Cos’è la videoarte, quando nasce, quali ambiti incrocia, attraverso quali sperimentazioni passa, come racconta la storia sociale della comunicazione dagli anni Sessanta a oggi e soprattutto qual è stato il ruolo dell’Italia nella sua diffusione anche a livello internazionale, sono i tanti motivi di interesse di una mostra visitabile Roma fino al 4 settembre, sul video e il cinema d’artista, il linguaggio artistico più recente, immediato e quotidiano. “Il Video rende felici. Videoarte in Italia”, è un progetto espositivo ambizioso, concretizzato con un impegno sinergico tra Ministero della Cultura -Direzione Generale Creatività Contemporanea, Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina e Azienda Speciale Palaexpo.
La grande mostra comprende 19 installazioni, oltre 300 opere, coinvolge più di 100 artisti e si articola in due importanti spazi espositivi romani, il Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale e la Galleria d’Arte Moderna in via Francesco Crispi. La realizzazione del progetto risponde alla necessità culturale di conoscere come gli artisti hanno utilizzato il dispositivo elettronico e digitale dagli anni Sessanta ad oggi, attraverso quali trasformazioni e quali mezzi. Il visitatore ha la possibilità di vivere una esperienza diversa rispetto a quella che lo pone solitamente davanti a uno schermo, può sentirsi dentro un dispositivo fatto di tecnologia, immagine e spazio fisico, può conoscere formati diversi, video monocanale, installazioni video, interattive e multimediali, scoprendo le evoluzioni dei linguaggi, delle tecnologie e dei formati.
La mostra è la prima ricognizione mai realizzata sulla produzione di videoarte e cinema d’artista in Italia, uno dei più interessanti terreni di sperimentazione della ricerca visiva e audiovisiva contemporanea che costituisce un patrimonio artistico e culturale consistente ma ancora non adeguatamente conosciuto e apprezzato. Un volume edito dalla Treccani accompagna il progetto, completando il viaggio del visitatore nel mondo, affascinante e complesso, della videoarte.
Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano la curatrice Valentina Valentini, il Direttore della Direzione Generale Creatività Contemporanea Onofrio Cutaia e la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli.
Valentina Valentini
Che territorio è quello della Videoarte?
E’ un territorio ibrido dove bisogna essere strabici e attraversare la storia dell’arte, il cinema, la televisione, la danza, il teatro perché il video è stato uno strumento utilizzato in diversi specifici disciplinari, quindi la sua specificità è quella di non avere un linguaggio specifico, ma di attraversarlo e di inventarne uno nuovo. In questo senso è più difficile studiare il video rispetto al cinema o alla storia dell’arte. Sappiamo che con le tecnologie l’immagine fissa non è più l’unico paradigma con cui ci confrontiamo, perché l’immagine in movimento, il suono, l’elaborazione dell’immagine al computer, fa parte della nostra contemporaneità.
La mostra cosa racconta?
Nella mostra abbiamo cercato un aggiornamento sugli ultimi ritrovati tecnologici, curando l’aspetto artistico e l’aspetto storico, per raccontare come è cambiata la pratica videografica dagli anni Sessanta a oggi. Ciascuna delle opere in mostra dà conto di una particolare sperimentazione.
L’Italia come ha sperimentato questo nuovo dispositivo?
L’Italia è stato un Paese pionieristico, con un centro di produzione Art/Tapes/22 che ha ospitato il giovane Bill Viola mentre faceva il tecnico di laboratorio a Firenze, nel centro fondato da Maria Gloria Bicocchi. L’Italia ha avuto la Videoteca Giaccari, precursore nei primi anni Settanta, con tanti progetti interessanti. Si tratta di centri privati, autofinanziati, perché l’intervento pubblico su questo settore, in Italia stenta ancora ad arrivare. Tra i centri di produzione, l’unico pubblico è stato Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
L’organizzazione di questa mostra porterà a una maggiore attenzione?
Certamente sì, perché ci mette a confronto con la storia della produzione video e il fenomeno è palpabile e visibile.
“Il video rende felici”, come nasce il titolo della mostra?
Il video tutti possono farlo, nel senso che è a disposizione delle comunità come mezzo politico di controinformazione, è in mano agli artisti che utilizzano la tecnologia. E’ una possibilità di democratizzazione che ha contribuito a diffondere l’uso di questa strumentazione leggera, sicuramente più leggera del cinema o della televisione. Rende felici perché ognuno può farlo da sé.
Qual è il valore della ricerca nella costruzione della mostra?
La ricerca ha un valore fondamentale che io sento molto anche perché insegno all’università Arti elettroniche e digitali, intesa come disciplina specifica e non figlia del cinema o della televisione. E’una produzione non molto conosciuta perché non ha luoghi istituzionali dove si può fruire ed è per questo che va valorizzata. In Italia abbiamo patrimoni sparsi che dobbiamo finire di censire. Abbiamo coinvolto il Ministero della Cultura e la Direzione Generale Creatività Contemporanea, per censire su una piattaforma che si chiama VARIA, gli archivi video e i loro patrimoni, videoarte e cinema d’artista.
