Una corrente culturale e artistica del Novecento che ha influenzato le generazioni future, una galleria comunale d’arte moderna che si avvia a celebrare il suo primo centenario, tre artisti accomunati dall’idea di arte intesa come laboratorio. La sintesi è un felice incontro tra luogo e tema che si realizza nell’allestimento di tre mostre sull’arte futurista alla Galleria d’Arte Moderna. Osservatorio Roma il giornale degli Italiani all’estero incontra Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale, Ilaria Miarelli Mariani, direttrice dei Musei Civici e Massimo Duranti, storico dell’arte, per entrare nel mondo di Enrico Prampolini, Osvaldo Peruzzi e Venanzo Crocetti, gli artisti in mostra alla GAM fino a gennaio 2024.
Miguel Gotor
Il Futurismo è tornato di moda?
È un ritorno di moda che avviene da parecchio tempo perché il Futurismo è in grado di intercettare fermenti e contraddizioni esistenti nella nostra società e quindi ha una sua attualità che tiene fede al nome.
Le mostre allestite alla Galleria d’Arte Moderna in cosa valorizzano il Futurismo degli anni Venti e Trenta?
Sono mostre che favoriscono questa valorizzazione intorno all’idea di laboratorio, sviluppata da Prampolini, Peruzzi e Crocetti.
Laboratorio perché?
Il laboratorio è la cifra comune che permette di far conoscere il processo produttivo di tre artisti significativi di quella stagione. Le tre mostre ci consentono di compiere un viaggio artistico affascinante sulla presenza pittorica e artistica del Futurismo degli anni Trenta.
Qual è il merito del Futurismo?
Certamente aver dato un contributo fondamentale all’internazionalizzazione culturale del nostro Paese, in una stagione di dittatura e autarchia. Il Futurismo ha promosso scambi e contaminazioni a livello europeo e interlocuzioni con le più alte espressioni del tempo con quella che sarebbe stata definita l’arte di avanguardia. Un altro elemento significativo di modernità e attualità del Futurismo è aver favorito la interdisciplinarietà tra le arti, con pittori e scultori che sono anche scenografi, architetti, costumisti. Sono artisti completi che hanno disseminato di cultura futurista, tutta la produzione visiva del loro tempo.
Le tre mostre alla GAM come lo raccontano?
Con la ricchezza del materiale documentale presentato. Sono esposti quadri, disegni, produzione grafica, opere ma anche taccuini di lavoro che ben rappresentano la relazione forte del Futurismo con la contemporaneità.
La Galleria d’Arte Moderna come si avvia a festeggiare il primo centenario?
Nel 2024 festeggeremo il primo centenario della Galleria d’Arte Moderna Comunale che conserva una collezione straordinaria di arte, soprattutto dagli anni Venti agli anni Quaranta e che oggi sta diventando un punto di riconoscimento e ritrovo sempre più importante per l’arte contemporanea. Le mostre che allestiamo sono anche l’occasione per rendere visitabili, a rotazione, tutte le collezioni custodite nei depositi della GAM che solo per mancanza di spazio non possono essere esposte tutte insieme.
La Galleria è anche un centro di ricerca?
Certamente, ogni mostra è l’occasione per studiare il grande patrimonio artistico custodito, per esporre opere e farle conoscere ai diversi pubblici che possono fruirne attraverso una serie di apparati didattici accessibili anche ai non vedenti.
Enrico Prampolini e il suo laboratorio è al centro di questa triplice esposizione. Chi è stato e cosa ha rappresentato?
Prampolini è stato non solo uno degli artisti più importanti del Futurismo ma anche colui che è riuscito a parlare, attraverso le sue opere, alle generazioni successive, ispirando molti autori più giovani da Burri a Dorazio. È stato un maestro capace di sperimentare vari linguaggi e differenti materie, con un multilinguismo artistico e una grande interdisciplinarietà. Questa mostra ricompone la storia di uno dei grandi maestri del Novecento, favorendone una conoscenza più approfondita che restituisca l’idea di come Prampolini sia stato non solo Futurismo ma molto altro.
La GAM festeggia anche il ritorno di un’opera importante
È finalmente visitabile l’Allieva di danza di Venanzo Crocetti, una scultura chiusa in una cassa da 60 anni e mai più esposta proprio perché ferita, con fratture alle caviglie. La collaborazione con l’Istituto Centrale per il Restauro e il Policlinico Umberto I che ha eseguito una Tac sulla statua, ha potuto permettere di curarla con un restauro di saldatura che la sostiene dall’interno e rende possibile l’esposizione dell’opera in questa importante occasione.
Massimo Duranti
Chi è stato Osvaldo Peruzzi?
Un grande artista che ho avuto il privilegio di conoscere e frequentare da quando aveva 80 anni fino alla sua morte, avvenuta a 97 anni. È stato allievo e amico di Prampolini, l’artista che ha anticipato e inventato l’evoluzione della modernità in arte. Peruzzi è stato un ingegnere futurista, forse l’unico, che ha abbracciato l’ingegneria come studio e come attività artistica, con una autentica passione per la musica e per il cinema che coltivava anche in periodi in cui tutto ciò era vietato. Nel 1932 dipinge un omaggio al jazz, esposte in mostra ci sono ritratti di Lili Marlene, Josephine Baker.
Qual è la linea narrativa della mostra dedicata a Peruzzi?
Per scelta curatoriale abbiamo deciso di presentare una ristretta ma significativa quantità di opere, esposte per periodizzazione storica. Ventisei opere raccontano il suo percorso artistico dagli esordi con 5 fantastiche cartoline con cui comincia a costruire il suo linguaggio, quello che diventerà di avanguardia futurista, fino alla fine storica del Futurismo nel 1944 con la morte di Marinetti. La sua parabola artistica è costruita sulla geometria e sul colore. Lo splendore geometrico che dà il titolo alla mostra, viene fuori dall’intersecazione delle geometrie e dei colori, l’aereopittura, le visioni dall’alto distorte e dilatate nel paesaggio e la proiezione cosmica, non più solo paesaggio visto dall’aereo, ma il paesaggio cosmico che è sopra l’aereo, rivolto verso l’infinito.
Peruzzi è stato esposto anche alla mostra sul Futurismo a New York?
Si, con un’opera che appartiene alla Galleria d’Arte Moderna, acquistata nel 1935 dal regime e custodita in questo museo dove ora è esposta.