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Acqua nell’Arte e Arte dell’Acqua

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Raccontare la storia di Roma antica, le sue trasformazioni nel tempo e il volto contemporaneo, significa anche soffermarsi sull’importanza, vitale e strategica, dell’acqua per la città definita Regina Aquarum. L’iconografia classica, sostenuta anche dall’ immagine cinematografica che ha raccontato Roma nel mondo, associa l’acqua alla presenza delle innumerevoli fontane monumentali, storiche, moderne, espressione di stili artistici diversi ma anche folkloristiche e pop. In realtà il rapporto della città con l’acqua è molto più antico e profondo, Roma ha origine dall’acqua, il Tevere che nella sua più felice posizione geografica determinò il luogo di fondazione della città eterna, ha sottolineato per secoli la vita dei Romani, era il cuore di Roma e quando alla fine dell’Ottocento furono costruiti gli argini per proteggere la città dalle inondazioni, Roma cambiò volto e i Romani cambiarono vita. Roma antica era straordinariamente ricca di acqua che i cittadini impararono a non disperdere, canalizzandola attraverso la costruzione di acquedotti, bacini idrici, opere ingegneristiche e fognarie giunte fino a oggi. Roma imperiale, una metropoli già nel I secolo d.C, aveva 1.200.000 abitanti e richiedeva 1.200.000 litri d’acqua al giorno. I Romani imparano a gestire i flussi d’acqua, a usarli e a smaltirli, per le necessità quotidiane e per il tempo libero. Le terme romane, luoghi ed edifici pubblici di intrattenimento, benessere, cura del corpo e socializzazione, rappresentano ancora oggi un argomento di grande interesse scientifico per ingegneri, storici e sociologi.  Acqua nell’Arte e Arte dell’Acqua è una bellissima mostra che racconta l’intensità del rapporto tra Roma e l’acqua, allestita nelle Terme di Diocleziano, il più grande edificio termale del mondo romano, sede del Museo Nazionale Romano dal 1889, che conserva intatta tutta la parte centrale del complesso antico. Le Aule del Museo Nazionale Romano espongono una ricca raccolta di reperti archeologici, in buona parte provenienti dagli scavi effettuati dalle acque e sulle sponde del Tevere per la costruzione dei muraglioni. Statue di bronzo e di marmo, ex-voto di terracotta, frammenti di architetture monumentali, cippi, iscrizioni, fontane e fontanelle, nasoni, rubinetti, tubi e perfino filtri, per capire come l’acqua veniva utilizzata, considerata e in parte anche strumentalizzata, perché era anche motivo di potere.  Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Stephan Verger, direttore del Museo Nazionale Romano e Vincenzo Lemmo, archeologo e curatore della mostra.

Stephan Verger

Direttore, una mostra su una tematica di Roma antica finora poco esplorata?

Acqua nell’Arte e Arte dell’acqua è una grande mostra realizzata in collaborazione con Acea e con il Centro Europeo per il Turismo e cultura di Roma, una mostra che permette di fare un confronto tra la situazione contemporanea dell’acqua a Roma con la presentazione tratta dagli archivi storici e fotografici di Acea e tanti oggetti che provengono dai magazzini del Museo Nazionale Romano. La mostra entra in una serie di eventi che caratterizzano il progetto Depositi riscoperti, attraverso i quali riscopriamo opere, capolavori, documenti storici importanti che sono ancora nascosti nei depositi alle Terme di Diocleziano e a Palazzo Massimo. Grazie ad Acea lo abbiamo fatto sul tema dell’acqua.

Perché Roma è conosciuta dall’antichità come Regina Aquarum?

Perché c’era un sistema molto complesso e razionale della gestione dell’acqua, con undici acquedotti, tanti castelli d’acqua, canalizzazioni che attraversavano tutta la città e tutti gli edifici, imperiali, privati, pubblici di Roma. Noi abbiamo riunito una piccola raccolta di oggetti molto concreti, tubi e fistule di piombo, rubinetti in bronzo, filtri, tubi di terracotta che raccontano la storia dell’alimentazione in acqua della popolazione di Roma costituita da oltre un milione di persone. Ci sono poi le meravigliose fontane da giardino che stupiscono per i bellissimi giochi d’acqua.

Il Tevere che ruolo ha nell’allestimento della mostra?

L’ acqua a Roma è il Tevere che ha dato tanto all’archeologia e alle collezioni del Museo Nazionale Romano perché quando sono stati costruiti i muraglioni, negli scavi fatti sulle sponde del Tevere sono state fatte tantissime scoperte. In mostra abbiamo scelto di esporre alcuni reperti molto importanti, la Testa di bronzo monumentale di Valentiniano, l’imperatore che ha costruito un ponte importante, Ponte Sisto, dove il reperto è stato recuperato. Ci sono reperti che provengono dal mare, dagli scavi subacquei marini, come lo spettacolare Cavallo di bronzo che viene dalle acque di Ponza e tutta una serie di opere che raccontano la cultura dell’acqua a Roma. Attorno al Chiostro di Michelangelo ci sono circa 50 cippi che sono i limiti giuridici del Tevere e provengono da tutte le sponde del fiume. La serie permette di rivedere la gestione del corso del fiume dal I sec. A.C. fino al III sec. d.C. Ancora in situ è rimasto un solo cippo, esattamente sotto Palazzo Farnese.