Onofrio Cutaia
Una mostra sulla Videoarte e il cinema d’artista a quale platea si rivolge?
Si rivolge a tutti, naturalmente si rivolge molto alle giovani generazioni, per le quali coltiviamo la speranza che comprendano e conoscano il lavoro che in questi decenni è stato fatto intorno alla videoarte, un mondo meraviglioso e complesso, al quale ci si può avvicinare meglio attraverso questo progetto.
Il progetto realizzato costituisce una apprezzabile possibilità di conoscenza per la platea di riferimento ma cosa offre agli artisti protagonisti dell’esposizione?
E’un progetto che offre agli artisti la possibilità di far conoscere il proprio lavoro più di quanto sia già conosciuto, di intessere relazioni e incontri attraverso il lavoro fatto e le opere realizzate e questo è molto stimolante. Questo progetto non si preoccupa di cercare gli effetti speciali ma cerca di verificare quello che è successo in questi anni, con meticolosità e maestria.
Come si inquadra il ruolo della Direzione Generale Creatività Contemporanea nel sostegno all’iniziativa?
Noi abbiamo dato un sostegno finanziario a un progetto che riteniamo di grande interesse artistico e scientifico. Il nostro ruolo si inquadra nelle nostre finalità che sono anche quelle di promuovere e sostenere le arti italiane e la videoarte è a tutti gli effetti un’arte italiana che va sostenuta, promossa e accompagnata anche dopo la fine di questa mostra. Abbiamo grande attenzione per le questioni alla fragilità intrinseca delle opere video e per questo ci stiamo preoccupando di mappare e censire i fondi di opere e documentazioni in video e pellicola, conservati in istituzioni pubbliche e private. Pur non essendo un progetto nato da una nostra idea, la Direzione si è messa in ascolto di una proposta che consideriamo interessante e abbiamo deciso di sostenerla, in dialogo con le istituzioni culturali capitoline.
Qual è lo stato di salute dell’arte contemporanea italiana oggi?
Lo stato di salute dell’arte italiana è buona e lo si vedrà alla Biennale di Venezia che sta per partire. Abbiamo un Padiglione Italia di cui siamo molto orgogliosi, un progetto importante che ha una proposta rivoluzionaria, perché per la prima volta una voce unica, espressa da un solo artista, rappresenterà il Padiglione Italia che ci auguriamo venga accolto con soddisfazione. Ma al di là del Padiglione Italia è la Biennale d’Arte che quest’anno sarà bellissima e che invitiamo tutti a visitare.
Maria Vittoria Marini Clarelli
La collaborazione tra la Sovrintendenza Capitolina e la Direzione Generale Creatività Contemporanea che storia racconta?
E’ una storia di condivisione di progetti perché tutti i soggetti coinvolti hanno capito che questa mostra andava fatta insieme, organizzata in spazi ampi. Il video comporta un isolamento tra le installazioni che richiedono spazi ampi e l’idea di un coinvolgimento della città in tutti i suoi aspetti, per rendere onore a questa forma artistica che in Italia ha avuto esperienze pionieristiche un po’ sottovalutate nella ricostruzione storica che solitamente se ne fa. La mostra premia una importante attività di ricerca che, partita dall’Università La Sapienza, è stata fatta sulla presenza dei video in Italia, con il risultato di superare le 360 opere che saranno proposte, qualcuna direttamente, altre in rassegna, fino al 6 settembre.
Perché il progetto è di grande interesse?
Perché permette di capire ciò che oggi sembra scontato e cioè che c’è stato un tempo in cui il video non c’era. E’ un modo di affrontare una tematica partendo dal linguaggio quotidiano che entra nelle case e che ha richiesto un passaggio concettuale importante da parte degli artisti. Dagli anni Sessanta sono iniziate tutta una serie di sperimentazioni che hanno suscitato l’interesse degli artisti, più che in altri ambiti.
Una mostra unica che si sviluppa su due luoghi culturali di Roma da conoscere
La mostra è l’occasione anche di trascorrere del tempo nel Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale e nelle Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Via Francesco Crispi, spazi diversi, ricchi di storia e di arte, che hanno adattato i propri ambienti espositivi. Al Palazzo delle Esposizioni dominano le grandi installazioni, con un focus sulla modulazione storica del rapporto tra dispositivi e linguaggi, alla Galleria d’Arte Moderna il filo rosso è costituito dai contesti di produzione e diffusione. Questa mostra ha bisogno di tempo per essere visitata, il video è parte dell’ultima forma di linguaggi artistici, la più vicina alla nostra quotidianità, però necessita di un tempo maggiore, è un’immagine tempo che dura di più rispetto a un quadro o una scultura.