Napoli e i suoi mille colori, le paure, il sole amaro, l’ardore del mare, la Napoli di Pino Daniele, na’ carta sporca e nisciuno se ne importa, assapora finalmente nuove attenzioni. La Cnn-Travel, il magazine di viaggi dell’emittente televisiva americana CNN, la inserisce, unica città italiana, tra le 22 migliori destinazioni turistiche da visitare nel 2022. Alberto Angela ne racconta le meraviglie e lo special televisivo “Stanotte a Napoli” trasmesso la sera di Natale, catalizza l’attenzione degli spettatori e pone Napoli al centro di una nuova riflessione. Avevamo un tesoro e non lo sapevamo?
Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano Maurizio de Giovanni, la penna di Napoli, lo scrittore curioso e affascinato dalla città che osserva e racconta, reinterpretandone la realtà ricca di sentimento e passione che colora di giallo e riempie d’amore. La sua scrittura, premiata con un Nastro d’argento, dà voce ai silenzi ed entra nei misteri di una città piena di colori. Le sue pagine, racconti, romanzi e testi teatrali diventano serie televisive di successo e parlano di Napoli a tutti perché, come scriveva Luciano de Crescenzo
“dovunque sono andato nel mondo ho visto che c’era bisogno di un po’ di Napoli”.
Ogni nuovo libro di Maurizio de Giovanni è atteso come un evento, i suoi personaggi entrano a far parte dell’immaginario collettivo e da verosimili diventano veri e in un tempo in cui tutto sembra procedere con fretta e urgenza, si torna a parlare delle storie lette o seguite in Tv, di cosa accadrà al commissario Ricciardi o ai Bastardi di Pizzofalcone, come si faceva una volta, quando si commentavano i gialli televisivi davanti a ‘na tazzulella ‘e cafè.
Maurizio de Giovanni, come accoglie questo riconoscimento a Napoli e ai suoi mille colori, da sempre nei suoi libri e in tutta la sua opera?
Sono particolarmente felice di questo riconoscimento perché da una decina di agnni Napoli affianca alle sue bellezze naturali, storiche, architettoniche e artistiche conosciute e consolidate, una vivacità e una verve culturale straordinaria. Mostre, concerti ed eventi di grande rilevanza, sia quelli che sono espressione della cultura popolare e coinvolgono il maggior numero di persone ma anche quelli di carattere più elitario per appassionati, rendono Napoli una meta di turismo culturale. E questo è molto importante.
La nuova primavera che Napoli sta vivendo è estesa a tutta la città?
Attorno a Napoli, nello spazio di una cinquantina di chilometri, ci sono Ercolano, i Campi Flegrei, Capri, Ischia, Procida, la Costiera amalfitana, la Costiera sorrentina, la Reggia di Caserta, la Reggia di Carditello, la Reggia di Portici e tanto altro ancora. Enogastronomia e bellezza artistica, letteratura e cinema con Napoli che è diventato uno dei set cinematografici più importanti in Europa, rendono questa città e le zone che la circondano, ricca di cose da fare e da vedere.
Le sue storie sono tutte ambientate a Napoli?
Tutte le mie storie sono ambientate a Napoli e prese dalla città dove vivo, scrivo e dalla quale non riuscirei mai ad andare via.
Le sue opere arrivano a tutti, a chi pensa “che i libri fanno solo polvere” e a chi li considera “l’arredamento della mente”. Come fa Maurizio De Giovanni a rendere realmente inclusiva la cultura?
Sono innanzitutto un lettore, conosco bene quanto sia importante la lettura nello sviluppo dell’immaginazione. Ogni altra forma di fruizione di una storia, guardando uno schermo o un palcoscenico, non ti consente di immaginare ma solo di vedere le cose come sono. Quando si legge un libro, sei tu che costruisci, arredi e completi le cose che stai vedendo. Lo scrittore mette i puntini e il lettore li unisce con le linee, come nella Settimana Enigmistica. La lettura è un lavoro, un’attività dove il fruitore della storia, il lettore, non è mai passivo perché completa il lavoro dello scrittore che a sua volta capisce che deve raccontare una storia facendo sì che i personaggi abbiano un valore autonomo. Io scrivo facendo sempre un passo indietro, mettendo me stesso come emozione e commozione mentre racconto i personaggi. Credo sia questa la chiave del successo delle mie storie.
I suoi libri diventano serie televisive di successo. Perché c’è tanto bisogno di racconti televisivi?
La difficoltà con cui abbiamo vissuto gli ultimi anni, mi ha portato a guardare molto in casa, intesa come luogo fisico e mentale, un posto dove esercitare il proprio pensiero. La pandemia ha comportato un rallentamento e un allungamento dei tempi in tutto. Ciò che prima relegavamo al cinema e al teatro, si è trasformato in serie televisiva, un prodotto che si allunga, ti fa compagnia per più tempo e ti permette di affezionarti ai personaggi. Vedere un film in due ore, affezionarsi a un personaggio e poi perderlo è diverso rispetto alla serie televisiva dove il personaggio si può tenere e seguire in più stagioni, approfondendone aspetti e atteggiamenti. La serie televisiva consente di affezionarsi di più al personaggio.
