Il racconto di Roma si arricchisce di una nuova pagina che pone ancora una volta la capitale all’attenzione internazionale come promotrice di una iniziativa unica nel suo genere, un evento sportivo che assume importanti dimensioni culturali e sociali. La Rome Half Marathon Via Pacis, che si svolge a Roma il 22 settembre, è una corsa podistica tra le straordinarie bellezze archeologiche e architettoniche della città, ispirata ai valori della pace, integrazione, inclusione, solidarietà. 7.000 partecipanti, provenienti da 40 nazioni, corrono per la pace, diffondendo in tutto il mondo il dialogo interreligioso che parte da Roma. È questo il valore simbolico fondamentale che caratterizza la corsa per la Via Pacis, che parte da San Pietro, simbolo della cristianità nel mondo e si snoda attraverso il tradizionale pellegrinaggio delle Sette Chiese, con tappe alla Sinagoga, Moschea, Chiesa Valdese e Chiesa Ortodossa, in un percorso multireligioso che crea un collegamento tra le diverse confessioni. L’evento, giunto alla terza edizione, promosso da Roma Capitale e dal Pontificio Consiglio della Cultura, Dicastero della Santa Sede, in collaborazione e con l’organizzazione della Federazione Italiana di Atletica Leggera, con il patrocinio del Mibac, Coni, Comunità Europea, CIP e Regione Lazio, si arricchisce in questa edizione della collaborazione con l’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti, che partecipa alla manifestazione nel rispetto della storia millenaria di Roma, improntata all’accoglienza di cittadini provenienti da tutto il mondo con uno spirito di pace e tolleranza e con l’ Ambasciata dell’India, con la quale è stata realizzata la medaglia che sarà consegnata a tutti i finisher, dedicata al Mahatma Gandhi, con incise le parole manifesto “La forza non deriva dalla capacità fisica. Deriva da una volontà indomabile”. Forza e volontà che sono necessarie per coprire i 21,097 chilometri per i partecipanti a livello competitivo alla Half Marathon Via Pacis e i 5 chilometri per la “Run For Peace”, la corsa non competitiva aperta a tutti. Il Foro Italico, cuore dell’impiantistica sportiva di Roma, ospita “Il Villaggio della Via Pacis”, dove si ritirano i pettorali e i pacchi gara per la maratona e si svolgono, a corollario della corsa, altre manifestazioni di forte impatto sociale, come la “Bici in rosa”, una pedalata amatoriale per sensibilizzare sul tema del cancro al seno. La musica della Fanfara dei Bersaglieri darà inizio alla mezza maratona. Il percorso di gara, straordinario per la bellezza dei luoghi attraversati e multireligioso, pensato nel 2015, l’anno della Misericordia, come corsa popolare ispirata al tradizionale e antico pellegrinaggio lungo il Cammino delle Sette Chiese, declinato nella Roma di oggi, su iniziativa della Santa Sede e delle Istituzioni di Roma Capitale, vede rafforzarsi, dopo tre anni, l’incontro virtuoso tra istituzioni cittadine laiche e comunità di fede, diventando un modello da esportare.
America Oggi con l’Osservatorio Roma incontra la Sindaca di Roma Virginia Raggi, presidente del Comitato d’Onore della Rome Half Marathon Via Pacis.
Sindaca Raggi, una corsa senza ostacoli per una Roma senza confini?
Roma è un luogo speciale. Un luogo in cui può nascere una bellissima manifestazione come la Maratona Via Pacis, grazie alla collaborazione tra istituzioni, comunità religiose e mondo dello sport. Un evento che alla sua terza edizione si arricchisce di un respiro sempre più internazionale.
È un motivo di vero orgoglio per la città e per tutti i romani, perché queste iniziative interpretano lo spirito autentico della città: unire, costruire ponti e strade di comunicazione.
