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Harlem, quando e perché nasce il pregiudizio contro gli italiani in America

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La giornata internazionale per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale che si celebra il 21 marzo da quando fu istituita dalle Nazioni Unite nel 1966, è stata sottolineata dal Centro Studi Americani di Roma con la presentazione di Harlem, il film più censurato di sempre, un libro definito dal suo autore Luca Martera, esperto di relazioni culturali italoamericane, un’opera mondo frutto di un lavoro di ricerca durato 3 anni. I mondi diversi del razzismo, ricostruiti attraverso una pluralità di fonti, raccontano in un libro, con linguaggio cinematografico, la condizione in America di italiani, ebrei, cinesi e africani, quattro popoli che hanno espresso una batteria di stereotipi secolari i cui effetti si manifestano ancora oggi.  Il rapporto degli italiani con il razzismo restituisce, nella ricostruzione storica di Luca Martera, una duplice verità. Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano l’autore.

Il razzismo si nutre di stereotipi?

Si, gli stereotipi sono scorciatoie del pensiero che nascono da pregiudizi. Ho voluto approfondire quando e perché nascono i pregiudizi contro gli italoamericani e ho scelto un film, Harlem, che offre un’angolazione insolita per parlare di questi argomenti. E’ un film di propaganda fascista uscito nell’aprile 1943 e racconta la storia di un oriundo italiano che diventa un pugile di successo nella Little Italy di Brooklyn. Sono gli anni in cui si celebra il mito dell’uomo nuovo italiano, dei fascisti che volevano dimostrare di essere una razza superiore. Il film è stato girato interamente a Roma, a Cinecittà, ma l’ambientazione è New York, anche se è una New York ricostruita in studio, con esterni rubati dai cinegiornali americani attraverso un sapiente montaggio. E’ambientato a New York nel 1935, alla vigilia dell’invasione italiana in Etiopia, e proprio a New York si svolse un incontro valevole per i pesi massimi tra il campione italiano uscente Primo Carnera e Joe Lewis. Primo Carnera era il superman fascista che vinse il titolo dei pesi massimi nel 1933 contro un irlandese, lo perse nel 1934   contro un ebreo e lo perse ancora nel 1935 contro un giovane nero di Detroit. Inaccettabile  per un campionissimo che con i suoi due metri d’altezza e 120 chili di peso ha ispirato le fattezze del fumetto Superman e ha incarnato l’idea di supremazia fascista.  La propaganda nel film ribalta la verità, il bianco vince sul nero ma da quel momento il MinCulPop (Ministero della Cultura Popolare), bandì Primo Carnera abbandonandolo al suo destino di perdente. Il film nasce da un’idea di Luigi Freddi, fondatore di Cinecittà e uomo fondamentale per la propaganda di Mussolini, fu finanziato con una cifra enorme, 11 milioni di lire dell’epoca corrispondenti oggi a 5 milioni di euro. Freddi assoldò gli intellettuali e gli accademici italiani più importanti dell’ epoca per scrivere e sceneggiare un film antiamericano, antinero e antisemita che mette insieme tanti stereotipi. E’ il film più censurato di tutta la storia del cinema italiano, esce nel 1943, quando arrivano gli Alleati a Roma lo sequestrano ma ricompare nel dicembre del 1946, quando fu rimesso in circolo per fare cassa ma vengono tagliati tutti i riferimenti antiamericani.  E’ un film che andava studiato, ricostruito e raccontato.

Come ha raccontato gli Italiani?

Li ho voluti raccontare nella duplice veste di razzisti e di vittime del razzismo, perché negli stessi anni e a distanza di migliaia di chilometri, gli italiani furono razzisti in Africa e vittime di razzismo negli Stati Uniti.

Anthony J.Tamburri, D. John Calandra Italian Institute, una delle voci autorevoli che hanno presentato il suo libro al Centro Studi Americani, ha ricordato una realtà italoamericana poco raccontata

Tamburri ha focalizzato il suo racconto su un’area molto popolosa, nell’East Harlem degli anni Trenta, dove vivevano  circa 100mila italoamericani italofascisti, che furono protagonisti di scontri razziali tra italoamericani filofascisti e afroamericani di Harlem ai quali si unirono gli italiani antifascisti esuli ed esiliati a New York. Fu il primo movimento di lotta per i diritti umani che vide sfilare insieme bianchi e neri.

Qual è stata l’evoluzione storica di questi scontri?

