L’anno in cui ricorre il settecentesimo anniversario dalla morte di Dante sarà ricordato per la molteplicità delle iniziative organizzate per celebrarlo. Sarebbe interessante riunirle tutte in un almanacco, una sorta di mappa in cui orientarsi, con Dante e grazie a Dante, in nuovi percorsi conoscitivi perché ciò che emerge con evidenza è che Dante non ha ancora finito di parlare. La sua opera è un libro aperto su infinite possibilità di riflessione che si rinnovano e aggiornano costantemente.
Ci sono molti modi per avvicinarsi a Dante, c’è chi lo conosce e lo recita a memoria, chi lo incontra nei brani della musica rap e trap e chi lo interpreta nelle sculture di un artista. Giorgio Colangeli, tra i pochi attori ad aver imparato tutta la Divina Commedia a memoria, è protagonista, al Teatro Argentina di Roma, di un’impresa fantastica e titanica che consiste nel recitare tutta la Divina Commedia a memoria, sul palco del teatro, in 9 appuntamenti in ciascuno dei quali declamerà 11 Canti diversi, dal 15 novembre al 13 dicembre, dedicati a un pubblico di ogni età e formazione.
Giorgio Colangeli considera la sua impresa come un necessario esercizio mnemonico utile a ogni attore, sottolineando il carattere autenticamente popolare del poema, recitato nei secoli anche dalle persone di modesta cultura
“perché imparare a memoria è un modo infantile e primitivo per impadronirsi di un testo che piace e di cui tutti avvertono la suggestione dei versi”.
In un tempo in cui l’esercizio di memoria appartiene poco alla vita quotidiana, siamo incapaci perfino di ricordare un numero di telefono, e al mondo dello spettacolo, dove regna sovrano “il gobbo” suggeritore, il Dante recitato a memoria di Giorgio Colangeli è una iniziativa lodevole, che favorisce l’incontro con il Sommo Poeta e la vitalità della sua poetica e dei suoi pensieri. Ma se i versi di Dante rimandano naturalmente alla recitazione, come incontrano le manifestazioni avanguardistiche della musica rap e trap?
La forza del Sommo Poeta sta proprio nello stupire con nuove rivelazioni. Ernesto Assante, critico musicale di Repubblica, studioso di linguaggi musicali e autore di autorevoli pubblicazioni, decano dei giornalisti musicali, ha individuato tracce dei versi di Dante nelle composizioni dei giovani rapper e trapper.
Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi lo hanno incontrato in occasione del convegno “Infinito Dante” organizzato a Roma dalla Comunità Radiotelevisiva Italofona.
Ernesto Assante
Dante può essere rap e trap?
Credo di sì. Anche se può sembrare un’esagerazione, penso che il ritorno alla rima e alla parola scandita e verseggiata del rap e della trap degli ultimi anni, in qualche modo, magari inconsapevolmente, debbano qualcosa al verso dantesco, alla narrazione dantesca, al modo di mettere insieme storie reali e al tempo stesso retoriche. Credo che in qualche modo Dante sia arrivato fino ai giorni nostri anche attraverso strade insospettabili.
Nella lingua parlata e rappata delle nuove generazioni c’è un ritorno alla rima e alla metrica. I giovani conoscono così bene Dante?
Il fatto che Dante si studia a scuola, sedimenta un certo modo di rapportarsi al verso e alla parola in tutti noi e questo è inevitabile anche per quelli che lo hanno dimenticato il giorno dopo che hanno smesso di frequentare la scuola e che magari non lo hanno più incontrato all’università o in generale nella vita. Ma in realtà Dante è molto più presente di quanto a noi sembri, esiste nel mondo dei videogiochi che hanno ampiamente utilizzato il materiale dantesco rappresentandolo in tante forme diverse, esiste in mille riferimenti della letteratura anche fantasy, è un universo di cultura che non è mai uscita dalla realtà dei giovani italiani ed europei e che abbiamo portato con noi, nel nuovo millennio, con buoni risultati. Il ritorno alla rima e alla metrica, nel rapporto tra la lingua parlata, rimata e rappata dai ragazzini, con Dante che fortunatamente ancora studiano a scuola, resta e c’è.
Cosa intende per rivoluzione giovanile culturale che è in corso?
Agli inizi degli anni Duemila si dipingevano i ragazzi come sdraiati e bamboccioni, con poca voglia di lavorare, disinteressati alle iniziative imprenditoriali, in attesa di una sistemazione e possibilmente di un posto fisso per tutta la vita. Oggi sta succedendo esattamente il contrario, lo dimostrano i Maneskin con il loro successo, così come gli sprinter italiani che vincono i 100 metri alle Olimpiadi senza essere né americani né giamaicani, lo dimostrano i molti ragazzi in giro per l’Italia che hanno vinto le medaglie alle Olimpiadi e alle Paraolimpiadi e lo dimostrano i ragazzi della musica, raccontando storie con linguaggi musicali loro che sono profondamente diversi da quelli dei fratelli maggiori.
Cosa sta accadendo nel mondo della musica?
