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Roma, nascita di una Capitale

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Il 20 settembre 1870 rappresenta una data storica per Roma e per l’Italia. I bersaglieri dell’esercito italiano sconfissero le guardie pontificie aprendo la Breccia di Porta Pia e innalzarono il Tricolore sulla città eterna, scelta come capitale d’Italia. Il 2 ottobre dello stesso anno, i cittadini romani espressero il loro assenso all’annessione di Roma al Regno d’Italia, attraverso un plebiscito popolare che ebbe un esito convintamente positivo. Roma comincia a vivere anni di profonde trasformazioni, edilizie, economiche e sociali.

Nel 1870 risultava edificato solo un terzo della città  all’interno delle mura, abitata da 200mila cittadini che diventeranno 450mila nei venti anni successivi. L’emergenza abitativa è la prima questione che la città romana, diventata nazionale e capitale, deve affrontare. Servono case per accogliere impiegati ministeriali, militari, politici, giornalisti, intellettuali, artisti, negozianti, imprenditori, costruttori, artigiani, operai e tutti i profili professionali che convergono a Roma perché è nella capitale che si concentrano  gli interessi  del Regno d’Italia. Sorgono nuovi quartieri, nasce la prima azienda pubblica di trasporto, l’Impresa romana degli Omnibus, con le carrozze trainate da cavalli. Roma cambia volto, si separa fisicamente dal fiume Tevere responsabile di devastanti alluvioni, apprende nuove forme di socialità e mondanità, nascono i luoghi culturali, le gallerie d’arte, cinema, teatri, cominciano a diffondersi i giornali. Nel 1911, per festeggiare i primi 50 anni dall’Unità d’Italia e i 40 anni dalla proclamazione di Roma Capitale, la città ospita l’Esposizione Internazionale, occasione propizia per completare cantieri aperti da tempo e  inaugurare monumenti simbolici, Il Vittoriano, il Palazzo del Parlamento, il Palazzo di Giustizia, il Ponte del Risorgimento, innovativa costruzione in cemento armato che per la sua unica campata, suscitò l’interesse internazionale. Il processo di costruzione della “Terza Roma”, moderna e contemporanea che seguiva la Roma antica e la Roma papale, era avviato.

In occasione della ricorrenza dei 150 anni di Roma Capitale d’Italia, una mostra celebrativa intitolata “ROMA. Nascita di una capitale 1870-1915”, allestita al Museo di Roma a Piazza Navona, ripercorre il periodo che va dalla Breccia di Porta Pia al 1915, quando l’Italia, sulla spinta delle manifestazioni interventiste in Campidoglio, decide di entrare in guerra.

Palazzo Braschi a piazza Navona, che ospita l’esposizione fino al prossimo 26 settembre, è un luogo emblematico perché fu il primo edificio acquistato dallo Stato nel 1871, come sede governativa per la Presidenza del Consiglio e il Ministero degli Interni. La mostra, che comprende oltre 600 items tra dipinti, sculture, disegni, grafica, fotografie e materiale documentario frutto dei prestiti di Fondazioni, Enti pubblici e privati cittadini, restituisce il senso delle profonde trasformazioni attraverso le quali Roma ha assunto, tra accelerazioni e rallentamenti, il profilo di città capitale. Il filo conduttore dell’allestimento è lo sguardo rivolto alla quotidianità della gente, protagonista di una narrazione ricostruita per immagini, con le fotografie scattate da un fotoreporter ante litteram, il conte Giuseppe Primoli tra il 1888 e il 1903  e con una selezione di manifesti pubblicitari che raccontano le strade, le piazze, la città, i suoi abitanti e il modo in cui essi vissero un cambiamento epocale. Un imponente dipinto di Michele Cammarano “Breccia di Porta Pia” apre un percorso espositivo che si articola su tre nuclei tematici che ricostruiscono eventi storici, trasformazioni urbanistiche e mutamenti socio-culturali di una città diventata capitale. La mostra si conclude con alcuni dipinti interventisti di Giacomo Balla. Roma resta una inesausta narrazione, ma passeggiare idealmente in 45 anni di storia, minuta e quotidiana, soddisfa curiosità e aggiunge conoscenza.

America Oggi e Fondazione Osservatorio Roma incontrano Flavia Pesci e Federica Pirani curatrici della mostra celebrativa.

Flavia Pesci

Com’è strutturata la mostra?

