Roma ha un patrimonio pubblico considerevole, dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Su 1 milione di alloggi, il 10% è di proprietà dell’amministrazione pubblica ed è un dato che restituisce la misura dell’importanza numerica. Un’azione compatta del patrimonio pubblico, verso direzioni e obiettivi di maggiore inclusività e cura delle situazioni più fragili, farebbe cambiare volto a interi quartieri. Per il suo cospicuo patrimonio, Roma dovrebbe perciò essere una città pubblica, ma lo è davvero? Per costruire un diverso modo di pensare la città capitale, l’Assessorato al Patrimonio e alle Politiche Abitative ha organizzato i primi Stati Generali del Patrimonio Pubblico di Roma. Pubblicittà, la parola chiave da cui partire, in un confronto con le realtà sociali, accademiche e imprenditoriali del territorio per progettare nuovi spazi e una idea di futuro che sarà possibile realizzare con le risorse del PNRR. “Vivere, abitare, valorizzare, curare” sono i quattro temi sui quali voci diverse hanno rappresentato le necessità e le urgenze di una città che in questa circostanza è stata definita complessa, frantumata, bellissima e dannata. Roma è tante cose e ha tante anime, è centro storico, sempre più spopolato, ed è periferie, mondi vicini ma distanti. Roma è soprattutto immensa, con un territorio pari a quello di 10 città medie italiane, è città storica ma con esigenze abitative molto attuali. La Centrale Montemartini, centrale elettrica riconvertita a sede espositiva dei Musei Capitolini, è il luogo, fortemente simbolico tra passato e presente, che ha ospitato gli Stati Generali, per un confronto tra i diversi osservatori sulla città. La Centrale, entrata in funzione 110 anni fa, nel giugno 1912, è stata per 50 anni l’impianto principale di energizzazione di Roma e ancora oggi, pur rappresentando un bellissimo esempio di archeologia industriale con le collezioni di statue antiche e reperti archeologici dell’antica Roma collocate accanto alle macchine, è ancora un impianto di emergenza, una sorta di gruppo elettrogeno di riserva pronto a entrare in funzione in caso di necessità. Roma città storica, monumentale e archeologica, icona di bellezza nel mondo, presenta anche un volto fragile e indifeso che le deriva dal suo essere città sempre più multietnica e cosmopolita. La storia non basta, è necessario rendere la città vivibile, sulla scia della sua connaturata vocazione all’accoglienza.
Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano Giustino Trincia, diacono, studioso di scienze religiose e analista delle politiche pubbliche, per raccontare come è Roma vista dalla Caritas, l’organismo pastorale vocato alla carità, di cui è Direttore.
Direttore Trincia, per quali ragioni definisce Roma città meravigliosa e faticosa?
Roma è meravigliosa e faticosa perchè nelle sue straordinarie bellezze ci sono molte criticità legate alle condizioni di povertà e di solitudine, alla difficoltà di cura e alla incapacità di stabilire relazioni tra le persone, tra le famiglie, tra le diverse comunità. E’anche una città che a volte appare poco dignitosa per i suoi cittadini e per gli ospiti.
Questa condizione cosa comporta?
Richiede un impegno da parte di tutti, dell’amministrazione pubblica, delle realtà del volontariato, delle comunità religiose, delle associazioni, del mondo economico e imprenditoriale e poi naturalmente del mondo della cultura che deve mobilitarsi.
Quando parla delle diverse anime sociali di Roma, a cosa fa riferimento?
Roma è una città multietnica e cosmopolita, ha circa 600mila immigrati stranieri, dei quali 338mila non comunitari, che fanno riferimento a 130 comunità etniche, con sensibilità e culture diverse. E’ necessario trovare una sintesi e una visione della città e a nostro avviso può essere solo quello della fratellanza universale che comporta la capacità di assumersi responsabilità per mettere al centro dell’ interesse generale, il bene comune.
Dove è necessario partire?
Dal Vangelo, perchè riteniamo che attorno ai valori espressi dal Vangelo, ci si possa ritrovare in molti. E’ fondamentale partire dalle esigenze dei più fragili, perché saper rispondere a esse significa essere in grado di affrontare i problemi di tutti.
Roma com’è vista con lo sguardo della Caritas?