Oggi è un genere molto apprezzato
Credo che il tempo che stiamo vivendo sia anche il motivo per cui progressivamente i grandi attori e registi si siano fatti sempre più attenti alle serie, al contrario di quanto avveniva in passato quando dell’attore di serie televisive si pensava che non fosse riuscito a fare cinema. Oggi gli attori delle serie sono più importanti di quelli che fanno solo cinema, perché arrivano a più persone.
Il pubblico sembra aver proprio bisogno di alcuni personaggi…il commissario Ricciardi, i Bastardi di Pizzofalcone, Sara, Mina Settembre. Quale spazio o quale vuoto vanno a colmare?
Il romanzo nero è il romanzo sociale moderno, quello che esce dall’appartamento, dalle dinamiche strettamente interne e familiari e va per strada, a vedere il mondo come è diventato adesso. Il crimine è una chiave attraverso cui si può raccontare il mondo, lo è sempre stato e lo dimostra l’interesse popolare fortissimo, a volte parossistico nei confronti dei grandi delitti, quelli che scuotono la fantasia popolare. Il crimine è qualcosa che avviene quando non ci si ferma alle barriere etiche, quando queste si sfondano e si va dall’altra parte, dove ci sono sentimenti che proviamo tutti. Il sentimento che porta una madre a uccidere un figlio non è molto diverso da quello che prova una madre che ha pulsioni che però frena ed è ciò che succede alla stragrande maggioranza delle persone. La madre che frena il proprio pensiero non prova un sentimento molto diverso da chi invece non si frena. La cronaca racconta queste cose terribili.
Come si seguono questi accadimenti?
Seguire queste cose con dolore significa anche guardarsi allo specchio senza infingimenti, senza alcuna barriera ma con grande serenità.
Quanto è importante l’immedesimazione del pubblico in situazioni, personaggi e realtà territoriali che nascono a Napoli ma si fanno paradigma del racconto italiano?
Napoli è un grande laboratorio di sentimenti ed è sempre stata agli onori dei set cinematografici e televisivi, negli anni Cinquanta e Sessanta, ma anche nei decenni successivi. Napoli è una città stretta e densamente popolata, dove la gente vive a contatto, si parla molto e soprattutto si parla sempre. E’ una città dove non c’è privacy e io credo che la facilità di raccontarla derivi anche da questa sua natura molto comunicativa.
“Il silenzio è una brutta malattia” afferma la protagonista de Il Silenzio grande, ma lo è solo a Napoli o dappertutto?
Il silenzio è una brutta malattia del nostro tempo, è il differire le cose da dirsi, il rimandare, alzare il tappeto e buttare la polvere sotto. Io sono convinto che prima o poi tutto viene fuori e avvolge tutti nel freddo e nel gelo. “Il Silenzio grande”, un mio testo teatrale da cui Alessandro Gassman ha tratto un film, è una storia famigliare che racconta questi silenzi e una perdita che non è assenza.
Bettina la divina, una delle protagoniste de Il Silenzio grande, pone una domanda che giro a Maurizio De Giovanni…che lavoro è la scrittura?
Ho difficoltà a considerare lavoro la scrittura, perché ho conosciuto il lavoro vero, quello che devi fare tutte le mattine anche se non ne hai voglia. La scrittura è una scelta, come tutti i lavori creativi è a volte faticosa ma bellissima perché è come se mi pagassero per respirare. La scrittura è respiro.
C’è differenza tra la letteratura noir e gialla?
Il giallo è solo italiano perchè fa riferimento alla fortunata Collana dei Gialli Mondadori pubblicata dal 1929 in Italia. Per giallo noi intendiamo un mistero da risolvere, il romanzo nero è più genericamente quello che tratta di crimine anche visto dal crimine stesso. La crime fiction è la definizione più adatta che contempla al suo interno il legal triller, il medical triller, il noir, il poliziesco.
E’corretto definire i suoi romanzi gialli d’amore? Tra le sue pagine si incontrano protagonisti appassionati e si respira tanto amore
L’amore è molto pericoloso da maneggiare, siamo abituati a immaginarlo come ragione di felicità. Lo è sicuramente, ma può anche deviare dal proprio corso, prendere altre strade, infettarsi e diventare qualcosa di molto diverso. Ci sono cose atroci che alcune persone possono fare per amore, per desiderio di possesso, gelosia, ossessione, ci sono violenze fisiche e morali che derivano da un sentimento sbagliato che all’origine era amore. Raccontare l’amore significa anche affacciarsi su abissi di dolore e disperazione, quindi io credo che il mio genere sia sicuramente sentimentale ma non necessariamente dolce, anzi a volte terribile e atroce.
