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Roma parrocchia del mondo

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Pasqua è la festa più solenne della cristianità, il momento in cui si celebra il passaggio dalla morte alla Resurrezione, il fulcro di ogni anno liturgico. Piazza San Pietro, culla del cristianesimo, parla al mondo, celebra riti religiosi e liturgie sacramentali, connette in un unico abbraccio di fede popoli diversi e per molti aspetti distanti, che si ritrovano in una comune preghiera. Il Papa è il pastore universale di una umanità che nella celebrazione della Pasqua rinnova le promesse battesimali e si conferma nella spiritualità di vita e di intenti. Papa Francesco riesce sempre a stupire per la tenacia con cui riempie di nuovi significati il tempo quaresimale che prepara alla celebrazione della Pasqua, promuovendo iniziative a rilevanza planetaria che costruiscono un cammino di rinnovata consapevolezza spirituale. Per la prima volta nei dieci anni del suo pontificato, ha scelto di celebrare 24 ore per il Signore, una iniziativa di preghiera che coinvolge tutte le diocesi del mondo, presiedendo la cerimonia di riconciliazione non nella Basilica di San Pietro ma in una parrocchia romana, simbolo di tutte le parrocchie del mondo. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Don Antonio Fois, parroco del Santuario Santa Maria Delle Grazie al Trionfale che ha accolto il Santo Padre.

Don Antonio, la sua comunità parrocchiale ha ricevuto in visita il Santo Padre per un evento che parte da Roma e coinvolge tutto il mondo cristiano

Monsignor Rino Fisichella che presiede il Dicastero per la Nuova Evangelizzazione, ha portato nella nostra parrocchia Papa Francesco e l’evento 24 ore per il Signore, una iniziativa voluta dal Santo Padre all’inizio del suo pontificato e giunta alla decima edizione. Sono rimasto molto sorpreso quando me lo ha comunicato, condividendo questa gioia con tutta la comunità parrocchiale.

La prima visita del Papa in una parrocchia romana dopo la pandemia?

Esattamente e quando ho accolto il Santo Padre alle porte della Chiesa per dargli il benvenuto, gli ho ricordato che era la sua prima visita in una parrocchia romana dal 2019, quando visitò la parrocchia di Casal Bertone per il Corpus Domini. “E’ stata colpa di questa peste che ci ha bloccati”, mi ha risposto, lasciando intendere tutto il disappunto per non essere potuto stare più vicino, come avrebbe desiderato, ai fedeli di cui è il vescovo.

Il Papa è Santo Padre e vescovo di Roma

La sera in cui fu eletto pronunciò queste parole “Sono stato eletto Vescovo di Roma”. Papa Francesco si sente profondamente il vescovo di Roma, la avverte come la sua prima missione e noi parroci romani ce ne rendiamo conto in tante occasioni per l’attenzione che riserva nei confronti delle nostre parrocchie.

24 ore per il Signore, l’iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta da Papa Francesco, è stata celebrata per la prima volta in una parrocchia. La condivisione con una comunità parrocchiale cosa aggiunge alla solennità della celebrazione?

Penso abbia dato il taglio che il Papa voleva dare, una celebrazione non da basilica ma da chiesa locale, ha dato l’odore delle pecore a una celebrazione che aveva bisogno di questo odore. Papa Francesco ha vissuto in modo intenso la condivisione con la comunità parrocchiale, durante l’omelia ha parlato a braccio, come fa quando si sente a suo agio. Credo che Monsignor Fisichella abbia avuto una buona intuizione per dare un significato più forte a un evento che caratterizza il pontificato di Papa Francesco, particolarmente attento e sensibile al discorso del perdono e della misericordia.

 L’iniziativa prevede 24 ore di porte aperte in tutte le chiese per le confessioni. È un modo per richiamare l’attenzione su un sacramento a volte trascurato dalla comunità credente?

