniero, lo fotografa, lo posta sui social e in un quarto d’ora anche chi vive in America, Australia e in Africa può vederlo.
Le civiltà antiche scrivevano sui muri, i graffiti ritrovati a Pompei hanno permesso la ridatazione dell’eruzione del Vesuvio, i bambini disegnano ovunque. La street art appartiene all’uomo come esigenza istintiva?
La street art intesa nell’accezione contemporanea, nasce negli anni ’60 e parte dagli Stati Uniti ma in realtà esiste da sempre, perché lasciare un segno su un muro capace di travalicare i tempi, è un’esigenza che appartiene all’umanità di ogni epoca, perché è innata in ciascun essere umano.
MAUPAL ha realizzato molte opere di impegno sociale. A ogni opera affida un messaggio?
Assolutamente si, altrimenti non scenderei in strada. Se dovessi solo fare un’esercitazione pittorica di percorso stilistico, resterei nel mio studio a dipingere su tela. Se decido di realizzare un’opera in strada è perché questa deve contenere un messaggio, che spesso è un ossimoro grafico perché non necessariamente devo esprimere il mio parere su un tema. Il mio obiettivo è quello di aprire gli occhi e accendere le menti su un argomento, per scuotere dalla pigrizia e dall’indifferenza. Creo ossimori grafici che possono esaltare un’idea o il suo contrario, ma certamente catalizzano l’attenzione degli osservatori. Quando si fa street art è fondamentale metterci dentro un’interpretazione e quindi un messaggio.
Una volta sceso in strada, quando sente che ha davvero raggiunto il suo obiettivo?
Quando affronto un argomento con un disegno che farò direttamente sul muro o che attaccherò, il mio obiettivo è stato già raggiunto. Valuto attentamente ogni iniziativa prima di realizzarla proprio perché sono consapevole che farà clamore e comporterà conseguenze, positive o negative. Fondamentale è la scelta del luogo dove realizzare il disegno, perché se l’opera Super Pope, che ha fatto il giro del mondo, l’avessi realizzata in un piccolo paesino dell’Ungheria, forse nessuno se ne sarebbe accorto, ma facendola a 20 metri dal Vaticano, ha avuto un’eco planetaria. Il luogo fa parte dell’opera.
MAUPAL dipinge e attacca sui muri. Con quale tecnica realizza le opere?
Con la stick-art. Dipingo su carta, la ritaglio e poi velocemente incollo sul muro. La velocità è necessaria perché la street art non sempre è permessa e legalizzata. Quando il disegno mi permette velocità perché è piccolo e semplice, dipingo direttamente sul muro ma generalmente cerco comunque di evitare, anche per una questione di rispetto, perché non voglio deturpare un muro che altri poi dovranno ripulire. Se attacco un foglio di carta, questo si può togliere con facilità, è sufficiente un po’ di acqua calda. La street art è comunque effimera, sia che si disegni sul muro sia che si attacchi un foglio. Il mio interesse non è quello di creare qualcosa che duri nel tempo, ma che sia capace di attirare attenzione su un certo argomento, in un preciso momento. Le mie opere sono dettate dall’attualità.
Come si rapporta con la gente comune che passa mentre disegna sui muri? Chi la guarda come reagisce?
Chi pratica arte urbana, vive pienamente la strada. Io sento la febbre sociale, parlo con tutti, sono consapevole che dipingere qualcosa su un muro che non mi appartiene, è un’invasione e potrebbe dar fastidio. Quando decido l’argomento e il luogo dove realizzare l’opera, cerco il dialogo con le persone che vivono quel luogo, perché la street art deve essere condivisa dove viene praticata. Solo quando capisco che quello che sto per fare migliora e non peggiora la situazione, realizzo l’opera, altrimenti rinuncio.
È un rapporto responsabile con la città che rende la sua arte urbana autentica arte pubblica. Come è il rapporto con le amministrazioni comunali e con le istituzioni di riferimento? Si chiedono permessi, ci sono spazi definiti o è l’artista che sceglie dove esprimere la propria creatività?
