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La cultura che verrà

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“Forse le donne dovrebbero diventare arroganti?” è la provocazione che pone Eleonora Abbagnato, etoile internazionale e direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. “Le donne dovrebbero insegnare agli uomini a non essere arroganti”, afferma Cristiana Capotondi, raffinata attrice, dirigente sportivo e consigliere di amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia.

L’8 marzo 2022 si parla di donne, della rivoluzione culturale necessaria come unica soluzione per scrivere una storia unica e non una storia parallela, come sovente accade in molti ambiti. L’occasione è la presentazione ufficiale dell’Osservatorio per la Parità di Genere del Ministero della Cultura, che ha esordito il 25 novembre, giornata internazionale per la lotta contro la violenza di genere e che presenta, nella data simbolo del femminismo, l’evento “La Cultura che verrà”, un progetto e un impegno bello fin dal titolo. La cultura appare fondamentale chiave di svolta per colmare le distanze, le politiche culturali sono lo strumento concreto per una inversione di tendenza, la formazione scolastica e l’educazione famigliare sono alla base della corretta formazione paritaria che interessa ogni essere umano, inserito in qualunque società. L’Osservatorio per la Parità di Genere procede speditamente, acquisisce, legge e interpreta dati numericamente espliciti, a volte spietati, che restituiscono, in quasi tutti i settori culturali, una disparità inaccettabile. I ruoli apicali sono declinati prevalentemente al maschile nelle direzioni di musei, festival, teatri e alcuni profili professionali, come coreografi e produttori, sembrano essere concepiti solo per uomini.   

Nel settore musicale solo il 20% dei compositori registrati è donna e la retribuzione è inferiore del 30% rispetto ai colleghi uomini, nel settore teatrale raramente le donne sono direttrici artistiche, nel mondo dell’arte, a parità di qualità artistica, le opere delle pittrici hanno un valore di mercato del 50% in meno rispetto agli artisti, i produttori cinematografici e musicali sono quasi tutti uomini. La realtà culturale che emerge non rappresenta talenti e competenze che appartengono alle donne come agli uomini e compone una immagine dismorfica che stona con le conquiste culturali di una società evoluta e democratica.

Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano la coordinatrice dell’Osservatorio Parità Celeste Costantino, Cristiana Capotondi, Eleonora Abbagnato e Ada Montellanico, tre personalità che testimoniano importanti realtà artistiche e culturali e Lucia Borgonzoni, Sottosegretaria al Ministero della Cultura.

Celeste Costantino, consigliere per la mediazione culturale del Ministro Franceschini

Quali sono gli obiettivi dell’Osservatorio per la Parità di Genere?

L’Osservatorio si occuperà di monitorare, con un lavoro diagnostico, i dati relativi al mondo della cultura, per indagare qual è il gender gap tra uomini e donne, all’interno dei settori culturali. I numeri, insieme alle analisi qualitative, sono fondamentali per capire dove si annida l’ostacolo e il pregiudizio, che non si esplicitano nella stessa maniera, in tutti i settori. Sarà un lavoro faticoso, in quanto in alcuni ambiti non c’è stato mai finora alcun tipo di riscontro, in altri c’è già un lavoro avviato da associazioni, categorie e volontari che hanno realizzato una prima mappatura. Faremo un rapporto annuale per il Ministero che consentirà di avere un quadro dettagliato per poter intervenire, con strumenti specifici, nello squilibrio di genere.

Quale sarà la cultura che verrà e da chi dipenderà?

Sarà sicuramente una cultura di pace, di cui si avverte l’urgenza in un 8 marzo di guerra. Il primo segnale che può lanciare una cultura che ha in sé il seme della diversità e delle pari opportunità, deve essere un messaggio di pace, senza retorica né mera solidarietà, ma immettendo, in tutto il sistema culturale, elementi rivolti alle nuove generazioni. Decostruire gli stereotipi è un modo per pacificare le società e le comunità.

Raccolta dei dati, lettura e interpretazione operati da un organismo che risponde alla più alta istituzione culturale italiana. E’un momento di svolta?

In Europa esiste solo un altro organismo che ha fornito dati certi sulla condizione di genere nei settori culturali ed è l’Observatoire francese che opera da 9 anni, riportando risultati tangibili, perché con una corretta diagnostica è riuscito a individuare strumenti specifici per ogni situazione, riducendo effettivamente il gender gap in tutto il mondo della cultura. Il nostro Osservatorio, una sperimentazione per l’Italia, si è ispirato all’esperienza francese, è organico al Ministero della Cultura ma aperto al privato e al pubblico. I dati che saranno raccolti, faranno riferimento a tutta la filiera culturale, ministero, enti e istituzioni pubbliche, imprese, autori, enti di insegnamento e di formazione.

Come è il mondo che l’Osservatorio sta indagando?

