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La via delle api al Museo Zoologico

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Il Museo Civico di Zoologia è un museo scientifico compreso nella rete del sistema museale di Roma Capitale e si trova nel quartiere Parioli, in prossimità di Villa Borghese, vicino al Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia.

Fondato nel 1932, è un punto di riferimento culturale importante per studiosi della biodiversità e per giovani naturalisti. Con i 5 milioni di esemplari che custodisce, dalla conchiglia di mollusco che misura pochi millimetri, alla balenottera lunga 16 metri, il Museo, ricco archivio di biodiversità, mette il suo patrimonio a disposizione della comunità scientifica,  accoglie i cittadini in visita agli esemplari in esposizione permanente e allestisce mostre che promuovono la conoscenza del mondo animale.

è una esposizione, allestita nella Sala della Balena, che racconta l’ape e il suo mondo, nella complessità di una organizzazione sociale con compiti e responsabilità che vanno oltre  la mera impollinazione delle piante e la produzione di propoli e miele.  La storia delle api, sentinelle di salute dell’ecosistema ,con un ruolo oggi riconosciuto fondamentale per la conservazione della biodiversità e per la sopravvivenza della nostra specie, si perde nella notte dei tempi. La leggenda narra che Zeus, padre di tutti gli dei, fosse chiamato Melisseo proprio perché a Creta, da  bambino, era nutrito dalle api, alle quali donò il colore dorato.  Le api, simbolicamente e iconograficamente, hanno con Roma un rapporto speciale, sono state trovate nel sepolcro dell’Imperatore Childerico, assunte come nuovo simbolo personale da Napoleone Bonaparte che le sostituì ai gigli di Francia facendole ricamare  sul mantello color porpora,  sono state celebrate da Gian Lorenzo Bernini, in omaggio allo stemma della famiglia Barberini, mecenate dell’artista, che le ha rappresentate  nelle numerose sculture barocche realizzate a Roma, nel baldacchino per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro, nella Fontana del Tritone, nella Fontana delle api, realizzata dallo scultore alla metà del Seicento e nelle decorazioni della Fontana della Barcaccia, a piazza Navona. Le api sono oggi a Roma protagoniste di una mostra, pensata anche per sensibilizzare sulla preoccupante diminuzione degli insetti impollinatori in tutto il pianeta. L’esposizione si articola in un percorso di visita che ricostruisce compiutamente il mondo delle api con un profilo storico, scientifico e sociale, attraverso informazioni  rese accessibili a tutti, con esperienze sensoriali in uno spazio immersivo che riproduce l’arnia, con le  api  che si muovono e danzano in cerchio per comunicare, con suggestioni scenografiche che tracciano il viaggio dell’ape alla ricerca del sole e con tecnologie interattive che consentono di apprendere giocando con la formula del “ Lo sapevi che?”. E sono tante le informazioni che si scopre di non conoscere e che un’ape mascotte animata, l’Ape Agnese, condivide con simpatia, dai 150 Km che un’ape deve percorrere per produrre 1 Kg di miele, ai 200 battiti di ali al secondo per volare alla velocità di 25 Km orari, dai 50 ai 100 fiori che un’ape può visitare con un solo volo di ricognizione, alle 3 mila uova  che un’ape regina può deporre in un giorno, ai 60 mg di nettare, 25 di acqua e 15 di polline che un’ape riesce a trasportare, pur pesando meno di 100 mg, alle api conosciute fin dal Neolitico, coltivate dagli Egizi che impararono  la tecnica della mummificazione, osservandole ricoprire con la propoli i topi morti per evitarne la decomposizione.

Fondazione Osservatorio Roma e America Oggi incontrano i curatori della mostra, Carla Marangoni e Massimo Capula, Giovanni Formato dell’Istituto Zooprofilattico e Sperimentale di Lazio e Toscana e Arianna Ceccarelli dell’Associazione Api Sparse.

Carla Marangoni

Una mostra sulle api, perché?