“L’equazione del cuore” è il titolo del suo libro di prossima uscita, ma come fa il cuore ad avere un’equazione? E’ il luogo del sentimento, molto distante dalla matematica…
Esiste un’equazione scoperta dal matematico inglese Dirac nel 1928 che fu per questo insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 1933. L’equazione di Dirac che è alla base della fisica quantistica sostiene che se due sistemi entrano in contatto e poi vengono separati, risentiranno per sempre l’uno dell’altro, perché dal momento in cui sono stati in contatto, non potranno essere più considerati due sistemi distinti. E’ un’equazione bellissima che racconta in termini matematici, con un linguaggio considerato asettico e distante, l’amore in generale, non quello di coppia. Sulla base di questa teoria ho fatto una narrazione più ampia che riguarda un professore di matematica in pensione e il suo nipotino.
E’ una relazione d’amore tra un nonno e un nipotino?
Si ma è anche la storia di un disgelo che racconta lo scongelare di un’anima.
Con “Il concerto dei destini fragili” ha raccontato il tempo di pandemia che stiamo vivendo
Si, è l’incontro di tre storie molto diverse tra loro che si incontrano alla fine di questo racconto, tre vite unite dalla pandemia sotto lo stesso denominatore. In realtà io non pensavo di raccontare la pandemia, ma una signora in fila al supermercato durante il primo lockdown, avendomi riconosciuto, mi chiese di farlo. Le risposi che forse non ero adatto perchè io scrivo gialli, storie di morti e lei mi fece notare che nel momento che stavamo vivendo c’erano le vittime, si svolgevano indagini per capire cosa stesse succedendo, tutti elementi per scrivere un giallo. Le ho dato ascolto.
Napoli è già un teatro e un palcoscenico dove la vita scrive le migliori sceneggiature. Chi racconta Napoli cosa fa?
Si guarda attorno in maniera spassionata, disposto a coinvolgersi e a commuoversi ma sempre tenendosi un passo indietro, osservando senza pregiudizi quello che succede, con grande tenerezza, nella comprensione che chiunque si comporta in un certo modo, lo fa perché ha dei motivi che vanno raccontati.
Quando scrive fotografa la realtà che vede o la inventa? Prevale l’empatia o l’immaginazione?
Fotografo la realtà che vedo e la reinterpreto alla luce della mia immaginazione. Riempio i vuoti, gli spazi che non vedo, perché sono interni ai pensieri, alle emozioni e alle passioni delle persone, li riempio con ciò che penserei se fossi al posto loro.
Quali sono i personaggi, diversi tra loro, che appartengono all’immaginario di tutti?
Il commissario Ricciardi è raccontato in 12 romanzi da cui è stata tratta la serie televisiva omonima ed è in preparazione la seconda, Mina Settembre la raccontano 3 romanzi, una serie televisiva e una seconda che stanno girando e i Bastardi di Pizzofalcone sono in 12 romanzi e tre serie televisive. Una serie originale “Ultimo spettacolo” sarà trasmessa su Rai 1 scritta direttamente come racconto televisivo.
Serie tutte diverse tra loro
Si, le serie devono essere diverse tra loro. Uno scrittore deve scrivere sempre cose diverse, per non diventare monocromatico.
Personaggi verosimili interpretati da attori molto amati che li rendono veri
Napoli ha la fortuna di avere una straordinaria classe di attori di assoluto valore. Lo racconta il successo delle serie di cui abbiamo parlato, ma anche L’Amica Geniale, Mare fuori, Gomorra, i film di Sorrentino, Martone e Costanzo. Tosca D’Aquino, bellissima e meravigliosa attrice, Serena Rossi, Massimiliano Gallo che interpreta il commissario Palma nei Bastardi e il professore ne Il Silenzio Grande, Antonio Milo e potrei continuare ancora.
Il racconto di Napoli all’estero è il racconto dell’Italia?
Umberto Eco diceva che Napoli senza l’Italia sarebbe stata uguale, mentre l’Italia senza Napoli sarebbe stata diversa. Napoli racconta molto dell’Italia.
Come vorrebbe che Napoli fosse vista da New York e come è l’America vista da Napoli?
L’America è il luogo dove si svolge il mondo, dove avvengono gli eventi, come è stata la Francia nell’Ottocento e l’Inghilterra nel Settecento. L’Italia guarda all’America con grande partecipazione perché è come guardare il nostro stesso film ma accelerato, vedere ciò che succederà da noi tra un certo numero di anni. Io vorrei che gli Americani, soprattutto gli Italiani d’America guardassero Napoli come un luogo da ricordare perché vi hanno sede tante passioni ed emozioni che fanno parte del patrimonio genetico di tanti di loro. Vorrei che considerassero Napoli un luogo in cui tornare.