La mostra è molto vasta e racconta 45 anni che vanno dalla Breccia di Porta Pia del 1870, di cui c’è la ricostruzione storica e cinematografica, fino allo scoppio della Prima Guerra mondiale nel 1915, anni che hanno cambiato completamente il volto della città. Roma diventa capitale d’Italia, dopo Torino e Firenze che furono capitali del Regno d’Italia, con l’evento drammatico che porta alla presa di Roma, la Breccia di Porta Pia, con cui l’esercito sabaudo irrompe attraverso le mura e trova una città che era molto mitizzata dai viaggiatori stranieri internazionali, per il suo passato e la sua classicità.

Com’era Roma nel 1870?

 Roma era una città afflitta da molti problemi, soprattutto di povertà, era a metà tra la città e la campagna, funestata da malaria e inondazioni del Tevere. Nell’arco di 45 anni, subisce una trasformazione completa e radicale dal punto di vista architettonico e urbanistico. Si aprono grandi arterie di comunicazione, Via Nazionale e Corso Vittorio Emanuele, prendono forma nuovi piani regolatori tra demolizioni, edificazioni e costruzioni di nuovi sedi amministrative e residenze abitative.

 Si trasforma il tessuto sociale?

Si trasforma profondamente, la popolazione cambia, si incrementa di nuovi profili professionali, giornalisti perché le sedi di giornali e riviste si spostano tutte a Roma, di politici, operai, muratori che vi si trasferiscono  per costruire le nuove opere. Nasce una nuova classe sociale, la classe dei lavoratori, che diventa consapevole di una nuova dimensione sociale. Nel 1896 la città è costruita e divisa in tre parti, una abitata, una costruita e l’altra occupata perché i prezzi delle case si alzano e iniziano dinamiche sociali di protesta. La mostra documenta gli aspetti sociali, le trasformazioni culturali e artistiche, la nascita di nuovi teatri, Il Quirino nel 1871 è il primo a essere inaugurato, le grandi associazioni sportive, la fondazione di tre ippodromi che portano  grandi corse di cavalli e occasioni  mondane.

Con quali documenti è stata allestita?

Sono state fondamentali le collaborazioni, con la Collezione Salce di Treviso, custode di cartelloni pubblicitari che  tappezzavano Roma in quegli anni e che danno un’immagine particolare della città alle prese con i progressi tecnologici e le nuove forme di turismo; la Fondazione Primoli che custodisce molte fotografie del conte Giuseppe Primoli, un discendente di Napoleone e che è il primo fotoreporter della capitale. Al conte Primoli è dedicata una mostra nella mostra, con un gran numero di immagini ingrandite, tutte stampe da file digitali, negativi fragili restaurati che sono stati stampati su carta fineart da un fotografo professionista e restituite alla fruizione. Il suo  sguardo di fotoreporter inteso nell’accezione moderna, coglie non solo gli eventi ufficiali, celebrativi, le grandi occasioni religiose ma anche la gente, fotografata nella quotidianità con modalità che ricordano le moderne istantanee.

Le fotografie cosa riprendono?

Molte fotografie sono inedite. E’ documentata l’Esposizione del 1911,  organizzata per celebrare il primo Cinquantenario dell’Unità d’Italia, occasione per la realizzazione di nuove architetture, la Galleria d’Arte Moderna viene inaugurata nello stesso anno. Al di là del Ponte Risorgimento, dove prima c’erano i prati di Roma, nasce il quartiere Prati che ospita i padiglioni regionali dell’Italia, realizzati con elementi di cartapesta, ognuno con la sua caratteristica regionale, un grande lago, una nave romana, uno scivolo di legno per i visitatori, grandi ristoranti. Roma era una città importante che cercava di accreditarsi come capitale moderna.

Quante opere sono in mostra?

Circa 600, tra sculture, dipinti, filmati, fotografie, manifesti, cartoline, grafica e documenti di arredo urbano. L’Archivio Storico Capitolino ha collaborato con molti prestiti di documenti che raccontano 45 anni di Roma.

Ci sono anche opere di grandi artisti?

Giacomo Balla è il punto culminante della mostra, con tre quadri che ritraggono manifestazioni interventiste, perché dopo l’entrata in guerra dell’Europa, l’Italia non si era ancora schierata e nel 1915 la decisione di entrare in guerra viene presa anche sulla spinta di grandi manifestazioni organizzate dagli interventisti che si oppongono ai neutralisti pur numericamente superiori. Tuttavia, attraverso la grande campagna interventista di cui Gabriele D’Annunzio si fa principale protagonista con manifestazioni  in Campidoglio, a Piazza di Spagna e al Quirinale, trascina le folle e l’Italia decide di entrare in guerra. La mostra si conclude con un epilogo drammatico, con un quadro di Edoardo Gioja  “L’ultima veglia”, che ritrae una  madre mentre piange il figlio morto.

Quali sono le fonti?

