Un artista irregolare, filastrocche irriverenti, musiche divertenti, un personaggio dall’aspetto simpatico, un viso aperto al sorriso, occhi trasparenti e buoni, capelli scomposti annidati sotto un cappello. Un jeans, una camicia a scacchi, una sciarpa rossa e la chitarra, protagonista di una storia che si racconta in musica e si accompagna a un nome, Rino Gaetano, che si identifica con Roma ma canta l’Italia. Gianna, Berta Filava, Nuntereggae più, Ma il cielo è sempre più blu, A mano a mano, Mio fratello è figlio unico, sono canzoni che cantano i padri e amano i figli, capolavori che resistono al tempo, alla prematura scomparsa di un giovane cantastorie che a 31 anni aveva già visto e previsto cose, cantato fatti e misfatti di una società che avvertiva ipocrita e opportunista. Rino Gaetano, calabrese di nascita, trova in Roma la sua definizione. La città delle contraddizioni lo intriga, gli piace Monte Sacro, il quartiere dove la sua famiglia ha scelto di abitare, lo affascina Trastevere, frequentato dagli artisti e dove vive l’esperienza legata al Folkstudio ma Roma è anche la città della politica, delle auto blu, delle manifestazioni e delle proteste sociali. Un terreno fertile per un cantastorie che con scanzonata ribellione, con una poetica fuori dal coro e ricorrendo al paradosso, cercava di svegliare le coscienze. Qual era la sua cifra artistica dominante, la poesia o la musica? Il graffio della voce, la pungente ironia, il sottile sarcasmo o la rilassata naturalezza con cui vestiva di note il suo impegno sociale, divertendo e divertendosi? Una mostra, la prima monografica dedicata a Rino Gaetano, allestita al Museo di Roma in Trastevere fino al 28 aprile, è l’occasione per immergersi nel mondo pop, rock, folk e reggae dell’artista, tra i suoi strumenti musicali, la raccolta dei dischi, quaderni, spartiti, foto, documenti, abiti di scena, collezione di cappelli e macchine da scrivere. La sorella Anna e i nipoti Maurizio, Danilo e Alessandro con Miranda, biografa di Rino Gaetano, custodiscono i preziosi tasselli di una storia che non si è interrotta in una notte di giugno sulla Via Nomentana. La poesia, l’ironia, la malinconia di un osservatore geniale del suo tempo, continuano a ispirare riflessioni, sulle note di canzoni belle da ascoltare e da cantare, nella speranza che, nonostante tutto, può nascere un fiore nel nostro giardino. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Riccardo Cocciante, Gloria Satta e Giusy Ferreri per approfondire ragioni e poetica di un artista amato e mai dimenticato.
Riccardo Cocciante
Il graffio della voce e la ribellione dell’anima è ciò che la unisce idealmente a Rino Gaetano?
Il graffio della musica, il graffio delle parole, il graffio della vita. E’ questo che fa l’artista che vive di queste difficoltà, ma se riesce a tradurle in musica, ottiene un grande risultato. Con Rino ci univa la difficoltà di vivere, il nostro grido era un grido di espressione, ma anche di amore, per far uscire fuori quello che avevamo dentro, per farci capire, per affermare la nostra personalità. Negli anni Settanta eravamo entrambi visti male dalla società proprio perché eravamo aggressivi nella nostra proposta, ma l’artista vero deve essere aggressivo, non omologato. Rino Gaetano era un artista con la A maiuscola, un vero cantautore che avvertiva forte il bisogno di scrivere per esprimere quello che sentiva.
La ribellione grande protagonista nella vita di entrambi?
Rino era indubbiamente un ribelle, ma la sua ribellione celava una grande sensibilità e una bellezza nascosta.
Ribellione verso cosa e verso chi?
Ci univa una ribellione verso il perbenismo, l’ipocrisia, il conformismo. Noi volevamo esprimerci liberamente, affermare la nostra identità e ci siamo riusciti guidati da un geniale direttore artistico della casa discografica Rca, Ennio Melis, che ebbe coraggio e cambiò la musica italiana.
Gloria Satta
Rino Gaetano chi è oggi?
È un artista sempre attuale e sempre nei cuori delle persone, anche quarant’anni dopo la sua prematura scomparsa.
Rino Gaetano, colto e profondo. Perché?
