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Selfie scultura e fotografia per indagare la vita

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Avete mai pensato a un autoritratto realizzato con la scultura come a un selfie ante litteram? Il Museo di Roma in Piazza Navona custodisce 5 busti in marmo e in gesso che lo scultore Pietro Tenerani dedicò a se stesso. Sono custoditi al secondo piano del museo, nella Sala Tenerani, insieme a circa 150 ritratti realizzati dallo scultore per altri personaggi.  Ed è proprio un autoritratto in gesso dell’artista ad aprire il percorso espositivo di una bellissima mostra, visitabile fino al 12 novembre, allestita a Palazzo Braschi che racconta lo scultore ma anche le storie dei personaggi ritratti.  VIS-A-VIS. Tenerani Spina. Dialogo in immagini propone un dialogo interessante tra scultura e fotografia, con due artisti, Pietro Tenerani e Luigi Spina, figli di epoche diverse, ciascuno interprete, con la stessa grande abilità ma con differenti mezzi espressivi, di ritratti intensi frutto di una ricerca costante sulla figura umana. Il visitatore entra in un mondo abitato da personaggi che si svelano in ogni tratto del volto. Ogni scultura realizzata da Pietro Tenerani nell’Ottocento, è accompagnata da due ritratti fotografici contemporanei realizzati da Luigi Spina, collocati di fronte all’opera, quasi come se ciascun busto si specchiasse nelle immagini che restituiscono la componente emotiva di ogni personaggio, grazie a un forte impatto tridimensionale. La mostra è un’occasione preziosa per approfondire la conoscenza di uno scultore che è stato capostipite della successiva generazione di artisti destinati a una notorietà più diffusa, anche grazie a un fotografo che affida al bianco e nero il racconto della bellezza e dei dettagli. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Ilaria Miarelli Mariani direttrice dei Musei Civici, Fabio Benedettucci, curatore della mostra e Luigi Spina, l’artista che con la fotografia indaga la vita degli altri.

Ilaria Miarelli Mariani

Chi è stato Pietro Tenerani?

Pietro Tenerani è stato certamente lo scultore più importante dell’800, dopo i suoi grandi maestri Canova e soprattutto Thorvaldsen con cui collaborò a lungo. È uno scultore che dal 1814 vive a Roma, allora capitale europea della scultura e attraversa tutte le correnti dal neoclassicismo fino al purismo, diventa il ritrattista di tutta la comunità internazionale, il più apprezzato della sua epoca, presidente dell’Accademia di San Luca, direttore dei Musei Capitolini e dei Musei Vaticani.

Cosa ha realizzato?

È autore dei maggiori monumenti ufficiali, funebri ma non solo, di vari pontefici, molto famoso è il Monumento a Pio VIII in San Pietro. Ritrae pontefici, reali, grandi personaggi della comunità internazionale, arriva anche in Sud America dove realizza le versioni del Monumento dedicato a Simon Bolivar, a Bogotà e Caracas. Era lo scultore a cui tutta la nobiltà internazionale si rivolgeva per avere opere mitologiche e bassorilievi. Nel 1842 è il sottoscrittore del manifesto del purismo, la corrente che si voleva riallacciare ai pittori del Trecento e Quattrocento, nella ricerca di forme pure, molto semplici e raffinate che richiamavano la semplicità della pittura quattrocentesca. È stato uno dei maggiori interpreti di scultura, molto richiesto da tutta Europa e non solo, aveva un suo atelier a Roma, la città cosmopolita dove venivano tutti e tutti volevano farsi ritrarre da lui.

La collezione Tenerani dove è conservata?

A Palazzo Braschi ci sono oltre 400 busti, alcuni dei quali esposti per la prima volta. In mostra ci sono molti ritratti di donne, dame internazionali che avevano salotti culturali importanti nella Roma ottocentesca, Chiara Colonna, Leonilla Bariatinsky, Anne Fitzgerald Arbuthnot. La sua straordinaria collezione è conservata al Museo di Roma dove purtroppo non è interamente esposta per motivi di spazio ma c’è tutta la gipsoteca (collezione di modelli e calchi in gesso dele sue sculture, ndr) di Tenerani, in origine collocata nella galleria progettata dal figlio Carlo.

Una mostra su Pietro Tenerani perché?

Per valorizzare una delle nostre collezioni più importanti, i busti che provengono dalla raccolta della famiglia dello scultore, conservati in un apposito spazio che l’erede aveva fatto costruire in via Nazionale fino a quando il Comune di Roma li ha acquistati. La mostra aiuterà a capire l’importanza di questo grande personaggio ma anche l’importanza dei personaggi da lui ritratti. Tutti si contendevano Tenerani per avere non solo da lui ritratti, ma anche grandi sculture sugli stessi temi che affrontava Canova. È una mostra molto importante per far conoscere al grande pubblico Pietro Tenerani, per diffondere le sue opere e per far conoscere le storie dei personaggi ritratti. Ogni busto racconta una storia.

Un viaggio tra scultura e fotografia?

Si,un dialogo tra due artisti di epoche diverse, lo scultore Pietro Tenerani che muore nel 1869 e il fotografo Luigi Spina che nasce nel 1966. Un secolo separa due artisti,  impegnati entrambi nella ricerca sulla figura umana.