Per tracciare compiutamente l’evoluzione sarebbe necessaria una trattazione a parte. Arriviamo direttamente a oggi, ad Harlem, nel dicembre scorso, quando in una strada vicina alla Columbia University, è stato ucciso un dottorando italiano, Davide Giri, da un ventenne nero che faceva parte di una banda già coinvolta in episodi di questo tipo. Il New York Times ha derubricato l’episodio, come altri media americani, ma io credo che quanto accaduto avrebbe meritato riflessioni più profonde. In America esiste tuttora una xenofobia antitaliana e italoamericana che è continuamente veicolata dagli stereotipi dei media americani. Molto è stato fatto in chiave positiva, lo stesso Calandra Institute si sforza da anni di promuovere immagini non stereotipate ma c’è ancora molto da fare.

Da cosa  si dovrebbe cominciare?

Sarebbe necessario inserire nelle serie tv americane profili professionali di medici o insegnanti italoamericani al posto dei soliti mafiosi o poliziotti. Green Book e The House of Gucci, film recenti, sono una fabbrica di stereotipi offensivi nei confronti della comunità italoamericana. Il Padrino, girato 50 anni fa e scritto da Mario Puzo che era alla spasmodica ricerca di successo economico, racconta una storia costruita mettendo insieme articoli di giornale ma priva di conoscenza diretta, perché Puzo la mafia non l’aveva mai frequentata. Tuttavia la storia che ha proposto,  ha rafforzato l’immagine del binomio italiano uguale mafioso che tuttora persiste.

Alimentato da chi?

Alimentato, per pigrizia mentale, dai media mainstream. Agli italoamericani si può riconoscere un certo ritardo nella reazione, nel senso che hanno sempre pensato a lavorare, a costruire, a non dare peso eccessivo agli stereotipi che si costruivano loro intorno. Questo li distingue dagli afroamericani e dagli ebrei americani, che al contrario, hanno sempre manifestato immediate reazioni contro qualsiasi cosa si dicesse loro e sono sempre stati attenti a come sono stati raccontati dai media”.

Perché ha scritto questo libro?

Per capire come la propaganda fascista avesse raccontato l’antiamericanismo di quegli anni, con Harlem e con altri film, perché mi occupo da anni di relazioni culturali italoamericane. Volevo capire da cosa nascesse il pregiudizio antiitaliano.  

Come erano gli Italoamericani negli anni Trenta?

Erano in maggioranza filofascisti perché Mussolini aveva ripulito l’immagine negativa dell’Italia e degli Italiani in America. La politica e i media americani sostennero Mussolini fino alla guerra d’Etiopia, con cinegiornali e documentari. Dopo la guerra d’Etiopia cambia la percezione di Mussolini in America, sempre più associato a Hitler e ciò porta alla nascita di un sentimento antitaliano.

Oggi la situazione qual è?

In America la questione della razza è un problema purtroppo ancora molto diffuso. Gli anni Novanta hanno cominciato a produrre un pensiero sfociato nella cancel culture del politicamente corretto che sta producendo conseguenze nefaste, con atteggiamenti di rifiuto che portano alla rimozione di statue e di simboli.

Il Columbus Day è oggetto di discussione

La campagna contro il Columbus Day, una data simbolo, è una offesa nei confronti della comunità italoamericana che per l’America ha fatto moltissimo e che, oltre il 12 ottobre, non ha molti momenti celebrativi a cui appoggiarsi. In California gli Italiani hanno fatto cose incredibili, hanno fondato la Bank of America, ex Bank of Italy ma ovunque sono stati costruttori. Purtroppo oggi c’è una diffusa istigazione alla distruzione, a Philadelphia è stata distrutta la statua dell’ex sindaco italoamericano Frank Rizzo che però era dichiaratamente razzista e che nella sua campagna elettorale, negli anni Settanta, chiedeva di votare i bianchi. Il tema è che non si possono considerare gli atti del passato con i parametri di oggi e bisogna assolutamente promuovere una adeguata conoscenza e una maggiore consapevolezza della storia. Sul web circola ancora molta xenofobia antitaliana.

Harlem che libro e che film è?

E’ un’opera mondo, perché racchiude come in una matrioska tanti temi, personaggi, rimandi ad altre opere e naturalmente alla storia con la S maiuscola. Il film è una fotografia precisa di un certo momento storico, esce alla fine di aprile 1943, due mesi prima dello sbarco degli Alleati in Sicilia e tre mesi prima della caduta del fascismo. Traccia un ritratto impietoso del trasformismo italico degli intellettuali perchè con la caduta del fascismo, le star e gli intellettuali più importanti dell’epoca coinvolti in questo film, hanno tutti cambiato casacca, occultando negli anni della repubblica tutti i compromessi che avevano fatto.

*Foto dal profilo Facebook di Luca Martera

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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