Se si guarda con attenzione al mondo della musica, si scopre che le nuove generazioni sono magnificamente e intellettualmente vivaci, anche se le parole possono sembrare esagerate rapportate a un esercito di rapper e trapper che non fanno particolare sfoggio di approfondimento culturale. In realtà è in corso un cambiamento nell’uso della lingua e del linguaggio che a livello giovanile non accadeva nel nostro Paese da molti decenni. Le cose stanno cambiando anche se non tutto quello che suonano i ragazzi italiani è veramente interessante ma certamente c’è un’intera generazione che si applica a usare la parola, anche se in maniera strana, nuova, in molti casi scorretta. La generazione degli ultimi rapper e trapper sposta gli accenti e forza le parole, per comodità, per farle andare in metrica e in rima. L’ esperimento è interessante e sta provocando un’attenzione dei ragazzi per la lingua che prima non c’era. Il fatto che i ragazzi possano modificare la lingua per riuscire a dire quello che sentono e vogliono, in rima e in metrica, porta verso un universo poetico che dagli anni Settanta in poi era stato dimenticato. Il rap e la trap obbligano a lavorare sulla parola, anche a commettere errori per poterla forzare, ma la forzatura è un apprezzabile segno di vivacità culturale della gioventù italiana che non si vedeva da almeno trenta o quaranta anni.
Oggi che musica c’è?
C’è tanta musica nuova italiana originale, fatta da adolescenti e ragazzi che fino a cinque, sei anni fa non c’era. E questo è il segno di una nuova vivacità culturale.
Dante esiste nella cultura moderna musicale anche rap e trap può essere una sintesi?
È una sintesi interessante e anche in grado di incuriosire chi Dante lo frequenta molto poco o lo ricorda poco dai tempi della scuola, perché le canzoni di oggi raccontano storie spesso complesse, dure, in dialetto, con una lingua più parlata e meno colta, ma in realtà i riferimenti che hanno sono sempre molto ampi e fantasiosi. Sta crescendo una realtà molto bella e nuova dove in qualche modo credo che l’eredità dantesca si possa trovare.
Carla Scicchitano
Dante recitato, rappato ma anche interpretato nelle opere di Pietro Canonica, scultore che tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento ha realizzato opere per le più importanti famiglie aristocratiche e le principali Corti europee, costruendo una propria idea di Dante. Lo racconta Carla Scicchitano, curatrice della mostra “Dante nelle sculture di Pietro Canonica”, allestita al Museo dedicato all’artista a Villa Borghese, illustrando come possono essere interpretati i segni e i simboli della poetica dantesca, rintracciati nelle opere dello scultore.
Dante Canonica cosa racconta?
Racconta le tracce di Dante che si possono trovare nelle opere di Pietro Canonica, sia in quelle in cui sono più evidenti e vediamo raffigurato il Sommo Poeta, sia in quelle in cui l’impresa di rintracciare segni di Dante richiede studi più approfonditi.
La mostra come si articola?
Si declina lungo tre sezioni, una dedicata all’Amore con Paolo e Francesca rintracciati nella scultura intitolata L’Abisso, due amanti avvinghiati in un abbraccio d’amore tormentato, con il busto di Beatrice che rimanda alla donna amata dal poeta e sublimata come spirito guida. Il secondo tema rappresentato è quello della passione politica che Dante, come Guelfo bianco, visse con molta partecipazione civile e per la quale finì in esilio politico a Ravenna dove morì nel 1321. Un ‘opera emblematica di passione politica è il Bozzetto per il Monumento a Vittorio Emanuele II, che fa parte della collezione permanente del Museo Pietro Canonica, un prototipo prezioso nonostante non si sia poi realizzato, perché è un’idea di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. La proposta di Pietro Canonica non fu accolta perchè nel grande dibattito se scegliere figure allegoriche o figure storiche, l’artista scelse di rappresentare sull’Altare della Patria il Gruppo della Breccia di Porta Pia con i Bersaglieri che entrano nelle mura e il Gruppo del Plebiscito, a ricordo di quando il popolo romano votò con plebiscito e si passò dalla forza alla legalità, sancendo l’annessione di Roma allo Stato italiano. La proposta del Canonica non fu accettata, ma il bozzetto è importante perché all’interno di questi temi, l’artista inserì il tema di Dante, raffigurato tra la Dea Roma e il Gruppo dei Bersaglieri, in uno schiacciato appena rilevabile, ma significativo, con il braccio teso a indicare ai soldati la Dea Roma, l’unità e la capitale, una immagine che finalmente concludeva il lungo processo iniziato con il Risorgimento.
Trovare Dante nelle opere di Pietro Canonica cosa richiede?
Uno studio approfondito e una conoscenza profonda del Sommo Poeta e dello scultore, per cogliere segni e simboli e offrire gli strumenti per una nuova lettura. Il Cofano Portabandiera, contenente la bandiera di combattimento della nave corazzata Dante Alighieri, orgoglio dei nostri cantieri navali, che Canonica realizzò nel 1911, non è soltanto un’opera pregevole di legno dorato e bronzo che dimostra l’abilità tecnica dello scultore, ma è anche un atto d’amore dell’artista verso l’Italia e verso Dante, poeta letto e amato fin dalla giovinezza. Il Cofano, denso di segni e simboli, è uno scrigno prezioso di poetica dantesca. Riporta la raffigurazione bellissima di Dante in mezzo a due mari, tra Genova e Venezia, le due gloriose Repubbliche marinare. La composizione dell’ultima Sala ha richiesto uno studio più complesso per rintracciare le corrispondenze, alcune assolutamente precise nello stile, nell’espressione, nelle scelte di alcuni temi e iconografie, tra i versi di Dante e l’opera di Pietro Canonica.
La mostra propone una nuova prospettiva ma significa anche che Dante continua a parlare?
Continua a parlare e non ha ancora detto tutto. Dante ci ha consentito di leggere le opere di Pietro Canonica in un modo diverso, di approfondirle e di vederle sotto un’altra prospettiva e questa è stata la cosa più emozionante.
Quanto sono importanti le iniziative che celebrano il settecentesimo dalla morte di Dante?
Sono occasioni preziose per ricordare che Dante non è solo il padre della Patria e della lingua italiana, ma costituisce la colonna vertebrale della nostra storia e della nostra cultura.