E’ un mondo ricco di paradossi e contraddizioni, dove le donne hanno maggiore possibilità di realizzazione negli ambiti afferenti la cultura umanistica, ma ancora scarso incoraggiamento nella formazione scientifica. L’Osservatorio testimonia la ricchezza di saperi e talenti, ma evidenzia anche l’esistenza di un problema che deve essere affrontato e risolto.

Cristiana Capotondi, attrice, dirigente sportivo e consigliere del Centro Sperimentale di Cinematografia

Il cinema e lo sport che ruolo avranno nella cultura che verrà?

Il cinema può proporre modelli, di donne e di società, può disegnare il futuro, fa intrattenimento e costruisce cultura. Lo sport è cultura, è formazione, ci sono centinaia di associazioni, nel mondo dilettantistico, che si occupano del settore giovanile, ragazzi dai 5 ai 10 anni che ricevono, dai volontari, cure e formazione. Ci sarà, tra questi, qualcuno che proseguirà la corsa fino al calcio di Serie A, ma non è tutto Serie A e lo sport non è tutto calcio. Durante il lockdown abbiamo scoperto la forza dello sport, l’importanza di stare insieme ai ragazzi per costruire una rete sociale che molto ci è mancata. Anche le sale cinematografiche, le mostre e i musei ci sono mancate molto, segno che sport e cultura camminano a braccetto.

Manca molto tempo per la cultura, quella giusta, che verrà?

No, la stiamo costruendo e ci stiamo ragionando. Cultura è anche riflessione, confronto e a volte scontro. Sono convinta che l’appiattimento delle visioni sia nefasto per la nostra cultura, è bene si dicano cose diverse, anche forti, che suscitino reazioni, perché solo dove c’è confronto, si fa cultura. Nell’Osservatorio per la Parità di Genere noi ci poniamo in attento ascolto dei dati e delle ricerche raccolte da tante associazioni, per cercare di cambiare quello che non va.

Qual è il suo ruolo nell’Osservatorio?

Sono impegnata, insieme a tutte le partecipanti e ai partecipanti dell’Osservatorio, a indagare la realtà femminile nel mondo della cultura, per inquadrare come la donna vi è posizionata e per facilitare e accelerare un processo che è già in essere, perché le donne hanno già ampliato decisamente le proprie ambizioni, hanno deciso di spingere la propria vita sul palcoscenico del mondo dell’arte, in modo molto più forte e convinto rispetto ai decenni passati.

La sua esperienza di consigliere di amministrazione del Centro Sperimentale come si riflette nell’Osservatorio?

Nel Centro Sperimentale di Cinematografia c’è tanta forza femminile, vedo le donne e le ragazze che oggi scelgono mestieri tecnici, una volta tipicamente maschili e questo è molto positivo, perché la sensibilità femminile entra nel mondo del suono, del montaggio, della fotografia ed è molto bello.

La cultura salverà il mondo?

Decisamente, la cultura e la bellezza salveranno il mondo e l’Italia è il luogo da cui può partire tutto.

Eleonora Abbagnato, etoile e direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma

“Le donne devono imparare a essere arroganti”, nella danza o nella vita?

E’ un’affermazione che vale per tutto, soprattutto in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. Credo che affinchè sia dato spazio alle donne, noi dobbiamo dimostrare di avere qualcosa in più. Il mondo che conosco bene e che rappresento nell’Osservatorio è quello della danza, dove la donna deve venir fuori con  più carattere per riuscire a tenere anni di fatica, difficoltà, sempre in paragone con l’uomo. Nel balletto siamo sempre un po’ più deboli, meno forti, fisicamente sollevate dagli uomini ma abbiamo una forza della natura che riusciamo a tirar fuori, con gli anni e con il lavoro.

La danza che testimonianza offre?

“Il balletto è donna”, disse il coreografo George Balanchine, una frase diventata famosa, ma è necessario chiederci quanto questo concetto possa essere attuale. La visione artistica presentata nel balletto è maschile, con immagini che rinforzano l’idea di mascolinità e femminilità. L’uomo è più alto e forte, solleva la donna che deve appoggiarsi a lui. Il bagaglio di competenze di un danzatore è dettato dal mercato del lavoro, le ragazze non imparano i salti dei ragazzi perché non viene loro richiesto di eseguirli nel 99% del repertorio, soprattutto classico. Oggi le ragazze hanno più forza, possono saltare di più, completare più piroette di quando queste capacità erano prerogative solo degli uomini. Gli uomini si allenano per raggiungere l’elasticità, l’estensione e la finezza che sono stati a lungo uno standard femminile. Le posizioni codificate del balletto non cambieranno, ma si va verso nuove dinamiche che cambiano le consuetudini. Il mondo della danza è in costante espansione verso nuovi linguaggi che lasciano sperare in una nuova parità tra i ruoli. Ciò tuttavia non vale per la stragrande maggioranza dei ruoli apicali della danza, sia artistici che direzionali, tutti ricoperti da uomini. La danza è in mano a coreografi uomini, i direttori delle compagnie sono spesso uomini, io rappresento una delle rare eccezioni.  

La sua esperienza attuale cosa racconta?

