Ogni mostra è un racconto che il titolo anticipa e accompagna. 1950-1970 La grande arte italiana, offre al visitatore capolavori realizzati dai più importanti artisti italiani nei decenni d’oro dell’arte contemporanea. La mostra presenta diversi profili di interesse, legati non solo all’importanza delle opere esposte, ma alla complessa operazione che rende possibile l’esposizione. Nel progetto entrano due città, Roma e Torino, e due importanti istituzioni culturali, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e i Musei Reali di Torino.
La GNAM è il museo nazionale che custodisce collezioni di arte moderna e contemporanea di ineguagliabile valore, affidate dagli artisti alla Galleria Nazionale anche grazie al ruolo svolto dalla Soprintendente Palma Bucarelli, direttrice della GNAM per trent’anni e instancabile tessitrice di relazioni culturali. Per allestire la mostra nelle Sale Chiablese dei Musei Reali, visitabile fino al 2 marzo 2025, un ingente numero di opere esce per la prima volta dalla GNAM, che provvede a ripensare il proprio allestimento. 79 opere raccontano 21 artisti, in dialogo tra loro. Ma il confronto più atteso è quello tra Lucio Fontana e Alberto Burri, un confronto che passa attraverso 11 opere capolavoro. Interessante è il focus sulla contemporaneità in una sala dedicata al grande quadro specchiante I visitatori di Michelangelo Pistoletto. L’arte contemporanea in mostra è rappresentata anche da Emilio Isgrò, Mario Schifano e Pino Pascali, con opere in significativo confronto e dialogo.
Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Renata Cristina Mazzantini, Federico Mollicone, Mario Turetta e Jole Siena.
Federico Mollicone
Presidente Commissione Cultura Camera dei Deputati
Qual è il significato della mostra che vede due città, Roma e Torino, in dialogo culturale?
Il significato è importante intanto per il rilancio della Galleria Nazionale che con questa denominazione diventa ancora più internazionale. La mostra mette in evidenza e in luce la grande stagione dell’arte italiana che finalmente trova quel giusto ruolo e luogo di attenzione che non ha avuto in questi anni. L’obiettivo della mostra è far capire che il periodo tra gli anni ’50 e ‘70 è stato maieutico della grande arte e dei grandi artisti italiani, molti dei quali non sono certo minori rispetto ai grandi movimenti internazionali. Ben venga questa operazione che unisce due grandi e belle città, Roma e Torino.
Settantanove opere cambieranno aria e città…
Si, molte opere saranno esposte in un ambiente estraneo agli spazi della Galleria Nazionale, da sempre luogo di frequentazione artistica e di scambio culturale, aperta a tutte le avanguardie culturali. La mostra è un omaggio all’immensa figura di Palma Bucarelli, che si è adoperata incessantemente per l’acquisizione di opere e collezioni che costituiscono oggi l’unicità del patrimonio artistico custodito alla GNAM. Al termine della trasferta torinese, la mostra tornerà alla GNAM come esposizione permanente.
Mario Turetta
Direttore delegato Musei Reali di Torino
Il dialogo sinergico e costruttivo tra due città storiche e due Musei Statali importanti che significato ha?
È un legame non solo storico ma antico tra due città entrambe capitali, Torino lo è stata, Roma lo è diventata, che oggi guardano alla contemporaneità. Torino da anni si è avviata verso la valorizzazione di questi aspetti attraverso una manifestazione internazionale, Artissima – Fiera internazionale d’arte contemporanea, una delle più importanti d’Italia ma anche attraverso una prima esperienza, replicata anche in altre città, Luci d’artista che nel periodo invernale rende il centro un vero museo a cielo aperto proprio attraverso installazioni luminose. Il significato del rapporto tra due Musei Statali è importante perché vuole valorizzare il patrimonio artistico nazionale.
La mostra cosa si propone e quale aspetto mette in risalto?