Il Museo di Zoologia si occupa anche delle problematiche più attuali legate alla conservazione della natura. In questi ultimi anni si è registrato un declino marcato e preoccupante delle api e di tutti gli insetti impollinatori, che ci ha fatto sentire, quasi come una missione, la necessità di dare a tutti, attraverso la mostra, informazioni scientifiche sul pericolo che la scomparsa delle api rappresenta per l’intero ecosistema. Ciascuno di noi può imparare comportamenti da assumere in prima persona, nella vita quotidiana, per aiutare le api a non scomparire.

La mostra è stata rimodulata per essere visitata in epoca Covid?

E’ stata interamente ripensata, proponendo soluzioni alternative  alla mostra sensoriale che volevamo proporre, una mostra da toccare, assaggiare, annusare. L’installazione dell’arnia restituisce una certa atmosfera e collega emotivamente al mondo delle api.

Quanto è importante entrare nell’arnia?

Aggiunge molto perchè è come se si entrasse in un alveare dove abbiamo riprodotto le condizioni in cui vivono le api, che si vedono, si sentono e si annusano. E’ un’emozione capire cosa fanno le api all’interno, vedere come comunicano tra loro, al buio, attraverso una danza e seguirle nel percorso che fanno quando escono dall’arnia e si dirigono  verso i fiori, fonte per loro di cibo.

L’ape e il sole, un rapporto importante?

Le api hanno una capacità visiva molto interessante, con due tipi di occhi, tre ocelli sulla fronte e due occhi molto grandi ai lati del capo, perché formati da tanti piccoli occhi composti. Con gli ocelli, non vedono le immagini ma riescono a percepire la luce del sole anche quando è nuvoloso. Ciò è fondamentale per consentire alle api di orientarsi in tutte le condizioni atmosferiche.

L’ape e l’uomo, un rapporto antico?

L’apicoltura risale al Neolitico, quando l’uomo andava a raccogliere il miele sugli alberi, nei favi naturali. Con gli Egizi si cominciano ad allevare le api, consuetudine diffusa anche nella civiltà Babilonese e Ittita ed è proprio da una parola ittita, melit che deriva il nome miele. Oggi l’apicoltura si fa con arnie “razionali”, casette costruite in modo che in una parte di esse ci siano nidi dove vengono allevate le api operaie e in un’altra parte, separata, il melario, cioè le cassette da cui gli apicoltori traggono il miele che mangiamo.

Quali prodotti produce l’ape?

Miele, cera, propoli, pappa reale. Oggi si utilizza anche il veleno d’api, le api operaie lo hanno nel pungiglione, per le sue molteplici proprietà.

Ape come bioindicatore?

Le api in volo raccolgono  non solo nettare ma anche sostanze inquinanti, pertanto sono ottime bioindicatori della qualità dell’aria e dell’ambiente. L’Istituto Zooprofilattico e Sperimentale ha il compito di analizzare le api morti per studiare la causa della morte.

Sono esposti anche esemplari in prestito da altri musei?

Si, un modello di fiore di salvia che risale alla fine dell’Ottocento, in prestito dal Liceo Classico Albertelli di Roma e un modello di testa di ape del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre.

Massimo Apula

Perché la via delle Api?

Il progetto, sviluppato in tre anni di lavoro, ha l’obiettivo di dare informazioni accessibili a un pubblico il più ampio possibile, per far conoscere in modo semplice l’universo delle api che abbiamo rappresentato attraverso spot tematici. La finalità della mostra è divulgativa, ed è realizzata attraverso un progetto grafico, di testi, di materiali, oggetti e multimediale, pensato anche per i non udenti e i non vedenti, con video a loro dedicati. I pannelli della mostra sono scritti in italiano ma con un Q Ar Code che traduce i testi in inglese.

La mostra esprime una precisa preoccupazione del mondo scientifico?

