Dal 9 novembre è visitabile a Roma, in viale Mazzini, la mostra “Interiormimetico” dell’artista Paolo Fichera, a cura di Laura Catini per le iniziative di Micro. Una raccolta di quadri dal sapore esistenziale, introspettivo e malinconico accoglie il visitatore tra paradossi, enigmi e uno spiccato contrasto tra interiorità e mondo esteriore. Fichera con la sua pittura racconta l’esistenza umana con una narrazione artistica coinvolgente. Ciascun osservatore può riconoscersi nel protagonista dell’opera, rispolverando esperienze intime vissute in un passato recente o lontano come la solitudine provata nel periodo pandemico, una sensazione storica che ha toccato ognuno di noi. Il pittore esplora i concetti universali di isolamento e lontananza giocando con le immagini: è frequente la raffigurazione di tre ambienti diversi nella stessa tela, al fine di confondere volontariamente l’osservatore a cui spetta il compito di cogliere il messaggio essenziale dell’opera. Osservatorio Roma incontra Paolo Fichera, artista originario di Sabaudia che vive a Roma dal 1968 ed espone in questa occasione quadri che raccontano la profondità del sentimento umano al di là dell’apparenza, facendo emergere il dietro le quinte psicologico della vita quotidiana.
Paolo Fichera
Quanta pandemia c’è dentro questa mostra dal forte carattere introspettivo?
La pandemia può aver inciso in qualche maniera nel senso dell’isolamento e della mancanza, ma non più di tanto. Trattandosi di un lavoro molto interiore, la pandemia non ha influito particolarmente. Diciamo che il fenomeno pandemico esula dal mio percorso artistico che anche senza l’arrivo del Covid, sarebbe stato comunque un continuo di ricerca personale.
Lo spettatore che visita la mostra ha vissuto una condizione di isolamento obbligato. Lei può riconoscersi nella situazione psicologica dell’analisi interiore?
Per quello che è il mio modo di lavorare, ho sempre in considerazione l’aspetto fondamentale che lo spettatore possa ritrovare qualcosa che gli assomiglia, che conosce. Molto probabilmente l’immagine immediata fa emergere anche qualcos’altro perché l’osservatore ha la capacità di entrare nell’opera e farne parte. Le immagini, pur descrittive, sono volontariamente fotogrammi di una vita, di un film dove prima e dopo sicuramente qualcosa accade. C’è qualcosa che cambia, che cambierà, che è stato e che sarà. I quadri esposti sono momenti di vita dove tutto è accaduto e tutto il resto può accadere.
Da alcuni quadri si evince come ci si possa sentire soli anche in mezzo a tante persone. La sfida del quotidiano è il recupero di una comunicazione efficace e costruttiva?
Io non posso avere la soluzione, ma va cercata e per questo bisogna continuamente cercare uno spunto. L’intelligenza artificiale potrebbe intuire molte soluzioni future, ma è solo un esempio. Io condivido la mia conoscenza affinché ciò che io so e conosco, possa essere conosciuto anche dagli altri. Di certo voglio mettere in evidenza questo stato di malinconia e solitudine. Il mondo interiore di ognuno è sempre più diverso rispetto a quello che gira intorno all’individuo. Con le mie opere cerco di evidenziare quello che probabilmente è un difetto di concezione della vita. Certamente c’è una certa malinconia, presente anche più in generale nel mio modo di pensare.
Una riflessione sul concetto del vuoto, dove forse c’è già tutto, ovvero l’essenziale?
Il vuoto fa parte del percorso e anzi è la parte che ispira di più. Gli artisti non fanno altro che andare alla ricerca di quanto può esserci nell’essenziale, come un elettrone che gira intorno al nucleo dell’atomo. Questo nucleo non è mai intaccato: ci giriamo intorno, cercando una soluzione. Il vuoto è fondamentale perché se non esistesse, non ci sarebbe la possibilità di inventare e andare oltre quello che si vede. La forma nasce dal vuoto: ogni tela nasce da un buco che si riempie di immagini, le quali emergono proprio dal vuoto.
In molte sue opere l’ombra sgomita per farsi notare. Chi è pieno di orgoglio percepisce l’ombra come una minaccia ma può essere invece un’amica da abbracciare?
L’ombra serve per evidenziare l’esistenza di un corpo, di un personaggio, di un oggetto. L’ombra è facoltà della luce, quindi testimonianza di esistenza, è corposità, qualcosa che ci appartiene e può suggerire anche un modo diverso di comportarsi e vedere le cose.