1937-1947, un decennio terribile, anni che cominciano consegnando l’Europa a una guerra destinata ad assumere dimensioni mondiali e terminano contando morti, danni e macerie di una storia decisa da pochi e subita da tutti. Lo scenario storico, politico, sociale degli anni che chiudono il terzo decennio del Novecento e aprono tragicamente il quarto, è noto, raccontato, studiato. L’Italia entra in guerra accanto alla Germania, due regimi totalitari inseguono, con logiche spietate, la realizzazione di programmi ideologici che inneggiano a proclami destinati a essere sconfitti dalla storia. La Germania cerca spazio vitale e si sente per questo legittimata a invadere e annettere territori, distruggendo, bombardando, uccidendo. L’Italia le va dietro ed entra nella relazione tossica con un regime verso cui nutre sudditanza politica che prima affianca e poi ne diventa vittima. Hitler e il nazismo cercano intanto di placare l’invidia culturale verso quel museo diffuso che è la penisola italiana. L’Italia diventa preda ambita in quanto unica, ricca, ineguagliabile fonte di un patrimonio storico, archeologico e artistico che non ha eguali nel mondo e che la Germania desidera ardentemente. Lo scopo per cui si saccheggiano capolavori d’arte d’immenso valore, è aberrante. La maggior parte delle opere trafugate servono per allestire, come un tragico set cinematografico, la tenuta di campagna del maresciallo Göring, 100mila acri di terreno a circa 50 Km da Berlino dove il sodale del Führer aveva organizzato il suo buen retiro.
Anche Hitler ha mire personali perché con i capolavori trafugati in Italia, intende arredare un museo nella sua città natale, Linz, che nelle intenzioni demenziali deve diventare il più grande museo al mondo. La storia meno nota e raccontata è che in realtà le guerre che si combattono sono due, una che affama il popolo italiano privandolo del cibo e una più sottile che sottrae le testimonianze artistiche del passato, oltraggia il presente, annienta il futuro di quella che è da sempre la culla della cultura mediterranea. La Patria della cultura deve difendersi esattamente come la Patria politica, con combattenti eroici e silenziosi, privi di mezzi e sostegni, mossi solo dall’amore per la cultura e dal senso dello Stato, quello che fa sentire ciascun cittadino proprietario e custode del bene comune. È a loro, ai funzionari amministrativi, ai soprintendenti statali, agli storici dell’arte, a chi svuota palazzi e chiese e organizza trasporti di capolavori su mezzi di fortuna, a chi conserva preziosità artistiche in camera da letto per sottrarle alle requisizioni, a chi rischia la vita, a chi solo dopo molti anni dalla morte, con menzioni e medaglie tardive, molto ex post, sarà riconosciuto il merito di aver evitato lo scempio e aver salvaguardato il patrimonio culturale italiano, è a questo esercito silenzioso e operoso che le Scuderie del Quirinale dedicano una mostra, meravigliosa e necessaria, Arte Liberata. 1937-1947. Capolavori salvati dalla Guerra.
Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Paolo Conti, editorialista del Corriere della Sera, autore di una illuminante guida introduttiva alle opere esposte e moderatore delle conferenze di approfondimento sui temi di una mostra che svela, racconta, omaggia, ammonisce.
Cosa abbiamo rischiato di perdere in un decennio terribile?
Abbiamo rischiato di perdere la parte più significativa del nostro patrimonio artistico e culturale nazionale, per un primo motivo che era il terrore dei bombardamenti in tutta la Penisola, si parla di un ‘area immensa, dalla Sicilia al Nord Italia, punti di riferimento di tutti i più importanti musei italiani. Il secondo pericolo era rappresentato dalle razzie che i nazisti stavano organizzando per prendere le opere d’arte italiane, sia per creare un demenziale museo del Reich tedesco che Hitler aveva in testa, sia per arricchire la personale e privatissima collezione di Göring. Molti pezzi, veri e propri capolavori, hanno fatto temporaneamente parte della collezione privata di Göring.
La mostra ne racconta qualcuno?