Siamo davvero fieri che questo piccolo, grande miracolo sia avvenuto qui, nella nostra città, con la preziosa collaborazione tra Roma Capitale e la Santa Sede, attraverso il Pontificio Consiglio della Cultura. La Via Pacis sta crescendo in termini di adesioni e visibilità. Ci saranno oltre 7.000 partecipanti provenienti da oltre 40 nazioni. Tuttavia la cosa che ci sta più a cuore è che da Roma parta un messaggio di pace diretto al mondo. Un messaggio che parla di tolleranza, dialogo, rispetto del prossimo, uguaglianza nella diversità. Lo sport è un “veicolo” formidabile e la corsa un ottimo simbolo: il dialogo è in fondo un percorso, un percorso lungo e da fare insieme. A Roma abbiamo posizionato la partenza di questo viaggio.
La sinergia che si è creata a sostegno di una iniziativa unica al mondo, promossa da Roma Capitale e Santa Sede attraverso il Pontificio Consiglio della Cultura, con collaborazioni importanti tra le quali quella con l’Ambasciata degli Emirati Arabi Riuniti, quale Roma permette di raccontare all’estero?
La Via Pacis è davvero un evento unico nel suo genere. Ci sono pochi esempi nel mondo di una manifestazione che raccolga così tante adesioni tra diverse famiglie religiose. Roma rappresenta il laboratorio ideale per un evento che nasce come opportunità di incontro. Un incontro che vogliamo sia il più vasto possibile. Siamo convinti che questa sia un’immagine coerente e positiva della città, da sempre nel cuore di milioni di turisti e dei tantissimi italiani che vivono in tutto il pianeta. Il loro sguardo è per noi importante e prezioso. Da millenni Roma è una città che appartiene al mondo, è patrimonio dell’umanità. Custodiamo straordinari tesori di arte e cultura che hanno segnato la storia della civiltà occidentale, accanto ad un patrimonio immenso di spiritualità. Roma, capitale della cristianità e del cattolicesimo, si candida ad essere davvero un ponte tra Occidente e Oriente, tra culture e civiltà. È un’esigenza quanto mai attuale e necessaria. Il tracciato stesso della Via Pacis, che porterà i corridori a sfilare sotto alcuni dei luoghi di culto più importanti di Roma e tra i più grandi d’Europa per le rispettive religioni, la Basilica di San Pietro, la Grande Moschea, il Tempio Maggiore di Roma, è un percorso che ispira, che esprime unità.
Negli Emirati Arabi Riuniti si celebra l’anno della tolleranza. Roma è oggi una città tollerante e aperta a tutti?
La grande lezione che da Roma facciamo partire è proprio quella dello scambio reciproco. Ci sono valori e principi che rappresentano il cuore di ogni ideale religioso, altri che possono essere messi in comune, altri ancora che possiamo scambiarci in un’ottica di dialogo e reciprocità.
Il fatto che un grande Paese musulmano abbia messo al centro delle celebrazioni la tolleranza assume oggi un enorme significato. Credo che tutti, nessuno escluso, abbiamo necessità di cogliere e fare tesoro di questi segni del tempo. La tolleranza è un esercizio che chiama tutti a enormi responsabilità. Dentro ci sono grandi valori non negoziabili, che parlano di democrazia, libertà e uguaglianza. Valori che ritroviamo, ad esempio, al centro del rapporto di amicizia che da sempre lega Roma e gli Stati Uniti d’America. Sono ottimista. Credo che nonostante tante difficoltà, che vedono non solo l’Italia, ma l’Europa tutta affrontare una difficile sfida con l’integrazione e l’immigrazione, Roma possa considerarsi, oggi come ieri, una città profondamente accogliente. Non possiamo dimenticare l’esperienza di tanti italiani, nostri concittadini, emigrati nel mondo, ma anche la loro grande capacità di integrazione. Memori di questo, stiamo cercando di affrontare questi nodi con politiche mirate, cercando di applicare nuovi modelli di convivenza e inclusione, a partire dalle periferie. Abbiamo bisogno che tutti i Paesi dell’Unione Europea collaborino in questa direzione.
Pace, integrazione, inclusione, solidarietà principi ispiratori della Roma Half Marathon Via Pacis sono anche obiettivi cui tendere. Roma oggi cosa esprime?
