Il mondo raccontato dagli scatti di Helmut Newton arriva a Roma ed è subito fotografia. Lo spazio espositivo dell’Ara Pacis ospiterà fino al prossimo marzo, una retrospettiva dedicata a Helmut Newton e alla sua legacy. Duecento fotografie, ottanta scatti esposti per la prima volta, materiali d’archivio, riviste e documenti, offrono un’occasione preziosa per approfondire la conoscenza con un gigante del Novecento, il fotografo geniale che ha cambiato il racconto della moda e dei suoi protagonisti. Helmut, prima di diventare Newton con l’anglicizzazione del suo cognome ebreo Neustaditer, è un ragazzo nato a Berlino nel 1920, appassionato di fotografia già all’età di 12 anni, che a 16 comincia a sperimentare i suoi primi ritratti di moda, a 18 è costretto a lasciare la Germania per sfuggire al clima antisemita che si cominciava a respirare, si imbarca e arriva in Australia dove apre il suo primo negozio di fotografo. La passione trasforma il lavoro in carriera, grazie a uno sguardo curioso che lo porterà ad abitare il mondo, uno sguardo che cambierà per sempre la fotografia di moda. Quale definizione, tra le tante che gli sono state attribuite, elegante, provocatorio, rivoluzionario, rappresenta compiutamente Helmut Newton? Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero lo ha chiesto a Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation e a Denis Curti, curatore italiano della mostra Helmut Newton. Legacy.
Matthias Harder
Chi è stato Helmut Newton?
Newton è stato un fotografo geniale, capace di idee molto innovative che ha avuto capacità di visione e ha saputo elaborare una poetica. Ha rivoluzionato la fotografia della moda nonostante fosse un fuoriclasse che giocava in un campionato di talentuosi perché il Novecento ha avuto grandi fotografi.
Roma che oggi ospita la retrospettiva Helmut Newton Legacy è stata anche luogo di shooting importanti realizzati dall’autore
Helmut Newton è venuto molte volte a lavorare in Italia. Dalla sua casa di Montecarlo, era solito prendere il treno per attraversare la frontiera e quando arrivava a Bordighera, si sentiva già in Italia. Ha lavorato molto a Milano, frequentato il Lago di Como, Venezia, Capri ma ha lavorato anche a Roma dove ha realizzato un progetto molto interessante. Ha organizzato uno shoot su commissione per la rivista Linea Italiana con i paparazzi, ispirato dal film La Dolce vita di Fellini, il primo esordio dei paparazzi, come nome e professione, nel mondo della fotografia.
Newton era attratto dai paparazzi?
Indubbiamente i paparazzi hanno attirato la sua attenzione, ha conosciuto anche Tazio Secchiaroli, il famoso paparazzo romano.
Lo scatto al Circo Massimo cosa racconta e in cosa è innovativo?
Newton realizza uno shoot al Circo Massimo con una modella circondata da uomini. La novità è che la star è lei, la modella, che sembra essere arrivata direttamente da Cinecittà, passando per Via Veneto, fino al Circo Massimo.
E non era così?
No, in realtà è tutto finto, non ci sono paparazzi a caccia di attrici, è una modella scelta per l’occasione ma il modo in cui Newton l’ha fotografata, assediata dai fotografi, ricrea la situazione tipica diva/paparazzi. I paparazzi la trattano come se fosse una star ma è un puro frutto della fantasia di Newton.
Paparazzi è una serie fotografica di 8 scatti esposti in mostra?
Si, è una serie che imbastisce una narrazione, uno story telling.
Lo story telling inserito nella fotografia di moda è una sua costante?
Si,Newton ha realizzato tantissime serie che imbastiscono una vicenda e questi story telling, iniziati negli anni Sessanta, lo hanno accompagnato anche nei decenni successivi, fino alla conclusione della sua vita artistica.
La mostra cosa aggiunge alla conoscenza di Helmut Newton?
Helmut Newton è stato un fotografo molto celebre ma credo che il pubblico italiano e romano troverà certamente qualcosa di nuovo in una mostra che segue esattamente tutta il suo corpus di opere. In mostra sono esposte molte sue immagini iconiche, anche quelle che pur essendo iconiche, non sono così note. Penso che Helmut Newton Legacy sia una mostra in grado di stupire anche chi conosce già l’opera di Newton che è mancato 20 anni fa. Se giri un angolo di questi corridoi (ndr spazio espositivo dell’Ara Pacis), trovi sempre qualcosa di nuovo che aiuta a capire il suo atteggiamento, il suo modo di vedere la moda, le persone, le cose. Credo che la mostra abbia diversi livelli di comprensione e che ci sia qualcosa per ogni persona che la visita.
Denis Curti
Helmut Newton a Roma, ed è subito fotografia
La fotografia ha occupato moltissima parte della vita di Helmut Newton, un uomo curioso che guardava gli altri per imparare a rubare e a reinterpretare, come diceva Picasso. La sua è una fotografia ricca di contenuti, provocazioni, dubbi, dove il visitatore è chiamato a completare la sua opera perché Newton aveva la capacità di realizzare fotografie complicatissime, che necessitavano di una regia importante ma che poi alla vista appaiono semplicissime. Nelle sue foto si vedono i difetti, gli orizzonti storti, le pose mosse, i tagli sbagliati ma tutto era progettato e noi lo abbiamo capito proprio costruendo questa mostra. Newton utilizzava tante polaroid che si sviluppavano immediatamente, esattamente come si usava nel cinema per ricordarsi la posizione degli attori e delle comparse.
Una caratteristica particolare del Newton fotografo?
Era un maniaco della perfezione. Non sapeva disegnare ma ritagliava, incollava e scriveva tutto sui suoi mitici quadernini conservati nella Helmut Newton Foundation, che ci restituiscono l’idea di un fotografo capace a volte di improvvisare ma che sapeva sempre dove voleva arrivare.
È corretto affermare che Newton ha cambiato il paradigma dell’osservazione e anche del costume?
Si perché è stato uno dei fotografi capaci di portare le contraddizioni della nostra società, all’interno delle fotografie di moda. Prima di lui questo non accadeva, la fotografia di moda era la fotografia di moda, con la precisa funzione di raccontare il lavoro degli stilisti e dei produttori di moda e accessori.
Con Newton cosa accade?
Newton fa molto di più, apre un mondo nuovo nella moda, capace di trasmettere contenuti su argomenti vari, ecologia, inclusività, identità di genere. Newton è stato in questo un precursore, lo ha fatto con coraggio, tralasciando tutte le critiche che gli sono state rivolte, anzi diceva sempre che bisogna essere all’altezza della propria cattiva fama.
Non sono un artista, sono un fotografo. Perché faceva questa distinzione?
Adorava gli artisti, frequentava le mostre, collezionava cataloghi, non aveva assolutamente niente contro gli artisti. La sua affermazione va letta come una provocazione perché Newton sapeva benissimo qual era il suo valore, tanto che la Fondazione che porta il suo nome, la crea lui quando è in vita. Non voleva definirsi un’artista, ma sapeva benissimo il valore delle opere che realizzava.
Newton e l’Italia
Visitava spesso l’Italia e lavorava in luoghi dove l’elemento della storia e la presenza dell’arte era molto importante.
Come è stata selezionata l’immagine di copertina della mostra? Tra tante foto, proprio quella. Perché?
La signora ritratta nella foto ha in mano un mazzo di chiavi, simbolicamente apre le porte della città e dà le chiavi a tutti. È una immagine seducente e provocatoria, con una dimensione di mistero.