E’ una città che da un lato rischia di ripiegarsi su se stessa, ma dall’altro guarda con speranza alle opportunità che si presentano, sia con il PNRR, sia con altre risorse e opportunità, anche di crescita spirituale, che si profilano all’orizzonte. E’ in arrivo il Giubileo del 2025 e la probabile assegnazione a Roma di EXPO 2030. Roma è una città straordinaria, bella, con tante ricchezze storiche, artistiche, architettoniche e religiose ma ha anche tanta umanità. E’ una città viva e vivace, con tanti cittadini impegnati ad aiutare, attraverso il volontariato, per fare il bene della città. C’è anche tanta intelligenza diffusa che va considerata e valorizzata.
Oggi non lo è abbastanza?
Ai progetti calati dall’alto, preferisco quelli che si formano tra la gente, con la gente. Il come è molto importante.
Quanto è importante la relazione sociale?
La relazione sociale è fondamentale per vivere una vita piena, non dal punto di vista economico, ma piena di affetti, contatti, umanità. La città deve essere inclusiva per poter essere vissuta da tutti con pienezza.
In che modo e in quale direzione il patrimonio pubblico è un attore importante per promuovere la relazione sociale?
Attraverso l’ascolto, fondamentale momento di attenzione. E’ auspicabile che la classe dirigente abbia l’umiltà di ascoltare tutti, valorizzando le ricchezze umane, spirituali e sociali che ci sono nella città. Credo sia importante affrontare il tema dell’emergenza abitativa perché mentre abbiamo migliaia di persone che vivono per strada, ci sono decine di migliaia di case vuote, con un patrimonio pubblico che non appare assolutamente ben impiegato. Eppure è un patrimonio immenso, ma spesso impermeabile a un mondo che appare separato ma non sommerso. Una città che vive con spirito di fraternità non gira lo sguardo dall’altra parte e fa dell’accoglienza, un’attenzione quotidiana.
La Caritas sollecita la creazione di spazi e luoghi di socialità
Certamente, luoghi belli, decorosi, attrattivi e soprattutto inclusivi ma alla loro creazione va associato un altro aspetto che merita grande attenzione ed è quello della cura dei luoghi e degli spazi di aggregazione sociale affidata non solo all’amministrazione pubblica ma agli adulti e ai giovani, a chi quegli spazi vive. E’ una questione di responsabilità, un concetto che va insegnato, per evitare che quei luoghi diventino a loro volta altri spazi di degrado e di segregazione sociale. Questa sarebbe, deve essere, un’occasione di crescita civica, che va colta da tutte le componenti della cittadinanza, per mettere al centro l’uomo e il suo valore.
Roma è pronta a questo approccio?
Nulla è semplice da realizzare, ma occorre affermare il primato dell’essere umano. Se ci sarà impegno ad ascoltare e guardare al bene comune, si riuscirà a dare risposte alle tante, troppe persone fragili che abbiamo a Roma.
Cosa serve?
Il coraggio di innovare, per creare spazi di housing sociale e di housing feste, per superare la bassa soglia di accoglienza degli ostelli tradizionali. Questo richiede un patrimonio pubblico che dia spazio alle persone, dove poter vivere in maniera dignitosa la propria esistenza.
La CARITAS cosa rappresenta per Roma?
La Caritas per Roma rappresenta un umile sforzo di testimonianza e di educazione alla carità, come dimensione costitutiva di ogni battezzato. Una carità che va vista in una logica integrale, come dice il Santo Padre, perché c’è una carità più evidente da cui non ci si può esimere ma c’è anche una carità spirituale che è fondamentale per sollevare dalla solitudine. Le persone hanno bisogno innanzitutto di vedersi riconosciute, “sto accanto a te, insieme a te, ti ascolto e ti accompagno per quello che posso”, è questo che vogliono sentirsi dire. C’è poi anche una carità intellettuale, necessaria perché c’è molto analfabetismo di ritorno, si registra un fenomeno di abbandono scolastico da parte dei giovani, soprattutto minori, molto preoccupante.
Sono le diverse dimensioni della carità?
Esattamente, sono le diverse dimensioni della carità che rappresentano un modo per riconoscere, in ogni persona, il volto di Cristo e quindi un fratello e una sorella.