A Roma esiste un modello di collaborazione in cui il pubblico, il volontariato laico e religioso, il terzo settore rispondono quotidianamente, con grande impegno e abnegazione, alle tante domande che provengono dal territorio e molto spesso dalla sua componente più disagiata. Credo che questo modello vada sostenuto e reso ancora più complementare. Pochi mesi fa Sua Santità Papa Francesco ci ha onorato della sua visita in Campidoglio e in quell’occasione ci ha invitato a rinsaldare questi valori di comunità, ad essere tutti “artigiani della fraternità”. Ecco, questo messaggio potrebbe essere tradotto in tante lingue, è sicuramente un valore universale da cui partire. L’obiettivo è comune: non lasciare indietro nessuno.
Roma, polo religioso per tutti i Cristiani del mondo, promuove oggi una iniziativa dalle dimensioni multireligiose. Qual è il messaggio che lancia relativamente al dialogo interreligioso?
Roma è una città che irradia un’enorme spiritualità. L’arrivo ogni anno di milioni di pellegrini ha un valore importante per la città e da sempre la pone al centro di molteplici traiettorie di scambio. Oggi, anche grazie alla Via Pacis, si fa più fo6rte un messaggio comune: è necessario andare in strada verso le persone, essere presenti nelle periferie. Ogni religione interpreta questa missione nel modo migliore possibile. Sono convinta che il dialogo interreligioso rappresenti questo sforzo comune, che non diluisce e appiattisce le differenze, ma le esalta. Potremmo parlare in questo senso di nuovo umanesimo: un percorso che accoglie l’altro, senza distorcere la propria identità.
In questo contesto, per esempio, la sensibilità che le comunità religiose stanno dimostrando verso una sfida davvero attuale, come quella dei cambiamenti climatici, riveste un ruolo prioritario. In quella battaglia si nascondono altre forme di disuguaglianza future che vanno affrontate con urgenza oggi.
La medaglia della Rome Half Marathon via Pacis è dedicata al Mahatma Gandhi. Un simbolo di grande impatto che dà il sigillo di autorevolezza sulla necessità e l’urgenza di occuparsi dei temi a cui l’iniziativa si ispira?
È una scelta molto opportuna quella di associare la celebrazione dei 150 anni dalla nascita di Gandhi alla Via Pacis. Gandhi è stato un uomo di pace, una grande personalità la cui figura è ancora di forte ispirazione. Il suo messaggio fondato sulla protesta non violenta, dalla parte del popolo e degli ultimi, esprime ancora un potente significato in un mondo in cui le disuguaglianze sociali ed economiche permangono. Credo che in questo modello di dialogo tra religioni, il tema del contrasto alla povertà e all’emarginazione siano centrali. Le grandi metropoli in tutto il mondo vivono l’attualità di questo profondo chiaroscuro, la divisione tra mondi diversi, che viaggiano a velocità diverse. Sono ancora tanti, troppi, i “nuovi schiavi”, come ripete spesso Papa Francesco. Ci sono nuove povertà. Il compito delle Istituzioni è ricomporre queste fratture, ridurre questo distacco.
Correre per la pace nella città più bella del mondo. La conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa restituisce, anche plasticamente, un’immagine bellissima: la Sindaca di Roma attorniata da esponenti autorevoli di mondi diversi e lontani ma tutti straordinariamente dialoganti. Era dovuto a questo il suo sorriso?
Vedo tantissimi segnali positivi nascere nel contesto della Via Pacis. Si pensi soltanto all’incontro, su quel palco, ma non solo lì, tra gli esponenti della comunità ebraica e i rappresentanti di religione musulmana. E’ un messaggio di enorme valenza. Un fatto che invita ad un ulteriore sforzo.
Oggi credo che abbiamo prima di tutto bisogno di un nuovo linguaggio: il linguaggio del rispetto e della condivisione. Dobbiamo abbandonare i vecchi schemi, cercare di fare di più perché anche i nuovi media e le nuove generazioni siano “contagiati” positivamente da nuovi modi di confrontarsi. Dobbiamo combattere tutti attivamente le parole di odio e discriminazione troppo ricorrenti negli ultimi tempi. Lo sport è da sempre uno strumento eccezionale per raggiungere questi obiettivi. Abbiamo molto da lavorare in questa direzione. D’altra parte la maratona è una corsa senza ostacoli, ma è una corsa lunga che ha bisogno di passione, cuore, fiato e grande forza di volontà. Da parte di tutti.