La mostra si propone di allargare, soprattutto per i Musei Reali che sono la rappresentazione di 400 secoli di storia e di collezioni dei Sabaudi, l’orizzonte con il mondo che cambia e si aggiorna. Questo rapporto deve continuare con un dialogo e un linguaggio tra antico e moderno, promuovendo i valori che sono antichi e moderni. Attraverso questa mostra, raccontiamo artisti straordinari e opere straordinarie che hanno segnato l’epoca 1950-1970, che ci ha resi famosi in tutto il mondo.
Renata Cristina Mazzantini
Direttrice GNAM e co-curatrice della mostra
Con lei alla guida, la GNAM si ripensa. In che senso e verso quale direzione?
La Galleria Nazionale aspira a fare grandi mostre e con l’occasione aspira a esportare il suo brand e il suo nome, per sfruttare al massimo il suo patrimonio in modo che quando non è esposto nella sede maturale, sia visibile all’estero con format che la stessa GNAM può confezionare. La Galleria Nazionale ha una collezione ricchissima, con un centro studi in grado di promuoverla e valorizzarla. La GNAM ha avuto e ha ancora un ruolo importante nella formazione del patrimonio artistico italiano.
Gli anni ’50, ’60 e ’70, considerati dalla mostra, sono fondamentali per l’arte italiana. La GNAM quante opere ha che narrano il periodo?
I numeri sono impressionanti, si tratta di 14 Burri, 14 Fontana, 31 Capogrossi, numeri importantissimi associati alla qualità delle opere che non sono opere qualsiasi ma in molti casi sono i capolavori degli artisti. È una collezione straordinaria, senz’altro la più importante.
Lei è anche co-curatrice della mostra con Luca Massimo Barbero. Qual è l’idea di partenza e la linea narrativa su cui si sviluppa?
Siamo partiti dall’idea di far vivere a tutti quella che è stata una grande avventura. Quel periodo è stato magico, con tante sperimentazioni, l’Italia voleva ricostruirsi, nell’arte si esploravano nuovi territori e tutto aveva il sapore della grande avventura. Abbiamo voluto far capire al pubblico, con lo spirito, l’energia e gli occhi di allora, questo grande momento di fortissimo cambiamento che sono stati gli anni dal 1950 al 1970.
È una mostra per tutti, anche per chi i capolavori di quel periodo non li conosce ancora?
Sì e finalmente si può pensare a storicizzare quel periodo e pensare a questi artisti come a nuovi maestri dell’arte italiana. Assolutamente al pari di quelli dei secoli precedenti.
Iole Siena
Presidente Gruppo Arthemisia
Arthemisia produce una mostra che definisce unica. Perché?
Avere la possibilità di esporre tutti questi capolavori è un’occasione unica perché normalmente di tutte le opere in mostra a Torino, se ne possono avere circa un quarto per un normale allestimento. I capolavori sono sempre alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che è la loro sede consueta. La felice occasione di riallestimento di questo museo, ci consente di vedere le opere tutte insieme, rimodulandole e mostrandole con un racconto preciso. È un’occasione unica perché, salvo altri riallestimenti, non credo ci saranno altre opportunità di far uscire dalla GNAM tutte queste opere.
È una mostra racconto?
Sì, è qualcosa di completamente diverso dall’esposizione museale perché racconta quel periodo felice, un ventennio irripetibile che va dal 1950 al 1970. Anni in cui gli artisti insieme hanno sviluppato una energia incredibile, hanno segnato profondamente la storia dell’arte, influenzando e illuminando tutto il mondo. Questo tipo di influenza planetaria è accaduta nel Rinascimento e poi in quegli anni che la mostra racconta.
Che periodo rappresenta per l’arte?
È un periodo fondamentale che va ricordato, rivisto e vissuto come esempio perché racconta un modello meraviglioso che a oggi rimane insuperato nell’arte italiana. In quel ventennio si è creata una magia unica di artisti che hanno lavorato con entusiasmo e grande energia creativa.
Quanto è importante la collaborazione tra pubblico e privato per avvicinare alla conoscenza dell’arte?
La collaborazione pubblico-privato è proficua, indispensabile e questo è un dato acquisito da tempo. Credo che i risultati migliori nell’organizzazione delle mostre si raggiungano mettendo insieme le eccellenze del pubblico e le eccellenze del privato. È da questo incontro che nascono le grandi mostre.