L’Archivio Storico Capitolino, la Fondazione Primoli, il Museo di Roma, la Camera dei Deputati che ha concesso 3 busti  con i padri della Patria Mazzini, Cavour e Garibaldi e circa 50 prestatori italiani e stranieri.

Federica Pirani

Una mostra importante per quali ragioni?

Una mostra che vuole raccontare una passeggiata per Roma dal 1870 al 1915, molto ricca di materiali, ha più di 600 pezzi e con tanti livelli di racconto. Abbiamo utilizzato i molti mezzi espressivi della Roma di quegli anni, alcuni inaspettati come il cinema. E’ esposto il frammento del primo film realizzato in Italia che incredibilmente si chiama proprio “La presa di Roma”, del regista Filoteo Alberini,  che fu proiettato la prima volta il 20 settembre 1905 sulle mura di Porta Pia. La proiezione all’esterno a cui assistette un migliaio di persone, segnava l’esordio dell’industria cinematografica nazionale. E’ esposta anche la documentazione della nascita dei primi cinematografi e grazie alla Cineteca di Bologna, abbiamo alcuni frammenti straordinari dei fratelli Lumiere su Roma i quali, mentre nelle altre città registravano con le loro macchine da presa le zone più pittoresche amate dai turisti, a Roma sono colpiti dalla modernità. Pertanto riprendono le linee di trasporto  Omnibus, le attività vicine alla stazione, raccontano e restituiscono un’immagine inaspettata della città. Tutte le grandi trasformazioni urbanistiche sono documentate dai  materiali della Sovrintendenza Capitolina e dell’Archivio Storico Capitolino. Il Museo Ebraico di Roma ha prestato il modellino del Tempio Maggiore   e i bozzetti preparatori per la sua decorazione che viene realizzato proprio in  quegli anni in cui Roma si trasforma. E’ in mostra il plastico del Porto di Ripetta, distrutto con la costruzione dei muraglioni del Tevere, necessari per proteggere la città costantemente allagata, e per questo motivo insalubre e tormentata dal colera e dalla  malaria. I muraglioni furono una delle prime opere edilizie fatte dal primo governo nazionale alla fine dell’800, che hanno separato la città dal suo fiume ma la hanno  preservata dalle terribili inondazioni. Le fotografie in mostra, grazie al generoso prestito della Fondazione Primoli, testimoniano tutto questo.

Chi era Giuseppe Primoli?

Era una figura straordinaria, ancora  poco conosciuta. Apparteneva alla famiglia di Napoleone e aveva vissuto tutta la sua infanzia in Francia. Quando arrivò a Roma giovanissimo, dopo la sconfitta di Napoleone III, aveva già conosciuto la pittura francese e i fotografi francesi. A  Roma si appassionò alla fotografia ma a differenza dei fotografi professionisti che erano obbligati a fare ritratti o a ritrarre i luoghi più rinomati della città, il conte Primoli, da dilettante, poteva fotografare ciò che desiderava. I suoi scatti restituiscono la città degli uomini e delle donne immortalati nella quotidianità, documentano mestieri, avvenimenti, la vita della  nobiltà, la sua classe sociale ma anche i primi scioperi  che sconvolsero la città, il corteo del Primo Maggio, le feste, gli spettacoli, la mondanità.

E’ stato un fotoreporter più che un fotografo?

Assolutamente sì, in alcuni casi vediamo interi servizi fotografici, non solo la singola fotografia, ma un avvenimento raccontato nelle sue successive fasi e da diversi punti di vista. Era in grado di mettersi dalla parte di chi veniva ritratto, con una grande partecipazione. Attraverso le sue fotografie si percepisce come Roma, una città in trasformazione e con tanti cantieri, fosse piena di pubblicità. Nella mostra abbiamo in prestito dalla Collezione Falce di Treviso, una gran parte di manifesti pubblicitari che in quegli anni riempivano le strade e le piazze di Roma, con una grafica straordinaria, curata da grandi artisti, che danno l’idea del fervore che c’era in quel tempo per il commercio, la cultura, i cinema, teatri, ristoranti e bar.

Cosa aggiunge la mostra alla conoscenza di Roma nel mondo?

C’è ancora tanto da raccontare su Roma in quegli anni di grande trasformazione, sperimentazione e modernizzazione. La mostra si propone di documentare la nuova pianificazione urbana, gli interventi su sanità, trasporti e infrastrutture, sui progetti educativi che furono realizzati nelle scuole, in città e nella campagna dell’Agro romano,  attraverso il cinema, immagini inedite e opere simboliche ma soprattutto ricostruisce quel periodo attraverso la vita delle persone.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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