In realtà io non nasco street artist, non ho cominciato dipingendo graffiti sui treni o sulle metropolitane. Il mio percorso artistico è classico, sono uscito dall’Accademia delle Belle Arti e ho cominciato a dipingere collaborando con gallerie e musei. A un certo punto, nel 2014, decisi di realizzare la mia prima opera in strada, totalmente inconsapevole delle conseguenze di un atto che per me nasceva come una goliardata ma che si inseriva in un mondo, quello dell’arte urbana, che non conoscevo. La mia prima impressione fu allora che gli amministratori delle città fossero ufficialmente contrari, ma privatamente tutti molto attratti dalla street art. Con il tempo anche in Italia, soprattutto negli ultimi 20 anni, come era già successo negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Francia, si è capita la potenza di questo genere artistico, oggi considerato efficace mezzo di abbellimento per quartieri degradati. Occorre fare una distinzione importante tra opera commissionata e opera spontanea. L’opera commissionata da un amministratore pubblico è controllata, anticipata con un bozzetto, concepita su un argomento dettato e imposto, quindi non è spontanea. La street art con cui io amo esprimermi è invece basata sul momento e se scelgo un argomento di attualità, il cui interesse scomparirà nello spazio di una settimana, non è pensabile né possibile chiedere un permesso che arriverà tra un anno o forse mai. Pertanto realizzo l’opera in maniera illegale, assumendomi consapevolmente tutti i rischi e i pericoli. La creatività non può essere imbrigliata dalla burocrazia, perché l’opera perderebbe completamente ogni significato.
MAUPAL è figlio di Roma, più precisamente della Roma papalina di Borgo Pio, ha visto succedersi 3 Papi, fino a quando ha incontrato sul suo percorso di artista irregolare, un pontefice singolare come Papa Francesco. Da lì che storia comincia?
Sono nato e cresciuto all’ombra del Cupolone, dove la mia famiglia risiede da generazioni. Quando è stato eletto Papa Francesco, ho capito subito che quest’uomo umile avrebbe procurato una scossa, non religiosa ma politica, alla Chiesa. Ho voluto sottolineare come abbia saputo rispolverare e riproporre i valori cristiani più autentici, dedicandogli la mia prima opera di street art, disegnandolo come un Super Pope, un super eroe, semplice e umile, con un po’ di pancia e gli occhiali da vista, che volava come Superman con la borsetta nera che porta sempre in viaggio con sé, con su scritto Valores, da cui fuoriusciva la sciarpa della sua squadra di calcio del cuore, il San Lorenzo de Almagro. Ho inserito il riferimento al calcio perché apprezzo che Papa Francesco include tra i Valores anche i valori terreni. Penso sia il Papa giusto al momento giusto.
Tutte le opere che ha dedicato al Papa sono diventate virali e hanno fatto il giro del mondo. Il Papa che gioca a filetto cosa racconta?
Il Papa che gioca a tris sulla scala nasce in un contesto particolare che riporta all’invasione della Crimea da parte della Russia e alle conseguenti discettazioni su come fermare Putin. Papa Francesco, in quel periodo, nei suoi interventi parlava sempre e solo di pace e dialogo e io pensavo che se fossi stato il Papa, avrei fatto sicuramente come lui. Solo che non lo ero, allora ho deciso di far diventare il Papa uno street artist, portandolo idealmente in strada, disegnando una guardia svizzera che gli fa da palo e controlla se arrivano le autorità, mentre di nascosto Papa Francesco si arrampica su una scala messa volutamente al contrario, per sottolineare la difficoltà di raggiungere la pace, mentre gioca a tris, l’americano Tic Tac Toe, e vince con il simbolo della pace, indicando al mondo qual è la via vincente. Era questo il messaggio che volevo far arrivare.
Quando ha incontrato personalmente Papa Francesco le è parso somigliante alle sue opere?
La prima volta che l’ho visto da vicino, incontrandolo casualmente mentre passeggiavo con il mio cane davanti Porta Sant’Anna, all’entrata del Vaticano, all’inizio del suo pontificato quando in modo un po’ ribelle, continuava ancora a uscire da solo senza scorta, sono rimasto sconvolto per la somiglianza fisica con mio nonno Carlo. E questo ha contribuito a rendermelo ancora più simpatico. A gennaio 2014 la mia opera del Super Pope arrivò su tutti i giornali del mondo, perfino in Afghanistan e dopo un po’ di tempo, fui invitato a una udienza del Papa il mercoledi a Piazza San Pietro. In quella occasione abbiamo fatto una veloce conversazione e gli ho regalato l’opera prima del Super Pope, realizzata su un legno grezzo, scelto per rappresentare simbolicamente la sua semplicità e umiltà. Papa Francesco mi ha fatto un complimento, accompagnandolo con un buffetto sulla guancia, quello che a Roma si chiama “scappellotto”. Qualche anno dopo mi è stata commissionata, dalla Diocesi di Albano Laziale, un’opera sull’Enciclica Papale “Laudato si”. L’ho realizzata facendo calare Papa Francesco dal cielo, con le corde, come i pulitori acrobati dei grattacieli di NY, per pulire il mondo da smog e inquinamento. L’opera è stata inaugurata in occasione della visita di Papa Francesco ad Albano Laziale. Il Papa mi ha accolto sul sagrato della Cattedrale, mi ha ringraziato per l’idea dicendo che però lui era in sovrappeso e non riusciva ad arrampicarsi in cielo. Era un periodo in cui il Papa non stava molto bene e come buon auspicio, gli ho regalato quella che a Roma è chiamata “la canottiera della salute”, che ha accettato con piacere.