Esattamente. Abbiamo voluto rappresentare la preoccupazione, che dovrebbe essere di tutti, per la scomparsa delle api che sono rappresentanti fondamentali del nostro pianeta, perché la maggior parte delle piante che vivono sulla terra, sono piante da fiore e hanno bisogno di essere impollinate per la fecondazione incrociata. Le api producono il miele, noto dall’antichità, ma la loro importanza è legata al compito che assolvono di fecondazione incrociata. Quando un’ape visita un fiore e continua a volare di fiore in fiore, trasporta il polline e permette la fecondazione delle piante. Le api sono ottimi indicatori biologici dello stato dell’ambiente, infatti laddove ci sono abbondanti popolazioni di api, si può affermare che l’ambiente ha salute, laddove vengono usati pesticidi e veleni per una produzione che valorizza la quantità e non la qualità, le api scompaiono. 

Giovanni Formato

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana come è intervenuto nella preparazione della mostra?

Con un supporto tecnico scientifico nel rivedere i documenti predisposti, fornendo materiale di laboratorio utile per far comprendere ai visitatori cosa viene fatto in laboratorio, sia  per la diagnostica delle malattie che per sostenere la salute delle api,  ma anche come supporto agli apicoltori per accertare la qualità del miele e verificare che non abbia residui derivati dalla contaminazione dell’ambiente.

Che tipo di materiale avete fornito?

 Nelle vetrine ci sono piastre per vedere i batteri che possono interessare le api, i parassiti delle api, come la varroa e il piccolo coleottero dell’alveare che si sta diffondendo in tutto il mondo e spore visibili al microscopio.

Perché le api si ammalano?

Si ammalano come tutti gli altri animali ed è molto importante che gli apicoltori conoscano le malattie, per prevenirle. Le api si ammalano anche per gli effetti della globalizzazione che rende gli scambi tra i Paesi veicolo di molte malattie arrivate in Occidente soprattutto dall’Asia. I pesticidi utilizzati per coltivazioni intensive, spesso senza adeguata consapevolezza dei rischi che arrecano all’ambiente, sono i   nemici più temibili per le api.

Arianna Ceccarelli

GAS cosa è e come entra nella mostra?

GAS, Gruppo Api Sparse, è una piccola associazione  apistica presente sul territorio laziale, costituita da 60 apicoltori riunitisi 3 anni fa a tutela dell’ape mellifera, fondamentale per la produzione del miele e per l’apporto che le api offrono all’ecosistema. Le api sono responsabili dell’impollinazione del 70% delle piante a fiore e di conseguenza quasi tutti i vegetali che arrivano sulle nostre tavole, sono impollinate dalle api o da altri insetti impollinatori. L’agricoltura intensiva, i cambiamenti climatici e la mano dell’uomo stanno purtroppo decimando le api. La nostra associazione si occupa di formazione, per gli adulti che vogliono diventare apicoltori o assaggiatori di miele e per bambini, ai quali facciamo vivere esperienze da apicoltori, vestiti ed equipaggiati in maniera adeguata per aprire le arnie, toccare le api e immergersi nel loro mondo.

Come cambia l’ecosistema di un orto se si installa un’arnia?

Cambia completamente e in meglio naturalmente. Io ho un orto dove ho installato, 5 anni fa, alcune arnie. Ho constatato che tutte le piante di zucchine, peperoni, pomodori hanno la necessità di essere impollinate dalle api, come gli alberi da frutto, meli, albicocchi, pesche. La produzione agricola aumenta significativamente e visivamente. Nel mio giardino avevo un’unica pianta di orchidea spontanea del Lazio ma dopo due anni di presenza delle api che la impollinavano, da una sola pianta ne sono nate 10, in punti diversi del giardino. Ciò significa che l’ape è andata in giro, ha fatto una fecondazione incrociata tra diverse piante, il polline si è disperso nel giardino e sono fiorite altre piante. Inoltre sono aumentati anche tutti gli  animali collegati alle api come catena alimentare, aumentano i predatori delle api, vespe, calabroni, gruccioni, i  bellissimi uccelli colorati che predano le api e  arriva il falco predaiolo. Le api richiamano la presenza di animali che altrimenti non sarebbero presenti in quell’ecosistema.

Api come vita?

Api come biodiversità e quindi vita.

Maria Teresa Rossi
Maria Teresa Rossi
Osservo, scrivo, racconto. Per la Fondazione Osservatorio Roma e per Osservatorio Roma il Giornale degli Italiani all'estero..

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