Certamente, la Danae di Tiziano campeggiava nel 1944 nella camera da letto di Göring. L’opera fa parte, con il tesoro di San Gennaro, con molti tesori di Capodimonte, Ercolano, Pompei e del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di un gruppo di beni salvati dal soprintendente campano Bruno Molajoli, prima ricoverati nell’Abbazia di Montecassino e poi spostati, tra mille pericoli, a Spoleto, per sottrarli ai bombardamenti che avrebbero distrutto Montecassino. Una parte di quelle opere d’arte viene dirottata a Spoleto per una selezione destinata alla collezione privata di Göring ed è così che la meravigliosa Danae finisce nella camera da letto di un gerarca nazista. Arriva a noi perché quando nell’aprile 1945 l’Armata Rossa era vicinissima a Berlino e il nazismo aveva le ore contate, Göring fece saltare in aria la sua tenuta, fortunatamente dopo averla svuotata delle opere d’arte depredate e collezionate.
A chi si deve la salvezza di tante opere d’arte, quando tutto sembrava remare contro?
La salvezza si deve all’eroismo dei protagonisti della nostra cultura, professori universitari, soprintendenti, storici dell’arte, donne e uomini che si sono mobilitati, hanno fatto scelte coraggiose, trovato nascondigli e si sono prodigati perché noi potessimo riavere il patrimonio storico culturale che era arrivato alle loro generazioni e che noi oggi abbiamo grazie a loro.
1937-1947, l’alfa e l’omega di una operazione culturale senza precedenti
Si, un periodo che comincia con la fame di opere d’arte del nazismo che voleva acquisire le opere d’arte italiane in modo illegale, continua durante il conflitto bellico e termina nel 1947 con l’operazione delle restituzioni, a opera di molti incaricati italiani, nel corso delle trattative alla fine della guerra, soprattutto in Germania. Va ricordata l’opera di Alberto Schiero, ministro plenipotenziario, figura in parte controversa ma alla quale dobbiamo molti recuperi, a cominciare dal famoso Discobolo Lancellotti.
Perché il Discobolo Lancellotti assume tanta importanza?
Il Discobolo Lancellotti è al centro di un caso politico nel governo fascista. L’opera era diventata un simbolo per l’estetica nazista, Hitler lo aveva visto di persona nel suo viaggio in Italia nel 1938 e lo voleva assolutamente. In quel periodo di sudditanza dell’Italia fascista verso la Germania nazista, ogni desiderio di Hitler o di Göring diventa un ordine per Mussolini che fa fare una forzata vendita da parte del principe Lancellotti per 5 milioni di lire e fa trasportare l’opera in Germania come dono al popolo tedesco. Tutto questo in totale violazione della legge Bottai, approvata alla Camera dei Fasci.
Nel governo fascista c’erano anime contrapposte?
Esattamente, Giuseppe Bottai, ministro dell’Educazione nazionale, vara nel 1940 la legge che porta il suo nome, uno strumento moderno e avanguardistico che tutela il nostro patrimonio, in virtù della quale il discobolo è intrasportabile. Il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, genero di Mussolini, è di parere contrario ed è quello che prevarrà. Hitler avrà il suo trofeo, una fotografia che lo ritrae entusiasta davanti all’opera sottratta a Roma e arrivata a Monaco.
Per la Resistenza dell’Arte che decennio è stato il 1937-1947?
È stato un decennio in cui abbiamo rischiato di perdere tanto e dobbiamo ringraziare questi eroi della cultura e dell’arte se ciò non è avvenuto. È a loro che è dedicata questa bellissima mostra storica e artistica, assolutamente da non perdere, destinata alle nuove generazioni perché prendano coscienza di che cosa abbiamo rischiato di non avere più e di che cosa va tutelato tuttora per trasmetterlo alle nuove, future generazioni.
Una sede espositiva importante e simbolica come le Scuderie del Quirinale, cosa aggiunge alla mostra?
È una sede che porta il nome della principale istituzione del nostro Paese, il Quirinale, la casa di ogni Italiano, che offre questo spazio straordinario perché ci sia un momento di riflessione con mostre temporanee sull’identità collettiva italiana che è, insieme alla lingua, uno dei piloni della cultura italiana.