Dietro l’apparente leggerezza, disincanto e scanzonatezza dei suoi pezzi, sempre sul filo dell’ironia, a volte grotteschi e sarcastici, rivela una cultura profonda che affonda le radici nei suoi studi umanistici. Rino ha studiato in collegio dai preti, ha imparato ad amare la cultura umanistica, i testi classici e la musica sacra. La sua spiccata curiosità intellettuale, lo ha portato a frequentare in maniera intensa il teatro di avanguardia, a seguire l’arte contemporanea, a interessarsi, con impegno, alla questione femminile che negli anni Settanta, specialmente a Roma, era particolarmente palpitante. Tutto questo è poi confluito nella sua musica.
Che musica è quella di Rino Gaetano?
È una musica allegra, orecchiabile, le sue canzoni che cantiamo ancora adesso, sono attualissime anche dopo quarant’anni, continuano a dare emozioni e contengono riflessioni profonde sui mali della società, sull’arroganza del potere, sull’emancipazione della donna, sullo sfruttamento del lavoro, perfino sull’ambientalismo, un tema che allora non era ancora di moda.
Le donne delle sue canzoni, Gianna, Berta, che donne erano?
Erano donne libere e anticonformiste che non sognano il principe azzurro ma difendono il salario dall’inflazione, sono donne che si prendono la libertà di andare a letto con chi vogliono, non dimentichiamo che Rino è stato il primo artista a pronunciare la parola sesso sul palco del Festival di Sanremo nel 1978. Rino esprime questo suo pensiero, sicuramente condizionato dal movimento femminista che imperversava negli anni Settanta, ma si prende la libertà intellettuale di scriverlo e cantarlo, senza temere le censure, in nome del diritto a esprimersi.
Sorprende che la mostra allestita al Museo di Roma in Trastevere sia la prima monografica dedicata a Rino Gaetano?
Si, è veramente singolare ma questa mostra si deve all’impegno della famiglia di Rino, della sorella Anna, del nipote Alessandro che con la Rino Gaetano Band porta avanti la musica di Rino, Miranda, compagna di Alessandro e memoria storica di Rino e alla competenza e capacità di Alessandro Nicosia, il più grande organizzatore italiano di mostre che ha sposato questo progetto con grande entusiasmo.
La mostra viaggerà?
La mostra si muoverà, sono già previste altre sedi ma sarebbe bello andasse anche all’estero perché è una mostra trasversale che piacerà a tutti, a chi lo ha conosciuto e ai giovani che cantano le sue canzoni, perché è una lezione di musica, coerenza e onestà intellettuale.
Rino Gaetano, un calabrese a Roma che non si sentiva emigrato?
Esattamente, non si considerava emigrato perchè la sua famiglia si era trasferita a Roma per ragioni diverse dall’emigrazione. Rino è rimasto sempre legato alla Calabria dove tornava ogni volta che poteva, ma in realtà si è formato a Roma, come uomo e come artista. La sua storia è un mix di culture che ha sicuramente giovato alla sua arte.
Che artista è stato Rino Gaetano?
Un artista universale e senza tempo, attuale ancora oggi, un’icona della cultura pop italiana che va ricordato per la sua capacità di innovare la musica ma anche per la sua allegria, la gioia di vivere e di esprimersi liberamente, con un anticonformismo naturale e istintivo.
Giusy Ferreri
Cosa rappresenta per lei Rino Gaetano?
Rino Gaetano rappresenta non solo per me, ma per tutto il pubblico, un punto di riferimento fondamentale di cantautorato italiano. Mi ha sempre colpito la sua grande personalità, l’onestà nello scrivere i testi con grande verità, l’ironia e il suo modo di porsi. Era avanti nei tempi, riusciva a raggiungere il cuore della gente con una comunicazione istintiva che non aveva nulla di costruito. È stato un artista unico, un pilastro della musica italiana, un esempio per tutti.
Come lo racconta la prima monografica a lui dedicata?
È una bellissima mostra che lo rappresenta pienamente e racconta il suo mondo personale e artistico. Sono molto felice che sia stata organizzata, è una grande festa per ricordarlo come merita. La musica di Rino Gaetano è arrivata alle generazioni successive, esattamente come lui aveva predetto e continuerà a essere tramandata, perché dove c’è verità e coerenza, c’è anche una continuità destinata a restare nel tempo.