Il racconto di Roma si arricchisce di una nuova pagina che pone ancora una volta la capitale all’attenzione internazionale come promotrice di una iniziativa unica nel suo genere, un evento sportivo che assume importanti dimensioni culturali e sociali. La Rome Half Marathon Via Pacis, che si svolge a Roma il 22 settembre, è una corsa podistica tra le straordinarie bellezze archeologiche e architettoniche della città, ispirata ai valori della pace, integrazione, inclusione, solidarietà. 7.000 partecipanti, provenienti da 40 nazioni, corrono per la pace, diffondendo in tutto il mondo il dialogo interreligioso che parte da Roma. E’ questo il valore simbolico fondamentale che caratterizza la corsa per la Via Pacis, che parte da San Pietro, simbolo della cristianità nel mondo e si snoda attraverso il tradizionale pellegrinaggio delle Sette Chiese, con tappe alla Sinagoga, Moschea, Chiesa Valdese e Chiesa Ortodossa, in un percorso multireligioso che crea un collegamento tra le diverse confessioni. L’evento, giunto alla terza edizione, promosso da Roma Capitale e dal Pontificio Consiglio della Cultura, Dicastero della Santa Sede, in collaborazione e con l’organizzazione della Federazione Italiana di Atletica Leggera, con il patrocinio del Mibac, Coni, Comunità Europea, CIP e Regione Lazio, si arricchisce in questa edizione della collaborazione con l’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti, che partecipa alla manifestazione nel rispetto della storia millenaria di Roma, improntata all’accoglienza di cittadini provenienti da tutto il mondo con uno spirito di pace e tolleranza e con l’ Ambasciata dell’India, con la quale è stata realizzata la medaglia che sarà consegnata a tutti i finisher, dedicata al Mahatma Gandhi, con incise le parole manifesto “La forza non deriva dalla capacità fisica. Deriva da una volontà indomabile”. Forza e volontà che sono necessarie per coprire i 21,097 chilometri per i partecipanti a livello competitivo alla Half Marathon Via Pacis e i 5 chilometri per la “Run For Peace”, la corsa non competitiva aperta a tutti. Il Foro Italico, cuore dell’impiantistica sportiva di Roma, ospita “Il Villaggio della Via Pacis”, dove si ritirano i pettorali e i pacchi gara per la maratona e si svolgono, a corollario della corsa, altre manifestazioni di forte impatto sociale, come la “Bici in rosa”, una pedalata amatoriale per sensibilizzare sul tema del cancro al seno. La musica della Fanfara dei Bersaglieri darà inizio alla mezza maratona. Il percorso di gara, straordinario per la bellezza dei luoghi attraversati e multireligioso, pensato nel 2015, l’anno della Misericordia, come corsa popolare ispirata al tradizionale e antico pellegrinaggio lungo il Cammino delle Sette Chiese, declinato nella Roma di oggi, su iniziativa della Santa Sede e delle Istituzioni di Roma Capitale, vede rafforzarsi, dopo tre anni, l’incontro virtuoso tra istituzioni cittadine laiche e comunità di fede, diventando un modello da esportare. America Oggi con l’Osservatorio Roma incontra la Sindaca di Roma Virginia Raggi, presidente del Comitato d’Onore della Rome Half Marathon Via Pacis.
Sindaca Raggi, una corsa senza ostacoli per una Roma senza confini?
Roma è un luogo speciale. Un luogo in cui può nascere una bellissima manifestazione come la Maratona Via Pacis, grazie alla collaborazione tra istituzioni, comunità religiose e mondo dello sport. Un evento che alla sua terza edizione si arricchisce di un respiro sempre più internazionale.
È un motivo di vero orgoglio per la città e per tutti i romani, perché queste iniziative interpretano lo spirito autentico della città: unire, costruire ponti e strade di comunicazione.
