Virginia Woolf, la scrittrice alla quale la letteratura inglese del Novecento deve molto, arriva per la prima volta in mostra in Italia e porta a Roma tutto il suo mondo, anzi, un intero quartiere che rende ovunque riconoscibile “Il Gruppo di Bloomsbury”. Virginia che nella sua casa ha ospitato intellettuali, artisti, pittori, scrittori proponendo un nuovo modello di accoglienza femminile che stravolgeva completamente i rigorosi e severi canoni patriarcali vittoriani, oggi è accolta a Palazzo Altemps, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, nel palazzo nobiliare nato per iniziativa di una donna e nei secoli teatro di scelte di vita libere di altre donne. Una sede espositiva che è in naturale dialogo con un mondo, quello femminile e un approccio, la libertà di pensiero, che rendono ancora più attrattiva la mostra Virginia Woolf e Bloomsbury.
Inventing life, insieme al corollario di iniziative culturali e conferenze organizzate per rendere più consapevole l’ingresso nel salotto di Bloomsbury. Il percorso espositivo, articolato in cinque sezioni, è un viaggio strutturato ed esemplificativo di uno stile di vita, di arte e di pensiero in cui entrare con alcune informazioni preliminari che predispongono alla visita. La storia di Virginia Woolf va conosciuta da quando era ancora Virginia Stephen e viveva a Londra con la famiglia, i genitori, una sorella e due fratelli, nell’esclusivo quartiere di Kensington. Nel 1904 il padre, scrittore e critico letterario di fama internazionale, muore lasciando soli i figli che avevano già perso la mamma. Vanessa, divenuta capofamiglia, decide di trasferire la famiglia composta ormai solo da orfani, nel quartiere di Bloomsbury, non elegante, non ricercato, piuttosto povero ma molto vivace. Non è solo un cambiamento di residenza ma di stile di vita. Le due sorelle rompono ogni schema, arredano la casa senza le ridondanze architettoniche con le quali erano cresciute, sostituiscono con la tempera i tradizionali velluti delle pareti, alleggeriscono gli ambienti e li ripartiscono con spirito assolutamente paritario. Ciascun fratello e sorella aveva una propria stanza, da personalizzare a seconda dei propri gusti e in cui fare ciò che desiderava.
Le due ragazze uscivano senza chaperon, ed esattamente come facevano i maschi, bevevano il tè ma anche il caffè e fumavano. Vanessa dipingeva e Virginia scriveva recensioni per i giornali, per guadagnare qualcosa ed essere indipendente.
“Ogni donna deve avere una stanza tutta per sé dove vivere come vuole e avere un po’ di denaro”
è il messaggio che dedicherà a ogni donna, di ogni epoca, nel romanzo Una stanza tutta per sé, che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione femminile. La casa nel nuovo quartiere, vicina a tutto ciò che interessava i quattro ragazzi Stephen come la British Library, il British Museum, la Slade School of Fine Art, si aprì rapidamente a giovani intellettuali, uomini e donne, che si incontravano per confrontarsi sulle idee e sviluppare un pensiero libero espresso indifferentemente dai maschi e dalle femmine nel corso di lunghe serate trascorse insieme. Nasce una complessa esperienza di amicizia intellettuale, nota come il Gruppo di Bloomsbury, che si riuniva ogni giovedì sera per parlare di letteratura, arte e politica, una comunità di cui facevano parte intellettuali e pensatori che hanno influenzato in maniera significativa l’Inghilterra nei decenni successivi. Nascono amori, si consumano tradimenti, si risponde a nuove sollecitazioni imprenditoriali come l’esigenza di dotarsi di una casa editrice, la Hogarth Press, senza la quale chissà quanti libri rivelatisi capolavori, non sarebbero stati mai pubblicati. Si parla di bellezza, più esattamente di un diffuso diritto alla bellezza ed è per questo che nascono gli Omega Workshops, una bottega dove gli artisti del Gruppo Bloomsbury creano oggetti di uso quotidiano, piatti, vasellame e arredamento, per portare la bellezza nella vita di ogni giorno. Virginia, diventata intanto Woolf per il matrimonio con Leonard Woolf, è l’anima del Bloombsbury’s Group, la penna instancabile che racconta il mondo del Novecento evidenziandone ingiustizie e contraddizioni, la donna animata dall’ ardore del conoscere e del fare, una straordinaria figura che amava Roma e che a Roma torna, con il mondo colto, eclettico e anticonformista che ha saputo costruirsi intorno. Fondazione Osservatorio Roma e Icn Radio incontrano Stephan Verger, direttore del Museo Nazionale Romano e Nadia Fusini, studiosa di Virginia Woolf e curatrice della mostra.
Stephan Verger
Direttore, Virginia Woolf arriva a Roma
E arriva con tutto il Gruppo di Bloomsbury che prende il nome dal quartiere di Londra dove si riuniva il circolo culturale e intellettuale che si era formato intorno a Virginia Woolf. La mostra racconta la ricchezza di un ambiente culturale vario, formato da artisti, scrittori, intellettuali ma anche economisti come Keynes che faceva parte di questo gruppo particolare.
Palazzo Altemps è il luogo di approdo ideale per una mostra che parla di emancipazione femminile?