La Confessione è il sacramento princeps, il momento in cui a noi sacerdoti viene chiesto di ascoltare con le orecchie di Dio, di pensare con la mente di Dio e di rispondere con la volontà e la parola di Dio. Non è facile per noi ma è necessario per la comunità, perché se non si fa esperienza dell’amore di Dio e della infinita misericordia che accoglie qualsivoglia figlio abbia peccato, non si capisce l’essenza del Cristianesimo. Rilanciare il sacramento della Confessione è fondamentale ed è ciò che Papa Francesco fa da dieci anni, dall’inizio del suo pontificato. Credo sia un segno della Provvidenza aver voluto rilanciare il sacramento della riconciliazione in una parrocchia dove è venerata l’icona della Madonna delle Grazie, l’immagine di una Madonna mentre allatta al seno suo figlio, con la tenerezza di una madre che diventa nutrimento ed è la stessa tenerezza su cui fonda il sacramento della riconciliazione, l’immagine del nostro Dio che è padre e madre, abbraccia il proprio figlio e lo nutre con amore.

La visita del Santo Padre cosa ha significato per una comunità parrocchiale che vive a ridosso delle Mura Vaticane e considera il Papa un vicino di casa, pur nella sua grandezza e significatività spirituale?

È stato un momento spirituale e umano molto forte che mi ha fatto innamorare ancora di più di questa comunità che ha accolto il Papa come un vicino di casa, con la familiarità e la vicinanza che si ha nei confronti di chi si vede sovente ma che nulla toglie all’affetto, all’emozione, al riguardo particolare di una comunità che lo ha salutato ma non assalito, lo ha rispettato in questo suo momento di anzianità, fatica, difficoltà nel deambulare con la carrozzina. Quando Papa Francesco è arrivato, ha fatto fermare la sua auto a metà della piazza per scendere e salutare le persone che non avevano trovato posto in chiesa e la gente gli ha riservato un’accoglienza calorosa, fatta di applausi e di foto, ma nel momento in cui il Santo Padre ha iniziato la liturgia, sono scomparsi i cellulari e tutta la comunità ha rispettato il momento di raccoglimento e preghiera, adorando insieme a lui l’Eucarestia in silenzio. Non è stata la solita visita preparata da tempo, non ci sono stati momenti o saluti ufficiali, ma solo la semplicità di persone che hanno guardato negli occhi il proprio vescovo, ricambiati con la stessa intensità e attenzione.

Il sacramento della confessione è al centro dell’iniziativa e anche Papa Francesco ha confessato alcuni fedeli

Si, il Santo Padre ha voluto confessare dieci fedeli che ho individuato tra persone che vivevano carenze di amore grande e avevano bisogno di essere ricaricate, tra loro una mamma che ha perso da poco l’unico figlio in un incidente in montagna, persone che stanno patendo ingiustizie, persecuzioni legali e chi soffre per dolori e delusioni familiari. Sono soddisfatto che essi abbiano potuto godere della paternità e dell’attenzione del Santo Padre.

Santa Maria delle Grazie al Trionfale non è solo una parrocchia ma un santuario mariano che custodisce la preziosa icona della Madonna delle Grazie arrivata a Roma nel 1587. Come nasce la devozione alla Madonna delle Grazie?

L’icona, datata tra il 1200 e il 1300, rimane a Gerusalemme, il luogo dove Gesù ha dato la vita per la nostra salvezza, fino al 1587 quando arriva a Roma portata dal venerabile Frà Albenzio De Rossi, un calabrese di Cetrara fondatore di un ordine di eremiti. L’icona è stata venerata per secoli dai romani e quando nel 1924 il Capitolo Vaticano decide di incoronare la Madonna, le cronache raccontano che oltre un milione e 200mila persone assistettero all’evento in Piazza San Pietro. Negli Anni ’30 la Spina di Borgo, il quartiere prospiciente Piazza San Pietro, cambiò volto, furono abbattute molte case e strutture per far nascere Via della Conciliazione, compresa la chiesa dove era custodita l’icona che fu presa in carico dal Capitolo fino al 1941, fin quando non fu costruita questa chiesa dove si trova adesso, collocata a ridosso delle Mura Vaticane e che deve il nome alle tante grazie concesse dalla Madonna delle Grazie. È una icona con caratteristiche sorprendenti che si discostano dalla asetticità espressiva dell’iconografia orientale perché pur essendo di origine bizantina, ritrae una Madonna che sorride mentre allatta il suo bambino.