Siamo davvero fieri che questo piccolo, grande miracolo sia avvenuto qui, nella nostra città, con la preziosa collaborazione tra Roma Capitale e la Santa Sede, attraverso il Pontificio Consiglio della Cultura. La Via Pacis sta crescendo in termini di adesioni e visibilità. Ci saranno oltre 7.000 partecipanti provenienti da oltre 40 nazioni. Tuttavia la cosa che ci sta più a cuore è che da Roma parta un messaggio di pace diretto al mondo. Un messaggio che parla di tolleranza, dialogo, rispetto del prossimo, uguaglianza nella diversità. Lo sport è un “veicolo” formidabile e la corsa un ottimo simbolo: il dialogo è in fondo un percorso, un percorso lungo e da fare insieme. A Roma abbiamo posizionato la partenza di questo viaggio.
La sinergia che si è creata a sostegno di una iniziativa unica al mondo, promossa da Roma Capitale e Santa Sede attraverso il Pontificio Consiglio della Cultura, con collaborazioni importanti tra le quali quella con l’Ambasciata degli Emirati Arabi Riuniti, quale Roma permette di raccontare all’estero?
La Via Pacis è davvero un evento unico nel suo genere. Ci sono pochi esempi nel mondo di una manifestazione che raccolga così tante adesioni tra diverse famiglie religiose. Roma rappresenta il laboratorio ideale per un evento che nasce come opportunità di incontro. Un incontro che vogliamo sia il più vasto possibile. Siamo convinti che questa sia un’immagine coerente e positiva della città, da sempre nel cuore di milioni di turisti e dei tantissimi italiani che vivono in tutto il pianeta. Il loro sguardo è per noi importante e prezioso. Da millenni Roma è una città che appartiene al mondo, è patrimonio dell’umanità. Custodiamo straordinari tesori di arte e cultura che hanno segnato la storia della civiltà occidentale, accanto ad un patrimonio immenso di spiritualità. Roma, capitale della cristianità e del cattolicesimo, si candida ad essere davvero un ponte tra Occidente e Oriente, tra culture e civiltà. È un’esigenza quanto mai attuale e necessaria. Il tracciato stesso della Via Pacis, che porterà i corridori a sfilare sotto alcuni dei luoghi di culto più importanti di Roma e tra i più grandi d’Europa per le rispettive religioni, la Basilica di San Pietro, la Grande Moschea, il Tempio Maggiore di Roma, è un percorso che ispira, che esprime unità.
Negli Emirati Arabi Riuniti si celebra l’anno della tolleranza. Roma è oggi una città tollerante e aperta a tutti?
La grande lezione che da Roma facciamo partire è proprio quella dello scambio reciproco. Ci sono valori e principi che rappresentano il cuore di ogni ideale religioso, altri che possono essere messi in comune, altri ancora che possiamo scambiarci in un’ottica di dialogo e reciprocità.
Il fatto che un grande Paese musulmano abbia messo al centro delle celebrazioni la tolleranza assume oggi un enorme significato. Credo che tutti, nessuno escluso, abbiamo necessità di cogliere e fare tesoro di questi segni del tempo. La tolleranza è un esercizio che chiama tutti a enormi responsabilità. Dentro ci sono grandi valori non negoziabili, che parlano di democrazia, libertà e uguaglianza. Valori che ritroviamo, ad esempio, al centro del rapporto di amicizia che da sempre lega Roma e gli Stati Uniti d’America. Sono ottimista. Credo che nonostante tante difficoltà, che vedono non solo l’Italia, ma l’Europa tutta affrontare una difficile sfida con l’integrazione e l’immigrazione, Roma possa considerarsi, oggi come ieri, una città profondamente accogliente. Non possiamo dimenticare l’esperienza di tanti italiani, nostri concittadini, emigrati nel mondo, ma anche la loro grande capacità di integrazione. Memori di questo, stiamo cercando di affrontare questi nodi con politiche mirate, cercando di applicare nuovi modelli di convivenza e inclusione, a partire dalle periferie. Abbiamo bisogno che tutti i Paesi dell’Unione Europea collaborino in questa direzione.
Pace, integrazione, inclusione, solidarietà principi ispiratori della Roma Half Marathon Via Pacis sono anche obiettivi cui tendere. Roma oggi cosa esprime?
