Piazza Navona, luogo tradizionalmente evocativo di giochi e giocattoli della Befana romana, accoglie il Museo di Roma a Palazzo Braschi, fastoso edificio settecentesco e scenario ideale per una mostra affascinante sull’età d’oro del giocattolo, che comprende gli anni tra il 1860 e il 1930, inaugurata il 25 luglio e visitabile fino a gennaio 2021. “Per gioco. La collezione di giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina”, propone una selezione di 700 pezzi della straordinaria raccolta rilevata dalla Sovrintendenza dal collezionista perugino Leonardo Servadio, che aveva a sua volta rilevato il Leksakmuseum dello svedese Peter Plumtky.
La collezione del giocattolo antico della Sovrintendenza Capitolina costituisce un patrimonio di considerevole valore storico e una rarità in tutta Europa, per la quantità del materiale custodito, l’antichità di alcuni pezzi preziosi e la qualità dello stato di conservazione. 33mila manufatti, tra oggetti e accessori, custoditi nei locali della Centrale Montemartini, secondo polo espositivo dei Musei Capitolini, esposti al pubblico in una mostra da visitare con lo sguardo incantato del bambino e la curiosità nostalgica dell’adulto. Case di bambola con mansarde e terrazze arredate, trenini in legno, a vapore ed elettrici, automobili da passeggio e vetture da competizione, lanterne magiche, aerei, velieri, castelli, ponti, botteghe, case e stalle, fattorie e animali, cavalli a dondolo, biciclette, monopattini, slittini, caldaie a vapore, cucine in ghisa e servizi in porcellana, giostre, telai, trottole, carillons, giochi di strada, da guerra, da tavolo, di società e di pazienza e bambole, tante meravigliose bambole di ogni tempo, perfino risalenti all’epoca preincaica del XIV e XV sec. I giocattoli esposti raccontano un tempo antico in cui il gioco era la prefigurazione simbolica del mondo reale e serviva per imparare un mestiere. I bambini sviluppavano manualità e fantasia costruendo accessori che spesso completavano i giochi, realizzando soldatini di stagno, azionando piccole caldaie, stampando prime diapositive, confezionando abiti per bambole con piccole macchine da cucire. Per gioco e sul serio. Imparavano, sperimentavano, capivano a cosa li avrebbe preparati la vita. La mostra sui giocattoli antichi trasporta il visitatore in tempi e atmosfere lontane, in un mondo che parla di gioco e profuma di storia.
Osservatorio Roma e America Oggi incontrano Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina che ha promosso la mostra, Emanuela Lancianese, curatrice della mostra, Enzo Pinci, che ne ha curato il progetto di allestimento e scenografia e Sergio Guarini, direttore del Museo di Roma.
Maria Vittoria Marini Clarelli
Sovrintendente, cosa racconta la mostra “Per gioco”?
E’a Palazzo Braschi, a Piazza Navona ed è una mostra che avviene nel luogo che è quello della Befana per tutti i bambini romani. Evoca il mondo dei giocattoli che sono un momento di intersezione tra il pubblico dei bambini e il pubblico degli adulti. Ogni adulto ricorda un giocattolo in particolare. Per i bambini di oggi che hanno una percezione bidimensionale del gioco, in quanto lavorano su schermi, il giocattolo che sta nello spazio è un importante elemento di orientamento nella vita reale. La collezione esposta appartiene all’età d’oro del giocattolo, dalla seconda metà dell’ 800 agli anni Trenta del Novecento e ha pezzi che sono stati pensati quando il bambino storicamente ha cominciato ad avere la sua prima autonomia, la sua stanzetta, il suo mondo speciale che serviva come preparazione creativa all’ingresso nel mondo adulto attraverso l’esperienza del gioco.
La Sovrintendenza Capitolina custodisce 33mila pezzi tra giochi e accessori, la più importante collezione europea. Roma avrà il suo Museo del giocattolo?
