“Non posso dire se mi piace di più il cinema o il teatro, anche se il teatro è la mia professione originaria. Dipende dai ruoli, ma non posso nemmeno dire se preferisco i ruoli comici o drammatici. Dipende dalle occasioni, dai testi e dal rapporto con il regista… una cosa è certa. Stanislavskij diceva che per recitare un ruolo comico, l’attore deve essere allegro, per recitare un ruolo drammatico, deve essere ancora più allegro. Lo spettacolo e l’arte in genere hanno bisogno di euforia, intesa come la felicità del comunicare. E questo ho sempre cercato di fare”.
L’Italia celebra il centenario di Vittorio Gassman, mattatore non per caso, un artista colto che ha interpretato personaggi grotteschi alle prese con temi alti e quotidiane bassezze, da cui si è distanziato con raffinata signorilità, rappresentando sempre l’italiano, basso, medio e alto, con le tecniche e i canoni della commedia dell’arte, propria dello spirito italiaìco. Un libro, “I tre volti del Mattatore. Vittorio Gassman tra cinema, teatro e letteratura”, scritto da Alessandro Ticozzi, con la prefazione di Paola Gassman, figlia primogenita e attrice come il padre, ricostruisce il percorso artistico di un attore che ha raccontato l’Italia nel mondo. Fondazione Osservatorio Roma e ICN RADIO incontrano l’autore.
Vittorio Gassman chi è stato?
E’ stato un grandissimo personaggio che si è espresso al massimo a ogni livello culturale, attore e regista al teatro e al cinema, protagonista assoluto della commedia all’italiana nei film diretti da Mario Monicelli, Dino Risi ed Ettore Scola ma anche nel cinema internazionale ha dato incisive prestazioni diretto da grandi registi stranieri. Vittorio Gassman è un autentico monumento del teatro, del cinema e anche della letteratura.
Come letterato forse è meno conosciuto
Si dovrebbe conoscere anche la sua dimensione letteraria perché negli ultimi anni di vita ha pubblicato diverse opere che comprendono autobiografia saggistica e romanzata, una raccolta poetica, una raccolta di racconti, testi teatrali, perfino un carteggio, Lettere d’amore sulla bellezza, con lo scrittore Giorgio Soavi in cui si parla della bellezza della parola sostenuta da Gassman e della bellezza della pittura argomentata da Soavi.
Vittorio Gassman è Il Mattatore. Perché?
La definizione nasce in un suo programma televisivo del 1959, in cui sciorinava tutto il suo repertorio comico e drammatico come un vero mattatore. L’anno successivo interpretò, proprio su questa falsariga, il primo di una lunga serie di film diretti da Dino Risi, il regista cinematografico con il quale ha collaborato di più, che si intitolava Il Mattatore. Nel 1999, un anno prima della sua morte, Gassman fece un remake del programma che lo aveva consacrato mattatore, per volontà di Maurizio Costanzo che su Canale 5 voleva celebrare i 40 anni di un successo televisivo rimasto nella storia della RAI e degli italiani.
Oltre a Dino Risi, ci sono altri registi con i quali ha avuto un particolare sodalizio professionale?
Gassman ha girato 16 film con Dino Risi, ma è stato diretto magistralmente anche da Mario Monicelli ed Ettore Scola, i più importanti e prolifici registi della commedia all’italiana. Mario Monicelli è stato il regista che ha rivelato Vittorio Gassman come attore comico, perché prima al cinema aveva sempre interpretato ruoli diversi, da cattivo da fotoromanzo, in pellicole sia italiane che hollywoodiane, sulla scia del clamoroso successo del film Riso amaro di Giuseppe De Santis girato nel 1949. Monicelli lo chiamò a interpretare un pugile suonato e balbuziente ne I soliti ignoti, il capolavoro che diede l’avvio alla grande stagione della commedia all’italiana, di cui divenne uno dei mattatori accanto a Ugo Tognazzi, Alberto Sordi e Nino Manfredi.
Come erano i personaggi interpretati da Gassman, diretto da Monicelli?
Si trattava di personaggi cialtroneschi, vanagloriosi, accanto a Sordi ne La Grande Guerra e poi come protagonista assoluto ne L’Armata Brancaleone.
I personaggi interpretati con la regia di Dino Risi erano diversi?
Risi lo ha fatto diventare il personaggio, quasi l’emblema, del boom economico. I film capolavoro Il Sorpasso e I Mostri presentano una serie di personaggini meschini dell’Italia del boom. Gassman ha interpretato anche personaggi più malinconici che esprimevano la depressione di cui, ad un certo punto della sua vita, verso i 50 anni, ha cominciato a soffrire. Penso a Profumo di donna, Anima persa ma anche ad altri titoli come Caro papà e Tolgo il disturbo.
E i personaggi diretti da Ettore Scola?
Scola lo chiamerà a interpretare personaggi malinconici, in linea con la sua condizione umana, come in C’eravamo tanto amati, La Famiglia, La Cena.
