“La cultura è una grande opportunità che va offerta a tutti, allo stesso modo. La lettura è una straordinaria occasione ma non è semplice e non è naturale, dobbiamo lavorarci. Leggere è uno dei modi per arrivare alla felicità ma Borges diceva che non si puo’ costringere nessuno a leggere perché non si puo’ obbligare nessuno ad essere felice. Si può però dire che se non si mangia e non si beve, si muore, se non si legge si sopravvive. Proporre occasioni ed esempi è la strada più saggia. Il Festival Internazionale delle Letterature si inserisce in questo progetto”.
Paolo Fallai, Presidente dell’Istituzione Biblioteche di Roma, presenta la XVIII edizione del Festival Internazionale delle Letterature, di cui ha da tre anni la responsabilità e la cura, che si svolge a Roma dal 3 maggio al 3 luglio e che vede protagonisti gli autori più interessanti del panorama letterario internazionale. L’Osservatorio Roma lo ha incontrato.
Presidente, come si può raccontare il festival Internazionale delle Letterature?
Cominciando con il dire che è una delle manifestazioni di maggior prestigio dell’Estate Romana. Il Festival è nato nel 2002 ed è giunto alla diciottesima edizione. Ha caratteristiche semplici che ha sempre rispettato: il luogo, la Basilica di Massenzio all’interno dei Fori Imperiali, e la formula, che consiste nell’ospitare i migliori scrittori della scena letteraria italiana e internazionale, chiedendo loro di scrivere un inedito sul tema che ogni anno viene dato al Festival. La formula è sempre la stessa. Il Festival, promosso dal Comune di Roma, è stato affidato all’Istituzione Biblioteche di Roma che ho il privilegio e l’onore di presiedere. Abbiamo cercato di mantenere inalterato il prestigio internazionale della manifestazione che si svolge in uno dei luoghi più belli del mondo, i Fori Imperiali, cercando però di coinvolgere tutta la città, attraverso la rete delle 39 biblioteche civiche che costituiscono l’Istituzione delle Biblioteche di Roma, portando le iniziative culturali anche fuori dal centro storico per avvicinarle alle periferie.
Qual è l’importanza che il Festival delle Letterature assume per Roma?
Il Festival rappresenta una vetrina internazionale di grandissimo prestigio, perché ospita il meglio della letteratura italiana e internazionale e ha collaborazioni prestigiose con i maggiori premi letterari. Il Premio Strega, che è il più importante premio letterario italiano, ha un rapporto molto stretto con le Biblioteche di Roma perché da tre anni, i circoli di lettura di 15 biblioteche votano per il Premio Strega. E noi, con il Festival, ospitiamo non solo i dodici semifinalisti nelle biblioteche, ma i cinque finalisti, che faranno parte della cinquina da cui uscirà il vincitore resa nota il 12 giugno, la sera successiva verranno a presentarsi a Massenzio. E naturalmente ne siamo molto orgogliosi. La novità di questa edizione è che abbiamo avviato una collaborazione con uno dei premi letterari più importanti in Europa, il Premio Formentor, nato nel 1961 in Spagna per iniziativa di tre grandi editori, tra i quali Einaudi, che quest’anno ha annunciato il nome del vincitore dell’edizione 2019, proprio a Roma, in Campidoglio, il 6 maggio. Ha vinto la scrittrice francese Annie Ernaux -pubblicata, tra l’altro, da una casa editrice romana, l’Orma- che abbiamo già invitato a Massenzio per il 2020. Inoltre due dei vincitori delle passate edizioni, verranno a Massenzio.
E Roma, con le sue bellezze, il suo patrimonio artistico e architettonico, cosa aggiunge al Festival delle Letterature che probabilmente non sarebbe la stessa cosa se collocato in un’altra città?
Noi abbiamo cercato di avvicinare il più possibile il meglio di questo appuntamento culturale, alle caratteristiche assolutamente uniche della città. Roma rappresenta tre millenni di storia, e questo già rappresenta un panorama che non ha eguali al mondo, ha una estensione geografica di 1.200 Kmq, pari a dieci volte Parigi, ha una densità abitativa molto bassa, è una città dispersa fuori dal centro. E’ molto difficile offrire servizi culturali nei piccoli borghi che formano l’area metropolitana. I canoni anglosassoni, che rappresentano la tradizione più prestigiosa delle biblioteche civiche, prevedono, già da anni, che in ogni area metropolitana ci sia una biblioteca pubblica ogni miglio quadrato, per assicurare capillarmente a tutti l’offerta. A Roma ne servirebbero 800, ne abbiamo 39… ne mancano solo 761.