E’ una collezione molto importante e delicata da conservare perché composta da un complesso insieme di manufatti di materiali diversi e fragili che richiedono interventi conservativi impegnativi. La Sovrintendenza sta organizzando, nelle ville di Roma, un Museo del giocattolo reticolare, partendo dalla Cascina Farsetti a Villa Doria Pamphilj. Stiamo progettando un museo fatto a misura di bambino, con una collezione che ruoti frequentemente, perché automi e giochi meccanici, che sono giochi antichi, non possono essere in funzione sempre. La quantità di giochi custoditi dalla Sovrintendenza permette una continua rotazione. L’allestimento di questa mostra è da intendersi come una sorta di prova generale per un Museo del giocattolo che è già più di un progetto.
Una collezione di giocattoli antichi come può interloquire con il mondo contemporaneo?
Il giocattolo antico può affascinare ancora se l’esposizione riesce a trasporlo dal piano ludico all’evocazione e alla meraviglia, senza le quali la musealizzazione dei giocattoli sarebbe assolutamente triste. Questi oggetti, patrimonio dell’umanità, hanno il compito di tramandare la memoria, funzione principale dell’arte. Il gioco è una cosa seria e lo è anche il giocattolo.
Emanuela Lancianese
Che storia racconta la mostra “Per gioco”?
La storia dispiegata nel percorso espositivo è la storia dell’Europa tra il 1860 e il 1930 che passa anche attraverso questi piccoli manufatti, tra giochi e giocattoli. Giocare è una cosa seria e infatti troviamo, attraverso la storia delle case costruttrici dei giocattoli, echi della storia che ha sconvolto le vite di milioni di esseri umani e che si ripropone anche in questi oggetti. I treni esposti della casa tedesca Marklin raccontano l’inizio di un artigianato molto specializzato nella riproduzione simbolica di paesaggi in miniatura e l’inizio del modellismo, ma testimoniano anche la storia di riconversione della fabbrica nella produzione bellica, durante la guerra e il ritorno alla produzione dei trenini nel secondo dopoguerra.
L’introduzione di nuovi materiali come impatta sulla produzione del giocattolo?
Il cambiamento epocale avviene con l’avvento della plastica e la conseguente produzione di giocattoli completamente diversi da quelli esposti in mostra che ci raccontano di un mondo dove il legno, lo stagno e le stoffe erano i materiali caldi con cui costruire oggetti belli e durevoli, veri oggetti di design, espressione della creatività dell’artigiano che li realizzava ma anche del bambino che con essi giocava, completando il gioco con accessori che sapeva costruire. Il bambino realizzava il soldatino con lo stampino e lo stagno che veniva venduto a parte, con una grande manualità.
Quale era la funzione del gioco?
Ci sono i giocattoli delle Arti e Mestieri, legati al mondo del lavoro, perché il bambino doveva conoscere quali erano gli attrezzi del falegname e imparare a usarli, quali quelli del fabbro o del mugnaio. Erano elementi che prefiguravano il suo futuro status di adulto, oggetti che il bambino vedeva ogni giorno utilizzati dal padre ma con i quali cominciava a relazionarsi attraverso giochi che passano attraverso le leggi della fisica, per le leggi della visione ottica e i meccanismi della persistenza delle immagini nella retina che sono alla base delle lanterne magiche e di tutti gli oggetti di visione, e delle leggi della chimica, per la costruzione dei materiali. Oggetti qui tutti esposti, per un viaggio all’interno di ciò che creatività e ricerca scientifica e artigianale hanno prodotto nell’arco di due secoli di storia. La collezione è prevalentemente di matrice tedesca e svedese, con pezzi inglesi, francesi e italiani. Il collezionista da cui abbiamo ereditato la collezione era svedese, con un marcato gusto etnografico. Due bambole peruviane di epoca preincaica, raffigurano una madre con una bambina in braccio e una giovane donna, facenti parte di corredi funerari, ci raccontano di come il giocattolo è stato vissuto anche come oggetto di ritualità e contatto con il mondo della divinità e con l’aldilà. Il gioco e la creatività è ciò che transita tra la vita e la morte oltre l’infinito. Il gioco sta tra l’attimo e l’eternità.
Il gioco aveva una funzione pedagogica ed esperenziale?
Il gioco completava, con la sua manualità e immaginazione, la ritualità del giocare che era in realtà un modo per approcciare la vita, per esorcizzare le paure, i dolori, per cercare la felicità in un suo mondo di bambino all’interno del mondo adulto ereditato.