Dal 2015, da quando sono direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, mi impegno affinchè la danza sia sostenuta e aiutata.  Il settore ha bisogno di rappresentanza e creazioni coreografiche di persone di qualità e di talento, indipendentemente se siano maschi o femmine. La mia esperienza racconta di una maggiore sensibilità nei confronti degli allievi che noi insegnanti seguiamo con attenzione anche psicologicamente, consapevoli che l’insegnante deve rimproverare la tecnica e non l’aspetto fisico di un artista in formazione.

Ci sono differenze tra il mondo artistico francese e quello italiano?

Dopo la mia lunga esperienza all’Opera di Parigi, sono tornata in Patria e ritengo che gli artisti italiani abbiano una sensibilità maggiore, ma la danza ha bisogno di essere resa più internazionale, portando i nostri artisti all’estero affinchè siano più conosciuti e a loro volta conoscano stili diversi.

Ada Montellanico, musicista

La musica e le donne

Nel settore musicale ci sono ancora molte problematiche, le percentuali di donne nei ruoli apicali ma anche come direttrici d’orchestra, sono molto basse, raccontate da numeri a una sola cifra. E’ auspicabile uno spazio maggiore per le donne, anche all’interno dell’orchestra, relativamente alla compagine strumentista, dove è necessario agire perché alcuni strumenti, come la tromba, sono sempre stati appannaggio degli uomini.

Cosa è necessario fare?

Una rivoluzione culturale, a partire dal nostro immaginario comune, permettendo soprattutto alle bambine di poter esprimersi e poter scegliere senza preconcetti millenari sul ruolo delle donne e su quello che possono o devono fare.

Lei, musicista jazz e direttrice di una associazione di musicisti, che esperienza racconta?

Ho avuto l’idea folle di fondare una associazione nazionale di musicisti di jazz, costituita all’80% da uomini, che ho diretto per due anni. Ho dovuto superare continui esami, dimostrando ai musicisti che mi stimavano come artista, di essere anche in grado di confrontarmi con un ruolo importante, direttivo di una associazione nazionale. E’ stato complesso ma stimolante.

In qualità di docente al Conservatorio, quali criticità riscontra nell’approccio delle donne alla musica?

Alcuni corsi sono assolutamente disertati, anche il corso di composizione, perché non c’è la propensione e la libertà a scegliere oltre ogni stereotipo. Prima che affrontarlo al Conservatorio, un discorso educativo adeguato deve partire dalla scuola, dall’asilo, favorendo la possibilità libera di scegliere lo strumento che si desidera, indipendentemente se si è maschi o femmine. Avere dei modelli di riferimento è importante.

La cultura che verrà passa anche attraverso la musica?

La musica è l’arte che unisce per eccellenza, è una lingua universale senza confini.

Lucia Borgonzoni, Sottosegretario al Ministero della Cultura

Come descrive la condizione della donna nei musei, tra criticità e possibili soluzioni?

L’arte al femminile ha trovato negli ultimi anni uno spazio dedicato a mostre sulle donne fotografe, sulle donne nel Novecento o associate a tematiche particolari, eventi importanti che restituiscono la possibilità di raccontare l’esistenza di movimenti al femminile nei vari ambiti e nei diversi periodi storici, ma quello a cui bisogna tendere è che le donne abbiano le opere esposte nelle sale principali dei musei e non custodite nei depositi, come spesso avviene. L’arte al femminile non deve essere un’eccezione da raccontare come qualcosa di parallelo, perché fa parte della storia, ha cambiato la storia e deve avere un posto da protagonista. I musei devono essere al maschile e al femminile per consentire una narrazione completa di quello che è accaduto, altrimenti si finisce per costruire un falso storico, alimentando l’idea che la fotografia sia solo al femminile e la pittura sia solo al maschile. Uno studio effettuato mettendo a confronto quadri, famosi e meno famosi, di donne e di uomini privi di targhetta identificativa, ha dimostrato come il 50% delle persone sollecitate a scegliere, si orientasse sull’acquisto dell’opera di un uomo e il restante 50% scegliesse l’opera di una donna. La percentuale cambia drasticamente quando il compratore acquista in asta, dove si orienta sempre ad acquistare opere realizzate da uomini, solo perché queste hanno più spazio all’interno delle mostre e sono vendute più facilmente.

È sempre stato così?

Nei primi del Novecento la metà delle sceneggiature scritte per i film in bianco e nero registrate in copyright, sono state realizzate da donne. In seguito molto è cambiato perché le donne sono state travolte da periodi storici difficili, ci sono state due guerre, ma anche perché, sentendosi responsabilizzate a dare sempre il massimo, hanno perso molte occasioni non considerandole adeguate.

La rivoluzione culturale è l’unica soluzione?

Ci sono cose che passano da norme e altre che non possono essere realizzate per legge, ma devono essere attuate solo attraverso una rivoluzione culturale che parta dai testi scolastici, dove oggi manca il racconto delle donne che hanno scritto da protagoniste la storia del Novecento.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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