I primi dieci anni di pontificato di Papa Francesco sono stati segnati da dolori e tragedie epocali, la pandemia, le guerre, i migranti, la povertà nel mondo. Eppure il Santo Padre riesce sempre a restituire la grazia nei cuori…

Il costante richiamo al perdono e alla riconciliazione sono le chiavi di lettura del pontificato di un papa che appena eletto ha indetto il Giubileo della Misericordia. Papa Francesco ha dovuto affrontare situazioni dolorose, ad extra e ad intra, la pandemia, la terza guerra mondiale a pezzi di cui parla sempre in riferimento a tutti i conflitti che dividono il mondo. E’ diventato papa dopo le dimissioni di Benedetto XVI, ha dovuto gestire situazioni nuove, ha promosso riforme,  alcune delle quali non da tutti e da subito accettate. La sua idea princeps è la misericordia, l’amore di Dio che deve calare nella storia dell’umanità, nella vita della Chiesa, nel rispetto dell’ambiente. È un padre misericordioso che ama i suoi figli e che per questo è chiamato a dover fare correzioni e a sembrare a volte un po’ severo, ma è una severità necessaria.

Il 17 marzo 2023, uno straordinario venerdì di preghiera che rimarrà nella storia del Santuario Santa Maria delle Grazie, si può leggere come un momento di preparazione spirituale al Giubileo 2025, un evento che una parrocchia così vicina al Vaticano, respira fin da ora?

Con il Giubileo della Misericordia Papa Francesco ci ha fatto già capire che bisogna uscire dalla visione dei Giubilei caratterizzati dal raduno di grandi masse in grandi siti. Il Papa ama calare questi eventi nella realtà concreta e per questo penso che l’evento celebrato in parrocchia sia stata una sorta di prova generale per spostare i grandi eventi dalle grandi basiliche e dalle grandi piazze, nelle piccole comunità che rappresentano la carne viva della Chiesa, il senso della comunità che vive quotidianamente la Fede, ed è lì che la Grazia di Dio deve scendere e il Giubileo è un tempo di grazia, è l’apertura della Chiesa intesa come realtà universale verso le piccole comunità. Il Giubileo non è un pellegrinare verso San Pietro ma è Pietro che va verso le comunità per portare la Grazia di Dio. Immagino questo Giubileo come un pellegrinare di Cristo, in Pietro e in chi lo rappresenta, nelle periferie non solo geografiche ma esistenziali. Ogni parrocchia, ogni comunità è una periferia esistenziale.

Santa Maria delle Grazie al Trionfale è anche un titolo cardinalizio istituito da Papa Giovanni Paolo II, il cui titolare è dal 2016 il cardinale Joseph William Tobin, arcivescovo metropolita di Newark. Un ponte di spiritualità con la comunità italoamericana del New Jersey?

Siamo molto legati al cardinale Tobin che per noi non è solo un titolo, ma una persona straordinaria che segue molto la nostra parrocchia.  Papa Francesco lo ha chiamato a molti incarichi in Curia, anche nel C9, il Consiglio dei nove cardinali che aiutano il Papa nel governo della Chiesa. C’è un ponte di preghiera tra la nostra parrocchia e Newark, la diocesi con una bella e grande comunità di italiani dove sono andato più volte in visita.

Don Antonio, la Santa Pasqua è l’occasione per inviare un augurio a tutti gli Italiani che vivono all’estero, dalla parrocchia benedetta dalla visita del Santo Padre

È un augurio di buona Pasqua che faccio molto volentieri perché anche io sono un figlio di emigrati, nato in Belgio dove mio padre lavorava nelle miniere di Marcinelle. Conosco la nostalgia che si sente per il Paese da cui si è partiti e per le tradizioni che si sono lasciate, soprattutto in occasione delle feste. L’augurio che faccio è che possa essere per tutti una Pasqua ricca di frutti spirituali, una Pasqua che tocchi i nostri cuori e ci faccia capire quanto siamo amati e quanto sia importante rispondere a questo amore amando chi ci sta accanto. La Pasqua è la festa della pace, ma non c’è pace senza amore. Lasciamoci toccare dall’amore di Dio, un Dio che muore in croce e sconfigge la morte. Solo se accoglieremo questa dichiarazione d’amore, saremo capaci di amare come Lui e diventeremo uomini e donne di pace di cui il mondo ha tanto bisogno.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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