Palazzo Altemps è particolarmente adatto a ospitare questo tema perché il palazzo stesso è stato sempre un centro intellettuale e di cultura, c’era la grande biblioteca Altempsiana, che ora è conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana, ma ci sono ancora tracce di essa, come l’affresco che indica la presenza di una sezione ebraica della biblioteca. Nell’Ottocento la moglie del duca di Gallese aveva un circolo culturale importante, Gabriele D’Annunzio si è sposato nella chiesa della Clemenza e di Sant’Aniceto custodita all’interno di Palazzo Altemps e con questo luogo è sempre rimasto in contatto. A Palazzo Altemps si è sempre avvertita la presenza forte di donne di cultura, da Caterina Sforza con la quale il Palazzo nasce nel Quattrocento, a Cornelia Orsini Altemps, duchessa di Gallese che alla fine del Cinquecento aveva contatti con i grandi scrittori dell’epoca, a Lucrezia Altemps che vedova, sposò in seconde nozze l’ussaro francese Jules Hardouin, a Natalia Lezzani, seconda moglie dell’ussaro che animò i circoli culturali e mondani nella Roma dell’Unità d’Italia, a Maria Hardouin, loro figlia che sposò proprio a Palazzo Altemps Gabriele D’Annunzio. Sono molteplici le ragioni per le quali possiamo dire che Virginia Woolf è a casa a Palazzo Altemps, un luogo dal fascino particolare che per alcuni mesi le sarà dedicato.
La mostra è stata allestita con opere provenienti dalla National Portrait Gallery di Londra
Abbiamo realizzato con Electa un accordo con la National Portrait Gallery di Londra che ha fatto un grande prestito di ritratti di tutti i personaggi, noti e meno noti ma molto interessanti che facevano parte del gruppo di Bloomsbury. Questo percorso di ritratti è molto interessante perché ci sono stili diversi degli Anni ’20 e ’30 e la mostra documenta una diversità stilistica di ritratti nel contesto molto preciso e definito del circolo che si era creato intorno a Virginia Woolf.
Il percorso espositivo si sviluppa nelle sale al primo piano di Palazzo Altemps
Sono le sale dedicate alle mostre temporanee che affacciano su Via dei Gigli d’Oro, interessanti perché sono nell’ultima zona acquistata dallo Stato italiano dove sono in procinto di cominciare lavori di restauro per inserire il bellissimo cortile interno del palazzo, il Cortile del Gioiello, coperto con un lucernario all’inizio del XX secolo, nel percorso museale di Papazzo Altemps. La mostra si trova sopra il cortile del Gioiello, proiettata sull’attualità delle attività a Palazzo Altemps del Museo Nazionale Romano.
Nadia Fusini
Virginia Woolf scrive per il lettore comune, la mostra che la racconta a Roma a chi parla?
Parla al lettore comune che non vuol dire ordinario ma attento, nel senso che uno per uno, tutti noi siamo chiamati a fare uno sforzo di intelligenza per accogliere quello che Virginia Woolf ci dà. Per la Woolf vedere un quadro e leggere un libro significa anche mettersi un po’ alla prova con la propria testa e con il proprio cuore, per entrare in quel mondo che ci viene offerto.
Virginia Woolf e Roma che rapporto è stato?
Amava molto questa città dove è stata più volte, l’ultima nel 1935. Amava la luce, i monumenti, la gente e la lingua, tanti che in un passo del Diario racconta di aver scambiato delle parole in italiano con alcune persone in strada a Roma. Nell’immaginario di questi giovani inglesi del gruppo di Bloomsbury, Roma è la bellezza.
Il percorso espositivo come è stato concepito?
Lo abbiamo pensato nel suo svilupparsi in stanze, con un concetto ripreso da A Room of One’s Own, il romanzo fondamentale della Woolf, una stanza tutta per sé che poi diventa la stanza dove tutti si incontrano, nella parte centrale del percorso espositivo, poi la stanza dove si messe la pressa e si fa una casa editrice, poi il luogo, lo spazio in cui diventa un atelier dove si producono oggetti con una attività di creazione artistica.
In quante sezioni si articola?
Le sezioni sono cinque, Una stanza tutta per sé, Society is the happiness of life dove stare insieme vuol dire felicità, Hogarth Press racconta la storia della nascita nel 1915 della casa editrice, Roger Fry e il post impressionismo con lo storico e pittore che ha fatto scoprire al suo paese la grande pittura francese e Omega Workshops, dove sono gli oggetti realizzati dagli artisti che amavano fare e creare oggetti in modo anonimo, per l’uso comune.
Virginia Woolf approda in un luogo costruito da donne libere?
Virginia e la sorella Vanessa Woolf erano donne di carattere e donne libere. Palazzo Altemps, costruito anche grazie al contributo di donne libere che hanno fatto nella loro vita scelte libere, è il luogo giusto per accoglierle.
Inventing life è il titolo della mostra. Perché?
Perchè quando le due sorelle e i due fratelli rimasti orfani decidono d trasferirsi nel quartiere di Bloomsbury, vicini alle scuole che volevano frequentare, alla British National Library, alle cose che volevano fare, fanno una scelta sostanziale, sono creature che usando la parola e l’immagine, vogliono inventarsi una vita nuova e possibilmente cambiare il mondo.
Le letture e attività culturali collaterali che accompagnano la mostra, aiuteranno a conoscere meglio l’esperienza intellettuale del gruppo Bloomsbury?
Nella mostra si vedono gli oggetti, i libri, le loro facce, è un incontro con questo gruppo di persone che erano interessate a entrare in contatto con chi ha voglia di pensare e di avere gli occhi aperti e questo oggi può aiutare ciascuno ad attivare una conoscenza più profonda, che serve a tutti, soprattutto ai giovani, per una nuova lettura del contemporaneo.