Quando comincia la storia personale di Vittorio Gassman?
Nasce a Genova il 1 settembre1922 in una famiglia agiata e borghese. La madre ha avuto un ruolo importante nella formazione classica del piccolo Vittorio, lo avvicina allo studio della letteratura, lo iscrive al liceo classico Tasso a Roma, dove si erano trasferiti e all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico perché voleva che diventasse attore di teatro. Dalla fine degli anni ’40, Gassman è subito primo attore in teatro, dove affronta tutto il repertorio classico e contemporaneo. In realtà confesserà solo in tarda età che avrebbe voluto fare lo scrittore e forse è per questo che negli anni ’80 e ’90 ha pubblicato volumi autobiografici come Un grande avvenire dietro le spalle, Memorie nel sottoscala, i volumi con i testi dei suoi spettacoli teatrali e altre opere letterarie.
Gassman nel cinema ha interpretato ruoli drammatici e comici, ma in più occasioni ha eletto a film della sua vita Il Sorpasso di Dino Risi. Cosa ha rappresentato questo film cult del 1962 che racconta le trasformazioni e la rinascita dell’Italia?
Si celebrano quest’anno i 60 anni di questo film capolavoro, diventato l’emblema dell’Italia del boom. Gassman era già un attore affermato da 4 anni, quando girò I Soliti Ignoti di Monicelli, ma sicuramente Il Sorpasso è il film che consacra il sodalizio artistico con Risi, anche per il successo che ha avuto in Italia e nel mondo, dove ha raccontato l’Italia in movimento e trasformazione, un Paese che comincia a correre.
La prefazione del suo libro dedicato a Vittorio Gassman. I tre volti del mattatore tra cinema, teatro e letteratura, curata da Paola Gassman, evidenzia il talento dell’artista e la fragilità dell’uomo
Paola Gassman parlando della sensibilità e della fragilità del padre, fa riferimento alla maschera estroversa espressa nelle pellicole della commedia all’italiana e che mascheravano una forte inquietudine interiore manifestatasi con la depressione di Vittorio dopo i 50 anni. Il suo talento consiste nell’aver avuto una cultura immensa che si è espressa nelle straordinarie capacità recitative e in ogni forma e mezzo culturale, cinema, teatro, televisione, letteratura.
Qual è stato l’italiano tipo interpretato da Gassman?
Un italiano cialtrone, millantatore, sopra le righe, ma capace in alcuni casi di gesti generosi come nel finale del film La Grande Guerra interpretato con Alberto Sordi o di fragilità interiore come i ruoli interpretati negli anni della maturità. Il suo talento è stato sfruttato al meglio negli anni della maturità, nelle interpretazioni di figure italiane più introspettive di amante latino che offre in due film francesi del 1983, Benvenuta e La vita è un romanzo.
Con il regista Altman è stato il padre italoamericano dello sposo, un ruolo interpretato come da iconografia classica?
Adoro la sua interpretazione nel film A wedding, in unindimenticabile duetto in romanesco con Gigi Proietti, totalmente improvvisato, che Altan ha lasciato. Nel film Gassman fa un’ottima interpretazione del ristoratore italoamericano arricchito, risolta in chiave grottesca e altrettanto farà quattro anni dopo quando interpreterà il boss dell’edilizia Roberto Alonso nel film Tempest di Paul Mazursky, adattamento moderno della Tempesta shakespeariana, adattato agli umori degli Ebrei newyorkesi. Queste interpretazioni del cinema americano gli hanno permesso di riscattarsi dalla mediocrità delle precedenti interpretazioni americane negli anni ’50. Apprezzo molto una interpretazione nel cinema americano del 1996, in cui interpreta magistralmente un boss mafioso nel film Sleepers con la regia di Barry Levinson, una sorta di romanzo di formazione sullo sfondo di una malavita italoamericana, in cui c’è un bel duetto con Dustin Hoffman.
Le piace come l’Italia sta celebrando i 100 anni di Vittorio Gassman?
E’ un personaggio che merita di essere ricordato e celebrato, insieme ai grandi protagonisti della sua generazione. Luigi Magni citava un proverbio africano che recita “se non sai da dove vieni, non sai dove ti trovi e non sai neppure dove vai.” La memoria storica di quello che siamo stati è fondamentale per guardare al presente e in prospettiva al futuro, in modo costruttivo.
Il cinema è raccontato anche dalla musica delle colonne sonore. C’è un tema musicale che ha accompagnato una interpretazione di Vittorio Gassman che invita ad ascoltare?
Le bellissime colonne sonore di Armando Trovajoli per il film Profumo di donna e C’eravamo tanto amati, la colonna sonora di Piero Umiliani per I soliti ignoti e quella di Riz Ortolani per Il Sorpasso, Samoa Tamourè dei 4più4 di Nora Orlandi e il coro Branca, branca, branca leon, leon di Carlo Rustichelli per il film L’armata Brancaleone.