È quello che succede quando un artista irregolare incontra un Papa singolare?
Mi piace molto questa definizione! La mia carriera artistica nella street art, deve molto alle opere che ritraggono Papa Francesco.
Le sue opere viaggiano nel mondo, ma anche lei viaggia tanto, lasciando ovunque il segno. A Londra ha lasciato Yoga Queen. Perché?
Mancavano 3 giorni al referendum scozzese, con la possibilità che la Scozia uscisse dalla Gran Bretagna. La Regina non aveva detto una parola sull’argomento, rimanendo in silenzio per settimane. Io ho immaginato la Regina Elisabetta II mentre fa yoga, medita e levita sui fumi del the inglese, ma dalla teiera fuoriesce la targhetta del the con la bandiera scozzese e dietro di lei c’è lo slogan della metro londinese “Mind the gap”, che avvisa di fare attenzione al vuoto tra la banchina e il treno, rivolto in questo caso agli Scozzesi. Ho realizzato l’opera, che sintetizza tutto quello che stava succedendo, a Brick Lane, il quartiere a est di Londra famoso per la street art.
Roma è da anni una delle capitali mondiali della street art. E’ merito della creatività degli artisti, è una città che ispira o c’è anche altro?
La street art nasce e vive come forma di rivalsa nei confronti di problematiche sociali. E’ per questo che attecchisce nelle periferie delle grandi città occidentali, dove c’è più bisogno di lanciare messaggi e portare bellezza. Roma evidentemente ha bisogno di street art, anche se io credo che un dipinto non può certo risolvere i problemi della periferia, dove servirebbero servizi sociali che sono spesso carenti. La street art non può risolvere problemi sociali ma riesce comunque ad accendere i riflettori.
Cosa accomuna l’Occhio di Pasolini che ha dipinto al Pigneto, con lo sguardo della ragazza afghana, “Con San Pietro negli occhi” che ha realizzato a Borgo Pio?
Nel riflesso degli occhi di entrambe le opere, ho voluto posizionare il mio messaggio. L’occhio inquieto e intelligente di Pasolini ha uno sguardo dipinto in bianco e nero, con acqua sporca, e ha nella pupilla la luce riflessa con la forma dell’Italia geografica, perché Pasolini ha individuato, con 40 anni di anticipo, quali sarebbero stati i problemi della nostra Italia. Ho voluto ricordare questo grande intellettuale che ha avuto una visione prospettica infinita. La donna afghana ha riflesso lo skyline di Roma vista dalla Cupola di San Pietro, di fronte alla quale ho realizzato l’opera, nel periodo in cui Al Qaida diceva “arriveremo a Roma”.
Le sue opere tracciano la storia, sociale e politica, degli ultimi anni. Perché ha fatto raccontare la pandemia a Tom & Jerry?
Gene Deitch, l’inventore di Tom & Jerry, è morto proprio quando è comparsa la regola del metro di distanza da mantenere in pandemia. Ho fatto sì che il topolino, costantemente inseguito, dicesse al gatto di stare a distanza di un metro per motivi superiori. Ora li ho riproposti in occasione del Green Pass, il gatto dice FERMO al topolino che è però munito di Green Pass e per lui Fermo diventa solo un capoluogo di provincia e non più un verbo imperativo.
Ha disegnato la Lupa, simbolo di Roma, che si morde la coda. Siamo messi così male?
La Lupa si morde la coda per i troppi problemi che ha e i due gemelli Romolo e Remo non riescono più a essere allattati dalla mamma in difficoltà e sono costretti a emigrare all’estero, partendo con i trolley verso altre capitali che possano garantire loro un futuro migliore. E’il tema della fuga dei giovani che interessa tutta l’Italia.
MAUPAL, le mancano musei, gallerie, fiere e collezioni?
Reputo fondamentale il ruolo che hanno critici d’arte, musei e gallerie nell’aiutare gli artisti, perché senza loro solo chi è già ricco potrebbe praticare arte a tempo pieno. Io non ne sento la mancanza, anche perché attraverso i miei canali social e il mio sito web tutti possono seguire la mia arte, vedere e acquistare le riproduzioni delle mie opere, stampate su carta, in edizioni limitate.
Se un’opera di MAUPAL piace sia al popolo della strada sia al mainstream, c’è qualcosa che non torna o tutto quadra?
Se un’opera piace al popolo della strada e a tutto il mondo che gira intorno all’arte, o c’è qualcosa che non torna, o quadra tutto o hai trovato proprio la soluzione.