Perché così importante?

Roma aveva una grande cultura dell’acqua ma anche un immaginario dell’acqua che la mostra racconta con tutta una serie di rappresentazioni di amorini sui delfini, ninfe, divinità legate all’acqua come Afrodite che è nata dall’acqua. A Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, è custodito il Trono Ludovisi che rappresenta la nascita di Afrodite.

È una mostra ricca, bella e anche divertente allestita in un luogo votato all’acqua

Si, ci sono reperti molto simpatici come i due conigli che adornavano fontane e da cui usciva un getto d’acqua, uno dei quali recuperato dai Carabinieri TPC. Le Aule delle Terme di Diocleziano dove è allestita la mostra, 1600 anni fa sono diventate una cisterna, come raccontano molti elementi esposti. Nel ‘500 le Terme di Diocleziano sono diventate la Certosa di Roma e al centro del grande Chiostro di Michelangelo c’è ancora una fontana che potrebbe essere tra quelle esposte in mostra, come la bellissima fontana a forma di cratere antico posta davanti all’ Aula. I giochi d’acqua si ritrovano nei reperti conservati nelle casse e nei cassetti dei depositi delle Terme di Diocleziano e Palazzo Massimo. La mostra è un modo per restituire al pubblico opere bellissime e anche una tematica che è stata un po’ dimenticata. Spero che nel nuovo percorso del Museo ci sarà una sezione dedicata al Tevere, alla gestione e alla cultura dell’acqua a Roma.

Vincenzo Lemmo

Dove si comincia per allestire una mostra sull’acqua nella città storicamente definita Regina Aquarum?

Si comincia dall’acqua, dalla sua riscoperta e dalla gestione idrica. Roma è regina dell’acqua ma anche regina della gestione idrica e in questo i Romani erano bravissimi perché l’acqua si disperde, è preziosa ma loro riuscivano a gestirla bene. Avere la curatela di questa mostra è un onore e una riscoperta dell’elemento acqua e della sua importanza nel mondo antico, anche per me che sono un archeologo.

Roma antica come gestiva l’acqua?

Roma aveva undici acquedotti che raggiungevano distanze di 30/ 40 Km, con una pendenza costante del 2% e aveva le terme come quelle di Diocleziano che ospitano la mostra,  frequentate ogni giorno da 9mila persone che potevano usufruire dell’acqua o le Terme di  Caracalla dove potevano accedere ogni giorno 4mila persone.

Cosa significa celebrare l’acqua oggi a Roma?

Significa celebrare Roma e celebrare Roma significa celebrare l’acqua. È un connubio virtuoso.

Qual è il reperto archeologico più antico esposto in mostra?

Ci sono elementi repubblicani come le statue di due coniglietti, due teste del primo periodo imperiale perché la parte più consistente dell’esposizione riguarda proprio il primo periodo imperiale, epoca in cui l’acqua viene utilizzata nella massima espressione anche per una sorta di autocelebrazione del potere.

La gestione dell’acqua dava potere nonostante fosse un bene pubblico?

Certamente, a Roma tutti potevano usufruire dell’acqua anche se non arrivava in tutte le case. Ogni isolato aveva una sua fontana che assicurava l’utilizzo comune dell’acqua ma indubbiamente l’acqua a Roma era un bene che era anche espressione di potere. Le fontane barocche e rinascimentali, gli zampilli d’acqua, le cascatelle artificiali esposti del I e II sec. d.C, sono un’espressione di potenza, trasformo come voglio un elemento naturale e quindi sono quasi un Dio, questo era il pensiero dei Romani in epoca imperiale.

Roma e le sue fontane ma anche Roma e i suoi Nasoni

Il Nasone nasce nel 1873 per l’esigenza di voler restituire l’acqua ai Romani, non più con la costruzione delle fontane monumentali papali ma attraverso una erogazione diretta dell’acqua voluta dai Savoia. Il Nasone nasce con tre bocche a forma di drago, è anche un oggetto artistico, il più antico tra i circa 2mila che ancora oggi arredano Roma, si trova a Piazza della Rotonda al Pantheon.

Il Nasone è tra i simboli di Roma?

Si ed è stato anche un elemento di propaganda politica, legato all’arrivo dei Savoia a Roma che regalando acqua ai Romani, pensavano di averne in cambio riconoscenza e gratitudine. Con i Savoia la gestione dell’acqua diventa capillare.

Oggi il Nasone cosa rappresenta?

È un souvenir che i turisti acquistano come simbolo di Roma,  ha una sua nobiltà artistica pur essendo costruito in ghisa e un significato culturale e politico legato all’utilizzo pubblico dell’acqua, è il mezzo con cui si distribuisce a tutti l’acqua come bene di tutti.

Una mostra sull’acqua alle Terme di Diocleziano, monumento e argomento si incontrano sulla stessa tematica?

È un connubio unico, allestire la mostra Acqua nell’Arte e Arte dell’Acqua alle Terme di Diocleziano è stato assolutamente naturale, grazie anche alla sensibilità del direttore del Museo Nazionale Romano Stephan Verger.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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