Sono 39 biblioteche che costituiscono uno dei circuiti più importanti d’Italia. Qual è la forza di questa rete, attuale e potenziale?
Attualmente noi realizziamo una media di seimila eventi culturali, ogni anno, nelle nostre 39 biblioteche, in 30 delle quali c’è una Sezione Ragazzi molto attiva, per cercare di dare occasioni ed esempi, le uniche due cose che consentono di avvicinare i più piccoli alla lettura, alla cultura, alla consapevolezza. Il compito delle biblioteche civiche è quello di consentire a tutti l’accesso al sapere, cercando di proporre fonti che si caratterizzino per la credibilità e la affidabilità, in un mare indistinto di informazioni da tutti rapidamente accessibili, grazie ad internet, ma non validamente verificate. Il problema oggi è selezionare fonti che siano state validate, senza censure né preclusioni, ma con legittima, doverosa attenzione all’offerta che proponiamo ai nostri utenti. Il progetto Nati per leggere, da venti anni prende in carico i bambini prima che nascano, parlando con le mamme, coinvolgendoli in età prescolare con libri tattili, di figure, senza parole, doppiamente importanti nella società interculturale in cui viviamo, con un percorso che ci dà grandi soddisfazioni.
Il domani dei classici è il tema del Festival 2019. Come si può raccontare?
Noi cerchiamo di individuare quali sono le caratteristiche che rendono un’opera un classico, selezionando nella produzione contemporanea, quelle opere che hanno le caratteristiche per diventarlo domani. Naturalmente il nostro occhio è attento e rivolto a quelle opere che hanno accompagnato la nostra formazione, i classici della nostra vita. Il rapporto con la classicità, in questa edizione, si manifesta anche con un evento molto importante, che è il ritorno della musica, dell’Orchestra di Santa Cecilia che dopo quaranta anni torna a suonare nella Basilica di Massenzio, con un concerto di musiche di Mozart, un compositore che ci sta accanto in tutto il corso della vita. Inoltre ci sarà anche una piccola rassegna cinematografica, di intesa con la Casa del Cinema, nell’arena intitolata a Ettore Scola, a Villa Borghese, che si articolerà in quattro serate per rendere omaggio a quella stagione degli anni Settanta, quando il cinema aiutò i Romani ad uscire da casa, vincendo la paura di quegli anni, tornando a vivere le serate dell’Estate Romana, per iniziativa di Renato Nicolini, a cui va reso omaggio.
Qual è il messaggio che lancia la circolarità tra lettura, musica e cinema promossa dal festival delle Letterature?
Tutte le nostre iniziative sono assolutamente gratuite e sono rivolte a tutta la città e a tutti quelli che abitano la città, è una grande opportunità culturale offerta a tutti, allo stesso modo. E’ il nostro dovere come Istituzione pubblica, è il nostro intimo sentire. Tutta la città è coinvolta, dal palco di Massenzio, che è uno dei palchi più belli del mondo, alla biblioteca più periferica.
Qual è la platea del Festival delle Letterature e quale aspira ad essere?
Il Festival cerca di avvicinare nuovi pubblici, proponendo iniziative innovative. Invitare grandi scrittori, italiani e internazionali, sul palco di Massenzio è facile, perché tutti sono attratti dalla bellezza del palcoscenico. Invitare e portare un grande scrittore come Hanif Kureishi a parlare a Corviale, è difficile ma siamo riusciti a farlo. E ne siamo orgogliosi. La Basilica di Massenzio ha 2.000 posti, di solito abbiamo in media 10.000/15.000 spettatori. La nostra ambizione è quella di moltiplicare questo numero, andando a cercare e interessare altre platee. Per portare l’eco della cultura davvero lontano.
L’interesse degli autori internazionali per il Festival registra un cambiamento, una evoluzione?
Non conosco uno scrittore di tutto il mondo a cui venga offerto di venire a parlare sul palco di Massenzio, a giugno, che abbia detto di no. E’un dato che registro con grande orgoglio. La città, la location e l’occasione costituisce un richiamo fortissimo.
Il Festival, aperto anche ad autori internazionali, è comunque un veicolo importante di promozione della lingua italiana, la quarta lingua più studiata all’estero?
Certamente. Gli incontri che promuoviamo tra scrittori italiani e scrittori stranieri è un incontro tra la cultura italiana e le culture di tutto il mondo. Siamo molto attenti alle traduzioni e in questa edizione, per la prima volta, ci sarà un riconoscimento al traduttore esordiente e uno al traduttore senior, in considerazione dell’attenzione che abbiamo per la nostra lingua che cerchiamo di difendere e promuovere.