La mostra è un archivio di meraviglie ma qual è il giocattolo più prezioso esposto?
E’bella la collezione ed è bella l’idea di considerare il giocattolo cosa viva, che racconta tanto di noi, della nostra infanzia, dei nostri ricordi con un momento di malinconia che va riscoperta attraverso questi piccoli e nobili oggetti. La casa di bambole della Regina di Svezia che risale a fine ‘600 è uno dei reperti più preziosi della collezione, una struttura ad armadietto con sportello di vetro, due stanze arredate e uno scomparto inferiore destinato a oggetti ricordo che la bambina poteva conservare.
Il Museo di Roma a Piazza Navona sede ospitante per una mostra sul giocattolo?
E’ la sede ideale. Abbiamo cercato di riprodurre nella mostra la facciata di questo palazzo e la sua sequenza armonica di pieni e vuoti, con leggerezza ma anche con un pizzico di fastosità che Palazzo Braschi orgogliosamente esprime.
A Roma nascerà il Museo del giocattolo da questa collezione?
Sono 33mila articoli in totale, tra giochi, giocattoli e accessori. Una casa di bambole può avere fino a 500 accessori. Gli oggetti sono 10mila e compongono la collezione più vasta che abbiamo in Europa. Custoditi nei locali attrezzati per ospitarli alla Centrale Montemartini, confluiranno presto in un Museo del giocattolo sempre aperto al pubblico.
Enzo Pinci
Architetto, com’è la mostra raccontata nella sua dimensione tecnica?
I veri attori della mostra sono i visitatori che muovendosi attraverso il percorso della mostra, la decrittano e la leggono. Tecnicamente abbiamo pensato a come far muovere oggetti che non si possono muovere, come vedere oggetti attraverso una visione che non può essere tattile, perché non si può toccare, ma attraverso una multivisione fatta dallo spettatore. Non si muove il giocattolo ma si muove il visitatore per vederlo e cercarlo.
E’ una passeggiata nel mondo dei giocattoli?
Vediamo dinamicamente la visione come una passeggiata attraverso la bellezza di giocattoli che rappresentano mondi. La mostra si articola sull’intero piano nobile del Museo, con un percorso all’interno della visione, non realizzato attraverso una catalogazione degli oggetti statici. L’illusione è musicale, si entra in un mondo nel quale ci accompagna la musica della visione. Nella mostra ci sono rimandi a molti importanti artisti dell’arte contemporanea che ognuno scopre guardando un giocattolo, scoprendo i fondamenti di una architettura ideata per questo luogo, fatta in modo da rispettarlo. L’allestimento che abbiamo realizzato, preserva e amplifica la bellezza di Palazzo Braschi, che è un palazzo importante romano.
La mostra presenta un aspetto ingegneristico interessante
Tutte le visioni sono dinamiche, bisogna alzarsi, abbassarsi, vedere gli oggetti che non possiamo toccare ma possiamo entrare in ambienti che ricostruiscono gli elementi principali della pittura e della natura. Abbiamo fatto muovere gli oggetti, che pur essendo molto antichi, funzionano e questa è la meraviglia. Abbiamo sistemato ascensori di case di bambole, azionato dispositivi. I visitatori possono vedere il funzionamento nella proiezione di un video perché essendo oggetti antichi, non possono stare in continuo movimento.
Si può dire che avete dato anima alla mostra?
Assolutamente si.
Sergio Guarino
Direttore, cosa rappresenta una mostra sul giocattolo antico per il Museo di Roma?
Il Museo di Roma è felice di presentare una mostra che durerà a lungo, dedicata a una collezione della Sovrintendenza Capitolina, quindi della città che torna alla città, resa finalmente visibile, in una atmosfera giocosa che riguarda tutti, piccoli, adulti, anziani dove ognuno può ricostruire e fare il gioco della memoria, guardando in se stesso e riflettendo su quanto sia bello essere felici. In questo momento è questo il contributo migliore che possiamo dare.
Il Museo di Roma è a Piazza Navona, luogo evocativo del gioco e del giocattolo
Certamente, il gioco torna a essere protagonista a Piazza Navona e come diceva Mark Twain “Il lavoro è tutto ciò che ci obbligano a fare, il gioco è tutto quello che vogliamo fare”.