A Roma esiste un modello di collaborazione in cui il pubblico, il volontariato laico e religioso, il terzo settore rispondono quotidianamente, con grande impegno e abnegazione, alle tante domande che provengono dal territorio e molto spesso dalla sua componente più disagiata. Credo che questo modello vada sostenuto e reso ancora più complementare. Pochi mesi fa Sua Santità Papa Francesco ci ha onorato della sua visita in Campidoglio e in quell’occasione ci ha invitato a rinsaldare questi valori di comunità, ad essere tutti “artigiani della fraternità”. Ecco, questo messaggio potrebbe essere tradotto in tante lingue, è sicuramente un valore universale da cui partire. L’obiettivo è comune: non lasciare indietro nessuno.
Roma, polo religioso per tutti i Cristiani del mondo, promuove oggi una iniziativa dalle dimensioni multireligiose. Qual è il messaggio che lancia relativamente al dialogo interreligioso?
Roma è una città che irradia un’enorme spiritualità. L’arrivo ogni anno di milioni di pellegrini ha un valore importante per la città e da sempre la pone al centro di molteplici traiettorie di scambio. Oggi, anche grazie alla Via Pacis, si fa più fo6rte un messaggio comune: è necessario andare in strada verso le persone, essere presenti nelle periferie. Ogni religione interpreta questa missione nel modo migliore possibile. Sono convinta che il dialogo interreligioso rappresenti questo sforzo comune, che non diluisce e appiattisce le differenze, ma le esalta. Potremmo parlare in questo senso di nuovo umanesimo: un percorso che accoglie l’altro, senza distorcere la propria identità.
In questo contesto, per esempio, la sensibilità che le comunità religiose stanno dimostrando verso una sfida davvero attuale, come quella dei cambiamenti climatici, riveste un ruolo prioritario. In quella battaglia si nascondono altre forme di disuguaglianza future che vanno affrontate con urgenza oggi.
La medaglia della Rome Half Marathon via Pacis è dedicata al Mahatma Gandhi. Un simbolo di grande impatto che dà il sigillo di autorevolezza sulla necessità e l’urgenza di occuparsi dei temi a cui l’iniziativa si ispira?
È una scelta molto opportuna quella di associare la celebrazione dei 150 anni dalla nascita di Gandhi alla Via Pacis. Gandhi è stato un uomo di pace, una grande personalità la cui figura è ancora di forte ispirazione. Il suo messaggio fondato sulla protesta non violenta, dalla parte del popolo e degli ultimi, esprime ancora un potente significato in un mondo in cui le disuguaglianze sociali ed economiche permangono. Credo che in questo modello di dialogo tra religioni, il tema del contrasto alla povertà e all’emarginazione siano centrali. Le grandi metropoli in tutto il mondo vivono l’attualità di questo profondo chiaroscuro, la divisione tra mondi diversi, che viaggiano a velocità diverse. Sono ancora tanti, troppi, i “nuovi schiavi”, come ripete spesso Papa Francesco. Ci sono nuove povertà. Il compito delle Istituzioni è ricomporre queste fratture, ridurre questo distacco.
Correre per la pace nella città più bella del mondo. La conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa restituisce, anche plasticamente, un’immagine bellissima: la Sindaca di Roma attorniata da esponenti autorevoli di mondi diversi e lontani ma tutti straordinariamente dialoganti. Era dovuto a questo il suo sorriso?
Vedo tantissimi segnali positivi nascere nel contesto della Via Pacis. Si pensi soltanto all’incontro, su quel palco, ma non solo lì, tra gli esponenti della comunità ebraica e i rappresentanti di religione musulmana. È un messaggio di enorme valenza. Un fatto che invita ad un ulteriore sforzo.
Oggi credo che abbiamo prima di tutto bisogno di un nuovo linguaggio: il linguaggio del rispetto e della condivisione. Dobbiamo abbandonare i vecchi schemi, cercare di fare di più perché anche i nuovi media e le nuove generazioni siano “contagiati” positivamente da nuovi modi di confrontarsi. Dobbiamo combattere tutti attivamente le parole di odio e discriminazione troppo ricorrenti negli ultimi tempi. Lo sport è da sempre uno strumento eccezionale per raggiungere questi obiettivi. Abbiamo molto da lavorare in questa direzione. D’altra parte la maratona è una corsa senza ostacoli, ma è una corsa lunga che ha bisogno di passione, cuore, fiato e grande forza di volontà. Da parte di tutti.