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Roma ricorda il 16 ottobre 1943

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Il passare del tempo offusca ricordi, lenisce dolori, guarisce ferite. Spesso ma non sempre, come accade a Roma quando il pensiero va al rastrellamento degli Ebrei romani e alla  deportazione nei campi di sterminio nazisti. Sono trascorsi 80 anni dal 16 ottobre 1943, un sabato che ancora oggi fatica a trovare aggettivi, lo Shabat, il giorno di riposo ebraico, quando dalle 5.30 del mattino alle 14 furono arrestati 1.200 Ebrei italiani, rinchiusi nel Collegio Militare di via della Lungara a pochi passi da San Pietro e poi deportati su treni dell’orrore in partenza dalla stazione Tiburtina. Destinazione Auschwitz, il più sconvolgente tra i lager nazisti, il luogo che ha segnato il tempo dell’orrore, della brutalità, della soluzione finale decisa e attuata. Nel 1945, alla fine della guerra, di quella umanità violata, offesa e smarrita, torneranno vivi a Roma solo in 16.  Dopo 80 anni Roma non dimentica ma ricorda, commemora, rinnova una sofferenza che appartiene alla comunità ebraica e a tutta la città. Passeggiare per Roma significa anche incontrare le vite interrotte degli Ebrei deportati che le pietre d’inciampo, i sampietrini in ottone posti a ricordo, testimoniano. Ed è proprio il passaggio di testimone tra chi quell’orrore ha vissuto, ricorda e soffre ancora e chi deve conoscerlo per ricordare il passato e avere a cuore il futuro, che è alla base del concetto di memoriale, auspicato dalle istituzioni capitoline, accolto dalla Fondazione Museo della Shoah e condiviso dalle comunità israelitiche. La memoria diventa memoriale e Roma trasferisce memoria alle generazioni future, utilizzando tutti i linguaggi possibili.  C’è un autobus, il 23, che oggi copre lo stesso percorso di un tram dove trovò rifugio, in quel sabato terribile, un bambino ebreo di 12 anni scampato al rastrellamento nazista solo perchè la madre lo spinse giù dal camion, che  solo e confuso dopo un lungo tratto a piedi, salì su un tram, si confidò con il bigliettaio e lì rimase nascosto in piena luce per oltre due giorni, protetto dai tramvieri romani che gli portarono cibo e una coperta, fin quando su quel tram tre giorni dopo, salì un vicino di casa che lo riconobbe e lo portò con sé. La storia di quel bambino, Emanuele Di Porto,  che non avrebbe mai più rivisto la madre, diventa oggi una elaborazione grafica presente su 10 vetture della linea Atac 23 scaricabile con un QR code e una graphic novel con la prefazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Roma non dimentica, commemora e costruisce memoria futura con iniziative istituzionali di alto profilo culturale. Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all’estero incontra Miguel Gotor, assessore alla Cultura di Roma Capitale e Marco Baliani, regista di uno spettacolo teatrale che dà voce alla vita di giovani protagonisti, raccontata nella quotidianità del ghetto pochi giorni prima del 16 ottobre 1943.

Miguel Gotor

La memoria come diventa memoriale?

Il concetto di memoriale è importante nella cultura ebraica ma anche in quella cristiana. Non è un soltanto memoria, cioè il ricordo di un evento passato, ma questo evento passato, attraverso un memoriale, viene rivitalizzato, riattualizzato, anche ritualizzato e quindi assume una nuova vita e un nuovo significato che guarda al presente e al futuro. L’iniziativa che ricorda l’80° anniversario della razzia degli Ebrei da Roma, non a caso si intitola “Ricordiamo il passato perché abbiamo a cuore il futuro”, ed è importante che ci sia memoriale di ciò.

Come si declina l’attenzione culturale di Roma Capitale alla commemorazione del rastrellamento degli Ebrei romani?

Attraverso una serie di iniziative, convegni, passeggiate urbane, proiezioni cinematografiche, fiction, documentari, spettacoli, mostre, la presentazione di una graphic novel con la prefazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Stiamo passando dalla fase del ricordo incentrata sulla forza dei testimoni che purtroppo stanno scomparendo per ragioni anagrafiche, alla nuova fase in cui il dovere della memoria e il diritto al ricordo, saranno sempre più affidate all’iniziativa della cultura che deve esprimersi in tutti i linguaggi di cui è capace, convegni ma anche musica, teatro, spettacoli, mostre, per far vivere la fiamma della memoria e trasformarla in una sorta di memoriale.

Dieci giorni per riattivare la memoria

Abbiamo iniziative diffuse in tutto il mese che culmineranno nella giornata del 16 ottobre. Saranno ricevute in Campidoglio, nella Sala della Protomoteca, le scolaresche impegnate da mesi in un discorso di formazione sul tema, L’Università Roma Tre organizzerà un convegno dedicato al 16 ottobre, i Musei Capitolini inaugureranno la mostra I sommersi. Roma, 16 ottobre 1943 ma un momento molto importante della giornata di commemorazione sarà la Marcia della Memoria guidata dal sindaco Roberto Gualtieri che partirà da Piazza del Campidoglio fino a Largo 16 ottobre 1943, nel luogo dove furono portati gli Ebrei romani dopo il rastrellamento, prima della deportazione nei campi di sterminio.

È prevista la presenza del Presidente della Repubblica?

Il Presidente della Repubblica deporrà una corona di alloro lungo il muro della Sinagoga. Ringraziamo il Capo dello Stato Sergio Mattarella per onorarci della sua presenza.

Marco Baliani

Quel giorno. Memorie del 16 ottobre 1943. Cosa succede quando il teatro racconta la storia?

Se la racconti bene succede che le persone si dimenticano che sono passati ottant’anni e sembra che sia l’altro ieri.

E come si fa a raccontare bene le storia?

Promuovendo una memoria vera, fattiva, vivente e non una memoria museale.

Il suo spettacolo, Quel giorno. Memorie del 16 ottobre 1943, come ci riesce?

Alcune voci di bambini e di ragazzi raccontati nei giorni immediatamente precedenti il 16 ottobre 1943, saranno i protagonisti di uno spettacolo che renderà attivissima la memoria e che andrà in scena sul palco all’aperto allestito su Largo 16 ottobre 1943, al Teatro India, trasmesso in diretta da Rai Radio3.

Come è nata l’idea di raccontare la vita quotidiana dei giovani protagonisti, nei giorni precedenti il rastrellamento?

Italo Calvino insegna che per riuscire a parlare della grande storia con la S maiuscola, bisogna riuscire a raccontare storie piccole ma profonde e sincere. Ho studiato quel periodo, imparato tante cose, mi sono messo a scrivere e ho immaginato un bambino di 9 anni, Peppino e una bambina di 12, Ester, cercando di raccontare la straordinaria quotidianità di qualche giorno prima del 16 ottobre. Ho pensato anche a due ragazzi adolescenti, Settimio di 17 anni e Anna di 16 che si amano, si cercano ma non si sono ancora dichiarati. Settimio le confida tutte le sue preoccupazioni sulla vita nel quartiere, vuole scappare mentre Anna tenta di fomentare speranza, viveva tra loro la sfiduciata speranza di non aver capito bene quello che stava accadendo. L’ultima coppia è costituita da due sposi romani non ebrei che vivono al ghetto, vedono la mattina del 16 quello che sta accadendo e decidono di compiere l’atto folle di aiutare gli ebrei in ogni modo, fino al limite delle loro possibilità.

………..

“Ricordiamo il passato perché abbiamo a cuore il futuro”

16 ottobre 1943  / 16 ottobre 2023

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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