Fabio Benedettucci

 Pietro Tenerani è conosciuto per come merita?

No, per quanto Pietro Tenerani sia stato lo scultore italiano più importante alla metà dell’ Ottocento, tanto che lavora per grandi committenti italiani e stranieri, in campo religioso e civile, dopo la sua morte rimane dimenticato per tutto il Novecento e ancora oggi il suo nome è poco familiare al grande pubblico.

Perché?

C’è una damnatio memoriae novecentesca dell’arte purista classicista che ha fatto dimenticare tanta storia e tanta arte di quegli anni.

La mostra è bella ma innanzitutto necessaria?

Si, perché il Museo di Roma ha il dovere di far conoscere Pietro Tenerani e la straordinaria raccolta che riunisce non solo busti, ma l’intera produzione artistica di Tenerani conservata nel museo. È una mostra che vuol far conoscere l’artista in maniera nuova e le fotografie di Luigi Spina sono il tramite per far conoscere Pietro Tenerani a un pubblico più ampio che visita non solo mostre d’arte ma anche mostre fotografiche.

I busti esposti dove erano conservati?

All’interno di casse nei depositi del Museo di Roma, insieme ad altre opere dello scultore.

Sono il tesoro nascosto del museo?

Tutti i musei hanno un tesoro nascosto, questo di Tenerani  è particolarmente tesoro, nascosto ma non dimenticato perché noi della Sovrintendenza Capitolina lo attenzioniamo continuamente.

Quante sono le opere esposte?

 25 busti, ogni busto ha di fronte a sé due fotografie, in tutto sono 75 opere.

Ogni busto ispira due immagini fotografiche. Qual è l’idea narrativa?

L’idea è quella di far specchiare il busto in due immagini che ne danno due versioni diverse. La fotografia non diventa elemento oggettivo di ricerca, ma diventa un elemento che contribuisce a farcela scoprire, talvolta è il tramite per far conoscere meglio l’opera e per individuare dettagli che altrimenti sfuggirebbero.

Il visitatore orienta il suo sguardo prima sul busto o sulle foto?

Ognuno può essere attratto indipendentemente dal busto o dalle fotografie, la bellezza consiste proprio nella libertà di porsi come ciascuno crede.

Il racconto fotografico non poteva che essere in bianco e nero?

Assolutamente, Luigi Spina è un maestro del bianco e nero stampato e sviluppato artigianalmente. Le sue opere rimarranno patrimonio della Sovrintendenza Capitolina.

Sarà una collezione Tenerani attualizzata?

Sarà una collezione arricchita con un nuovo linguaggio.

Luigi Spina

Cosa significa indagare le vite degli altri con la fotografia?

Indagare significa uscire e mettersi sulle tracce di progetti che ti permettono di relazionarti con le persone perché credo che alla base di una ricerca fotografica, ci sia innanzitutto il rapporto con l’essere umano. Se questo è un fatto assodato in una ricerca antropologica che si svolge su un territorio, diventa molto più complicato quando si lavora sulle tracce. Questa mostra lavora sui busti, appunto tracce, dove sembra che non ci sia più nulla e che niente più possa apparire oltre al dato storico, artistico e scientifico.

Ed è realmente così?

No, perché in realtà la mostra dimostra quanto del carattere di quelle persone e della loro stessa esistenza, possa essere estratta grazie all’uso dell’immagine fotografica. Ricompaiono volti tesi, crucciati, che esprimono problemi universali dell’essere umano e dimostrano quanto queste esistenze siano contemporanee.

Come riesce la fotografia a consegnare alla storia opere che sono già nella storia?

La fotografia aggiunge il giudizio del creativo che è un elemento molto soggettivo. Ciò che si osserva è mediato dall’animo dell’artista, da chi media una scultura, un volto, un busto e gli dà una nuova visione, frutto di una nuova azione che deriva dalla contemporaneità.

Come nasce l’idea di mettere a confronto l’oggi espresso dal linguaggio fotografico contemporaneo, con la dimensione storica della scultura?

Da quando esiste la fotografia, c’è un rapporto con la scultura. Il problema è sempre stato cercare di estrarre un rilevo da un blocco bianco, di marmo o di gesso. A un certo punto si è  cominciato a lasciare la pura documentazione per esprimersi in un modo diverso, per far in modo di riuscire a distaccare una sorta di imprinting di quello che accadeva sul busto e trasformarlo quasi in un altro soggetto. Spesso accade che chi osserva sembra quasi non riconoscere il busto nella sua partenza, coglie un dato molto soggettivo che non ha niente a che fare con la scultura.

C’è differenza tra indagare le vite altrui con la fotografia e raccontarle con lo stesso mezzo fotografico?

Si, il racconto può essere molto spesso quasi tangente a quello che accade, mentre quando indaghi, entri nell’animo degli altri e nella struttura della materia. È per questo che forse riesci a dare qualcosa in più ed è proprio quell’azione culturale che la fotografia deve saper fare.

Un occhio al busto e uno alle foto, come suggerisce di guardare la mostra?

Con una posizione quasi triangolare, per cogliere aspetti dalla fotografia e creare rapporti tornando alla scultura.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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